Ora che sembrano essere più o meno chiari i contorni del duplice femminicidio avvenuto a Naro, nel cuore del quartiere della comunità rumena, risulta evidente lo spirito di collaborazione messo in atto dai rumeni nei confronti degli inquirenti, al fine di assicurare alla giustizia il responsabile dell’inaudita violenta brutalità.
Omar Edgar Nedelkov -attualmente rinchiuso nel carcere di Gela e difeso dall’avvocato Diego Giarratana – avrebbe ucciso e dato fuoco alla connazionale Maria Rus, 54 anni; poi, si sarebbe recato nell’abitazione vicina dell’altra connazionale, Delia Zarniscu, 58 anni, massacrandola sino alla morte.
Con il cellulare di una delle donne, chiama l’amico ventenne col quale era stato prima a cena a casa di Delia Zarniscu (la quale aveva bevuto spumante e super alcoolici con loro, ma aveva respinto le avances sessuali di Nedelkov), dicendogli che ha bisogno di aiuto e chiedendogli di tornare nella casa di Delia.
Si tratta di un rumeno ventenne, incensurato che lavora stabilmente a Naro, il quale sicuramente capisce che c’è qualcosa di poco buono in quella chiamata e si porta nell’abitazione di Delia, dove trova lei morta, in una pozza di sangue, e tutta la casa in disordine con i mobili e le suppellettili insanguinate e sparse sul pavimento, mentre Omar Edgar Nedelkov ha i vestiti ricoperti di sangue.
Resosi conto della situazione, impreca contro il connazionale e fa per chiamare i carabinieri, ma Nedelkovglielo impedisce, colpendolo violentemente in faccia. Ne nasce una colluttazione ed il ventenne riesce poi a divincolarsi e a fuggire via e finalmente a chiamare i carabinieri I due si picchiano, ma l’amico riesce a fuggire e chiama i carabinieri, mentre scappa a rifugiarsi a casa. Ma lungo la via si accorge del fumo intenso che esce dalle finestre di Maria Rus. Così chiama pure i vigili del fuoco.
Avviate le indagini, Nedelkov nega ogni addebito, ma la madre -seppur con immenso dolore nel cuore e le lacrime agli occhi- non può fare altro che consegnare agli inquirenti i vestiti del figlio sporchi di sangue.
L’amico ventenne racconta e conferma la sua versione dei fatti. Persino, l’ex fidanzata di Nedelkov (anche lei, sua connazionale) evita qualsivoglia reticenza e rivela di essere stata chiamata dall’assassino per fornirgli un falso alibi.
Altri componenti della comunità rumena hanno consegnato il contenuto di proprie videocamere di sicurezza e/o hanno riferito agli inquirenti tutto ciò che hanno vito o udito nel quartiere.
Davvero proficua e immediata la collaborazione della comunità rumena a Naro in questa vicenda che ben presto è arrivata ad una svolta grazie alle indagini coordinate dal procuratore aggiunto Salvatore Vella.
Una comunità di circa 500 persone, giunta a Naro a partire dalla fine degli anni novanta del secolo scorso, e residente in buona parte nel quartiere di sant’Erasmo, dove è avvenuto -in due diverse abitazioni- il duplice femminicidio.
I rumeni a Naro lavorano nei campi o nell’edilizia; molte donne fanno lavoro di badanti o di pulizie.
Provengono in maggioranza dalla stessa area geografica rumena, vivono principalmente secondo le loro tradizioni, parlano la loro lingue, anche se conoscono gli elementi essenziali del dialetto siciliano, e tendenzialmente si frequentano fra loro. Ma non sono mai stati organizzati in clan malavitosi e tendono a isolare chi si ubriaca frequentemente o chi è aduso a diventare violento.
Anche perché Naro è un comune pressoché tranquillo, dove non ci sono frequenti episodi di violenza né -stando alle notizie di cronaca- di criminalità organizzata, salvo qualche sporadico caso di furto (anche di auto) o di vandalismo.