“Troppi ritardi, si rischia che l’opportunità di crescita si trasformi in un colossale insuccesso” -si sfoga Carmelo Pace, deputato regionale del collegio di Agrigento e capogruppo della DC di Totò Cuffaro all’ARS.
Si riferisce ad Agrigento capitale italiana della cultura 2025, un evento di rilevanza basilare per lo sviluppo della terra agrigentina. Perché capitale italiana della cultura non è solo Agrigento, ma lo è tutto il territorio della provincia e-se vogliamo- dell’intera nostra isola.
“Esprimo amarezza e preoccupazione per quanto si sta verificando ad Agrigento riguardo all’organizzazione di ‘Capitale della cultura 2025’-prosegue il deputato DC, aggiungendo come sia “inammissibile che, dopo più di 4 mesi dalla proclamazione, non sia stato ancora fatto niente di significativo e di utile per la costituzione degli organismi previsti nel dossier di candidatura e che dovranno gestire l’oneroso impegno del 2025”.
“Corriamo il serio che questa opportunità di crescita si trasformi in un colossale insuccesso” -ribadisce.
Quindi, rincara la dose: “Fino ad oggi abbiamo ascoltato, da parte delle autorità competenti, solo telegrafici annunci e generiche promesse. Inoltre, si rimane perplessi leggendo il testo dello Statuto della Fondazione che dovrà gestire “Agrigento 2025”, come recentemente adottato dalla giunta comunale di Agrigento”.
Lo schema di statuto, così come approvato dalla giunta, presieduta da Francesco Miccichè, non piace proprio a Carmelo Pace: specialmente sul versante della limpidezza e della comprensione. Tant’è che si spinge ad affermare che “occorre maggiore chiarezza e trasparenza che sono sinonimi di legalità”. E poi stigmatizza: “C’è da chiedersi perché è stato deciso di inserire come socio fondatore una associazione privata di recente costituzione, ignorando enti pubblici di rilevanza nazionale che avrebbero pieno titolo per ricoprire questo importante ruolo e perché non si tenga conto del fondamentale e insostituibile ruolo che dovrebbe essere riconosciuto ai sindaci dei Comuni della provincia molti dei quali avevano già aderito con delibera di giunta alla candidatura di Agrigento“.
Ecco, in effetti, stupisce che tra i soci fondatori ci siano solo ed esclusivamente i Comuni di Agrigento e di Lampedusa e Linosa, nonostante molti altri si fossero detti disponibili a partecipare direttamente, attivamente e costruttivamente. Molti comuni (per dirne alcuni: Sciacca, Cammarata, Naro, Grotte, Comitini, ma ve ne sono altri ancora) avevano infatti deliberato a suo tempo l’adesione al progetto di candidatura di Agrigento a Capitale italiana della cultura 2025, ma se dovesse essere approvato dal Consiglio Comunale di Agrigento e da quello di Lampedusa e Linosa il testo varato dalla giunta della città-capoluogo questi comuni potrebbe soltanto fare i soci meramente partecipanti o sostenitori.
“Spero che si voglia davvero traguardare obiettivi ambiziosi anziché soffermarsi ai soliti interessi di bottega e di parte “- continua il deputato regionale democristiano. Il quale poi apre uno spiraglio di ottimismo: “Mi auguro che gli organismi istituzionali che saranno chiamati ad approvare il suddetto Statuto possano apportare modifiche e creare, così, le condizioni per poter affrontare, anche se con notevole ritardo, una sfida di dimensioni europee”.
Ma, dulcis in fundo, Carmelo Pace lancia un appello ad essere uniti, compatti, rapidi, efficaci e tendenti al miglior obiettivo possibile per la terra di Agrigento, di tutti gli altri Comuni del libero consorzio agrigentino e dell’intera Sicilia:”Dobbiamo tutti insieme lavorare a questa grande opportunità che rilancerà non solo il territorio di Agrigento ma di tutta la Sicilia”.
Ecco, un buon auspicio che, seguendo ad un’attenta riflessione sulle lentezze e sulle criticità, può risultare più sincero e salutare.
In altri termini, ben vengano le critiche sul percorso di promozione del progetto Agrigento capitale italiana della cultura 2025, purché spronino al ben agire e a coinvolgere più stakeholder possibili. Perché -com’è noto- per far funzionare le cose occorrono tanti stakeholder e non pochi shareholder.