Per i giudici: «La pandemia favorì lo stato di agitazione dell’assassino»
I giudici della Corte d’assise d’appello di Messina, che avevano confermato anche il risarcimento per le parti civili, avrebbero dovuto – per i giudici ermellini- verificare meglio se “la specificità del contesto possa, e in quale misura, ascriversi all’imputato” per “non avere efficacemente tentato di contrastare” lo stato di angoscia del quale era preda” o se “la fonte del disagio, evidentemente rappresentata dal sopraggiungere dell’emergenza pandemica”.
Quaranta, studentessa di Medicina e prossima alla laurea, fu uccisa da De Pace il 31 marzo del 2020, nell’appartamento di Furci Siculo, in provincia di Messina dove entrambi convivevano da quasi un anno.
Il verdetto della Cassazione
Per i giudici ermellini, che hanno disposto un nuovo processo da celebrare davanti altra sezione della Corte di Assise di Appello di Messina, bisogna valutare se lo stress dell’imputato dovuto al dilagare della pandemia possa essere o meno una attenuante da riconoscergli. Ed è proprio a questa circostanza che è legato il destino dell’infermiere calabrese poiché, in caso di accoglimento di questa tesi, eviterebbe il carcere a vita.
Il commento dell’avvocato Giuseppe Barba
Sulla decisione di annullare l’ergastolo da parte della Cassazione, è intervenuto l’avvocato Giuseppe Barba che rappresenta i familiari di Lorena “Motivazione fantasiosa che si discosta dal contenuto di entrambe le sentenze di merito che hanno motivato abbondantemente circa là insussistenza dei presupposti per poter ritenere il de pace meritevole di concessione delle circostanze attenuanti generiche. È inspiegabile ancorare tale decisione sulla circostanza che lo stesso abbia agito in un momento di forte disagio emotivo legato al coronavirus. Insisteremo con tutte le nostre forze per fare confermare la sentenza con la pena dell’ergastolo”.