L’illusione di uscire dal commissariamento
E’ tutto pronto per il rinnovo degli organi delle ex province siciliane: si voterà domenica 15 dicembre. Lo hanno riportato, ormai, tutti gli organi di stampa. E se ne è parlato in tutti gli ambienti politici. Sono persino partite le trattative per le candidature.
Tutti a dire che, dopo 11 anni consecutivi di commissariamento (il primo commissario dell’ex provincia regionale è stato nominato il 18 giugno 2013 e da allora si è sempre proceduto a proroghe e/o nuove nomine senza mai tornare al voto), si cambia registro.
Tutti a precisare che, nella tornata elettorale già fissata, non sarà il corpo elettorale a recarsi alle urne, ma saranno i sindaci e i consiglieri comunali del comprensorio territoriale interessato.
Tutti a precisare ulteriormente e più dettagliatamente che, per le sei province (Agrigento, Caltanissetta, Enna, Ragusa, Siracusa e Trapani) si eleggeranno i presidenti (uno dei sindaci dei Comuni facenti parte della provincia) e i consiglieri dei Liberi Consorzi; mentre, per le tre Città metropolitane (Palermo, Catania e Messina), si eleggeranno soltanto i consiglieri metropolitani, mentre la presidenza spetterà di diritto al sindaco della Città metropolitana.
Non si voterà il 15 dicembre
Ci avevamo creduto anche noi e, con largo anticipo rispetto alle altre testate giornalistiche, avevamo annunciato le elezioni provinciali con un servizio del 4 ottobre scorso (cliccare qui per leggerlo).
Invece, non se ne farà nulla.
Suonava strano, d’altronde, che non fosse stata ancora pubblicata la delibera giuntale del governo regionale di fissazione della data di votazione né il decreto di indizione delle elezioni.
Adesso è finalmente trapelato che la maggioranza all’ARS si è accordata (pare col principale partito d’opposizione consenziente) per presentare un disegno di legge da approvare in corsia preferenziale per tornare all’elezione diretta del presidente della provincia e dei consiglieri provinciali.
In questo modo, una norma transitoria bloccherebbe l’elezione di secondo grado e confermerebbe i commissari straordinari nominati sino alla data dell’elezione diretta che dovrebbe essere fissata al 15 giugno 2025.
Ci vuole faccia tosta
Ci vuole faccia tosta a riproporre l’elezione diretta per le province siciliane, dopo che (col contributo di parte della maggioranza) l’ARS l’aveva bocciato il 7 febbraio ultimo scorso.
Ma ci vuole faccia ancor più tosta se si tiene in considerazione che analoga legge era già stata varata durante il governo di Nello Musumeci (la legge regionale n. 17 del 11 08 2017, recante “Disposizioni in materia di elezione diretta del Presidente del libero Consorzio comunale e del Consiglio del libero Consorzio comunale nonché del Sindaco metropolitano e del Consiglio metropolitano”, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Regione Siciliana del primo settembre 2017__cliccare qui per leggerla).
Allora -come è noto- questa legge sull’elezione diretta degli organi delle province è stata dichiarata incostituzionale con sentenza della Consulta in data 4 luglio 2018 (basta cliccare qui per scaricarla e leggerla). E da allora nulla è cambiato, poiché la cosiddetta legge Del Rio era vigente allora ed è vigente oggi. La Costituzione della Repubblica Italiana quella era allora e quella è ora.
I legittimi interrogativi
Perché dunque la Corte Costituzionale non dovrebbe, ancora una volta, dichiarare illegittima un’ennesima legge regionale di re-introduzione dell’elezione diretta nelle province?
Nel resto d’Italia (grazie alla Del Rio) ci sono elezioni di secondo grado per eleggere gli organi delle province. Perché solo in Sicilia ci dovrebbe essere l’elezione diretta?