Un discorso appassionato e davvero coinvolgente quello che ha fatto il nuovo procuratore della Repubblica di Agrigento, Giovanni Di Leo, all’atto del suo insediamento, dopo lo scambio di consegne col il procuratore aggiunto Salvatore Vella che ha sinora diretto la procura.
Presenti alla cerimonia di insediamento il presidente del tribunale di Agrigento Pietro Maria Falcone, il procuratore generale Lia Sava e il procuratore di Palermo Maurizio De Lucia.
Hanno presenziato pure il questore Emanuele Ricifari, il comandante provinciale dei carabinieri Vittorio Stingo e quello della guardia di finanza Edoardo Moro.
Ha presenziato inoltre il sindaco di Agrigento Francesco Miccichè, il quale poi dai social ha augurato buon lavoro al nuovo Procuratore della Repubblica Giovanni Di Leo, ringraziando nel contempo Salvatore Vella, che ha retto per 18 mesi l’ufficio, cioè a partire dal momento in cui il procuratore Luigi Patronaggio è stato trasferito alla procura di Cagliari.
Ecco alcuni brani del discorso del neo-procuratore capo Giovanni Di Leo, così come riportati dall’ANSA:
sui colleghi conosciuti durante la sua precedente esperienza ad Agrigento e su Rosario Livatino:
“Ho avuto dei maestri in questa città e dei compagni di viaggio con i quali sono sempre rimasti fermi i rapporti di amicizia, di stima e da parte mia di profonda gratitudine per ciò che da loro ho imparato. Ho il rammarico che, tra questi colleghi, non vi sia stato Rosario Livatino. Non mi è stato dato di imparare da lui, se non da morto. E ho imparato dai suoi provvedimenti e dai racconti che mi sono stati fatti. Livatino l’ho conosciuto per un periodo troppo breve, mai sopra le righe, mai scostante o scortese, ma sempre aperto e con il sorriso nel suo ruolo di giudice che cercava giustizia con la ‘G’ maiuscola anche nelle piccole cose”.
sulle funzioni del magistrato:
“ Esercitare le funzioni di magistrato non significa godere di un ‘potere’, ma esercitare un potere per servire un fine più alto: servire la legge, servire la società civile che si rivolge al potere giudiziario alla ricerca di giustizia, servire quell’ordine giudiziario di cui il pubblico ministero è, dal punto di vista ordinamentale, una parte non solo necessaria, ma anche fondamentale se non altro in quanto è l’unico titolare dell’azione penale su un territorio. Essere procuratore della Repubblica significa chiedersi perché certe cose non funzionano o funzionano male, significa attivarsi per verificare se ci sono pietre negli ingranaggi”.
sull’esperienza vissuta da magistrato e, ancora, su Rosario Livatino:
“Nell’esperienza di magistrato si ha a che fare con uomini e donne, con la loro dignità, le loro caratteristiche, i loro difetti e i loro pregi, con i loro errori, vizi, debolezze, con i loro risultati, sacrifici, aspettative e motivazioni. L’unico metodo valido per perseguire la giustizia nel rispetto della legge è cercare di capire chi abbiamo di fronte e per farlo occorre sempre rispetto, umiltà e apertura mentale e culturale. Ci vuole quel sorriso che aveva Rosario Livatino e al contempo la sua limpida ed onesta rigidità morale”.