Può darsi che i Greci avessero dedicato alla dea Atena (la latina Minerva) il tempio D della Valle di Akragas anziché a Giunone come oggi si ritiene.
E’ un’ipotesi che va prendendo consistenza (ma ancora deve essere fatto un lungo ulteriore commino di studi e reperti archeologici) a fronte dei nuovi ritrovamenti archeologici con i quali si sta ricostruendo in modo talvolta nuovo la storia della megalopoli ellenica che una volta era la città di Agrigento.
In una dichiarazione rilasciata al quotidiano Repubblica lo stesso direttore del Parco Archeologico della Valle dei Templi, Roberto Sciarratta, a fronte della serie di nuovi ritrovamenti, giunge ad ipotizzare: “Ciò potrebbe dire che il tempio era dedicato alla dea della saggezza e non a Giunone come si ritiene fino ad oggi”.
Ma di quali ritrovamenti si tratta?
Quelli rinvenuti grazie agli scavi dell’ultima campagna, condotti dalla Scuola Normale di Pisa, nell’area archeologica del parco della valle intorno al tempio D. Infatti, nei pressi dell’altare sono stati rinvenuti materiali ceramici e statuette fittili, tra cui il braccio, piegato e sollevato, della statuetta di terracotta di Atena Promachos (ossia la Minerva Combattente), che si aggiunge e quasi sicuramente si riferisce alla testina fittile di Atena con l’elmo e al braccio con lo scudo scoperti in occasione della precedente campagna 2022.
Di certo, c’è che -grazie a queste campagne di scavi- riemergono caratteristiche peculiari e interessanti di una polis grande e potente, costruita ed abbellita da ingegnosi architetti dell’antichità che hanno progetto e realizzato quanto sta venendo alla luce: dalla cuba bizantina alla fontana monumentale di un santuario greco, dai resti del maestoso teatro ellenistico ad altre magnifiche scoperte che probabilmente ci riserva il futuro.
Intanto c’è questa nuova ipotesi in campo: che il tempio D, costruito nel secolo V a.C. e poi incendiato e semi-distrutto dai cartaginesi nel 406, non fosse dedicato alla dea greca Hera Lacinia (e poi quindi alla romana Giunone), cioè alla sposa di Giove, la quale -insieme allo stesso Giove e a Minerva– rappresentava la triade capitolina, al centro del massimo culto, anche di rango politico, dell’antica Roma; ma fosse dedicato ad Atena Promachos, cioè a Minerva, dea costituente pure la triade capitolina, ma simbolo della saggezza, dell’eroismo e della lealtà, della guerra per giusta causa o per legittima difesa.