Domani sera nel programmato Consiglio comunale straordinario e aperto si parlerà del disastro del centro storico di Favara.
In realtà se ne parla già da tempo, nel mese di dicembre è stato uno degli argomenti trattati dal Consiglio comunale, se ne sono occupati l’amministrazione e i consiglieri di maggioranza e di opposizione, l’argomento è stato ripreso, anche, dal clero locale e da alcune associazioni.
In tre mesi ai politici locali sembra sia, comunque, sfuggito un aspetto che potrebbe sembrare banale, ma non lo è per i favaresi.
Cosa sta sfuggendo nel dibattito politico locale… è presto detto. Sembrerebbe che nessuno si ricordi più perchè proprio adesso si parli del degrado del centro storico e non sei mesi o un anno fa.
Chi ha aperto il vaso di Pandora? Fosse stata la politica tutto tornerebbe. Se Palumbo, dal momento del suo insediamento e nei mesi a seguire, si fosse accorto del disastro sollevando la questione, come si sta facendo al momento, ne avrebbe il merito e tutto rientrerebbe nella dialettica politica. Ma non è stato così! I fatti raccontano cose diverse. Raccontano di un ufficiale dei Carabinieri che, a pochi giorni dal suo insediamento nel comando della Tenenza locale (Palumbo è sindaco da due anni), fa un sopralluogo nel territorio della città e scopre l’inferno di una parte del centro storico di Favara. Il capitano Mirto, nel mese di novembre scorso, apre il vaso di Pandora, non la politica. Questo aspetto sembra essere sfuggito totalmente nel dibattito, ma non ai favaresi che avendo gia pagato amaramente un elevato costo per essersi fidati dalla politica, non sono più disponibili a farlo.
Hanno,e io tra questi, fame di legalità. A fine degli anni ’60 e continuando negli anni ’70, ’80 e ’90, i favaresi hanno avuto la legittima necessità di costruire la loro prima abitazione. Erano andati a spaccarsi la schiena in Germania, Francia, Belgio, Inghilterra e nord Italia con un principale obiettivo: costruire la loro prima casa nella loro città che, a sua volta, non aveva adeguati strumenti urbanistici e con il territorio di Agrigento che lambiva il centro storico di Favara. La zona agricola di Agrigento arrivava lungo il viale Progresso, il viale Ambrosini, ad un centinaio di metri dalla piazza Capitano Vaccaro. Un sindaco dell’epoca dettò la regola: “Mura e futtitinni”. E i favaresi costruirono abusivamente. Al tempo si parlò di una sorta di tariffario per evitare i controlli: per ogni solaio “un’offerta” al controllore per non passare dal cantiere. Non ci sono documenti che possono attestare questi tristi accadimenti, c’è un fatto inconfutabile: il boom dell’abusivismo edilizio, uno dei più importanti a livello nazionale che, pertanto, non poteva passare inosservato a chi aveva il dovere di controllare.
Chi si spaccava la schiena all’estero per il suo diritto alla prima casa, ha dovuto pagare “l’offerta” ai controllori e le sanatorie per trovarsi oggi con un immobile di poco valore per l’eccessiva offerta di locali. A Favara oggi è possibile acquistare un appartamento con 20mila euro ed anche meno. In oltre 60 anni si è parlato di abusivismo e quasi mai delle cause che lo determinarono e che impoverino famiglie di lavoratori con il solo torto di costruire una prima abitazione.
Domani in Consiglio comunale, si parlerà di leggi speciali per Favara e sarà di conforto la presenza del Prefetto di Agrigento. Il Comune, con le sue sole risorse, non è nelle condizioni di risanare il centro storico ed è giusto provare la strada degli aiuti regionali. Potrebbe essere l’occasione per la politica locale di rapportarsi diversamente con la città, senza farsi vittima di chissà quali paventati accanimenti da parte di tutto il mondo arabo. E se si è perso tempo, lo si riconosca per il rispetto dei cittadini e per gli stessi politici. Non possiamo solo invocare leggi speciali e chiudere la faccenda senza minimamente analizzare le cause che hanno derminato l’attuale vergognoso stato del centro storico.