La scorsa settimana il TAR-Sicilia di Palermo ha emesso un’interessante sentenza in tema di ricorsi collettivi e ricorsi cumulativi.
La sentenza riguarda un giudizio promosso da alcune strutture private accreditate e convenzionate con il SSR per l’erogazione di prestazioni specialistiche ambulatoriali nelle seguenti branche: laboratorio di analisi cliniche, radiologia e fisiokinesiterapia.
Il giudizio è basato su un ricorso introduttivo poi integrato con diversi motivi aggiunti per ottenere l’annullamento di una serie di atti e provvedimenti dell’assessorato regionale alla salute e delle ASP siciliane.
Tra questi atti e provvedimenti ci sono:
1)-il decreto assessoriale sugli aggregati di spesa per l’assistenza specialistica da privato – biennio 2018/2019;
2)-il contratto per l’annualità 2018 di attribuzione del budget predisposto unilateralmente dall’Assessorato, secondo lo schema del contratto– tipo di cui al D.A. n. 2087/2018 del 9 novembre 2018, con cui le ASP hanno attribuito alle strutture un budget eguale a quello dell’anno precedente;
3)-le note con cui le ASP hanno comunicato alle strutture convenzionate esterne che, in applicazione al DA n. 2087/2018, l’assegnazione del budget 2019 viene calcolata con la decurtazione nella misura del 5% rispetto a quello del 2018…
Le censure mosse dalle strutture accreditate e convenzionate nel ricorso e nei motivi aggiunti erano molteplici, tra cui la violazione delle norme di legge che prevedono il confronto con le associazioni di categoria maggiormente rappresentative; la violazione dei principi di parità di trattamento tra soggetti accreditati e convenzionati con il ssr; la violazione del principio di libertà di iniziativa economica; etc…
In questo giudizio, alcune ASP non si sono costituite, mentre l’ASP di Agrigento ha incaricato l’avvocato Maria Lo Giudice, con studio in Canicattì, la quale ha eccepito l’inammissibilità del ricorso per carenza di interesse e il rigetto dello stesso e dei motivi aggiunti perché infondati in fatto e in diritto.
Il TAR Sicilia -aderendo alla tesi dell’avvocato Maria Lo Giudice– ha così dichiarato in parte improcedibili e in parte inammissibili il ricorso e i successivi motivi aggiunti, dal momento che è sopravvenuta la carenza di interesse, avendo già statuito sia il TAR (con sentenza n. 2967/2020) sia il CGA (con sentenza n. 994/21) l’illegittimità del D.A. n. 2087/2018.
“Gli atti impugnati sono già stati, quindi, caducati con effetti ex nunc” -ha odiernamente sentenziato il TAR- “e il giudicato formatosi sull’impugnazione di atti generali di programmazione spiega efficacia erga omnes”.
Di conseguenza -ragiona ancora il TAR- “nessun vantaggio potrebbe derivare a parte ricorrente dalla decisione del ricorso”.
Ma il giudice amministrativo si è espresso anche sulla proposizione del ricorso collettivo e di quello cumulativo.
In ordine al ricorso collettivo, il TAR ha ritenuto non sussistessero i presupposti di esso e quindi ne ha statuito l’inammissibilità.
Infatti, riprendendo alcune massime del Consiglio di Stato- il TAR dice che il ricorso collettivo non veicola “un controllo oggettivo della legittimità dell’azione amministrativa, scisso da una concreta lesione arrecata agli specifici interessi di un determinato consociato” e pertanto “è ammissibile nel solo caso in cui sussistono, congiuntamente, i requisiti dell’identità di situazioni sostanziali e processuali (ossia che le domande siano identiche nell’oggetto, che gli atti impugnati abbiano lo stesso contenuto e vengano censurati per gli stessi motivi) e dell’assenza di un conflitto di interessi tra le parti”.
Con riferimento all’assenza anche dei presupposti del ricorso cumulativo, il TAR ha richiamato il più recente orientamento del Consiglio di Stato, secondo il quale “il ricorso cumulativo è ammissibile, in via eccezionale, quando via sia connessione oggettiva, procedimentale o sostanziale”, dovendo il ricorso essere diretto “contro un unico provvedimento, a meno che tra gli atti esista una connessione procedimentale o funzionale tale da giustificare un unico processo”.
“Alla luce dell’intervenuta integrazione dell’originario ricorso con plurimi motivi aggiunti promossi non sempre da tutti gli originari ricorrenti e non sempre per l’impugnazione di provvedimenti ascrivibili alla paternità delle medesime Amministrazioni”, il TAR ha ritenuto che il ricorso e i successivi motivi aggiunti che lo hanno integrato devono essere ritenuti, pure, inammissibili per difetto dei presupposti del ricorso collettivo e del ricorso cumulativo.