Valentina Piscopo
8 marzo 1908- 8 marzo 2014. Sono trascorsi ben 106 anni da quel tragico giorno quando le operaie dell’industria tessile Cotton di New York, scioperarono per protestare contro le terribili condizioni in cui erano costrette a lavorare. Lo sciopero si protrasse per alcuni giorni, ma l’8 marzo il proprietario Mr. Johnson, bloccò tutte le porte della fabbrica per impedire alle operaie di uscire.
Scoppiò un incendio e le 129 operaie prigioniere all’interno morirono arse dalle fiamme. In ricordo di questa indelebile ferita umana, Rosa Luxemburg propose la data dell’8 marzo come una giornata di lotta internazionale, a favore delle donne. Con il passare del tempo, molte di noi hanno messo da parte il senso vero e profondo della “Giornata internazionale della Donna”, preferendo quello più goliardico e, diciamocelo sinceramente, anche più trasgressivo della “Festa della donna”. Numerose le manifestazioni ed i convegni organizzati per celebrare la donna, vista nelle sue mille sfaccettature .
Tanto inchiostro sarà versato sulle pagini pallide dei giornali, siano essi cartacei o virtuali. Cosi come tante feste a festini saranno organizzati nei locali, trasformando un giorno di riflessione sulla condizione della donna, in una serata da passare lontani dagli “uomini”, siano essi fidanzati, mariti, padri o fratelli. Ma è veramente questo ciò che desideriamo? Avere solo un giorno su 365, nel quale un ramoscello di mimosa e qualche parola sdolcinata, ci rende rispettate, amata, desiderate? Io non credo proprio. Essere donna non è mai stato facile. Da sempre croce e delizia degli uomini, siamo stateamate, odiate, invidiate o idolatrate. Siamo state decantante dai poeti, muse ispiratrici dei pittori, protagoniste delle pagine più belle della musica internazionale. Perché la donna è un essere complesso, racchiude in sé il bene e il male, la luce e le tenebre , il cuore e ragione.
Ma tutto ciò non significa che la donna è fragile. Anzi, è tutto il contrario. Le donne sono guerriere su tacchi a spillo, che per quanto siano state braccate, spezzate o umiliate, si rialzano in piedi, pronte per nuove sfide, perché nessun uomo può annientarne lo spirito. Vogliamo il nostro posto nel mondo, ma per ottenerlo è necessario che la società parli anche al femminile. Siamo nel pieno del 2014 e vogliamo una società che non pensi alla donna come un corpo da guardare, ma che veda un cervello da valorizzare; vogliamo una società che condanni pesantemente lo stupratore, tutelando i nostri diritti. Basta alla discriminazione tra i sessi, perché con gli uomini parliamo la stessa lingua, vogliamo le stesse cose, siamo in grado di ricoprire gli stessi ruoli. Chi meglio delle donne sa quali battaglie bisogna combattere per ottenere piccoli o grandi risultati? Abbiamo le ali ai piedi, corriamo assettate di libertà. Perché proprio il termine “libertà” accomuna le donne tra loro: libertà di manifestare, di lavorare, di dire quello che pensiamo, di stare con chi vogliamo. Vogliamo giocare la stessa partita della vita con gli uomini, avendo in mano le stesse carte e le stesse regole. Siamo Donne, ed oggi più che mai, siamo orgogliose di esserlo.
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