di Diego Acquisto
Ed il riferimento è al volume “Filippo Iacolino, cittadino di Favara e VIII vescovo di Trapani”, presentato dal prof. Bellingreri lo scorso 14 nov. alla presenza del vescovo Mons. Pietro Maria Fragnelli. Il quale ultimo, definendo “libro vetrina” questo di Crociata e precisando che “ la storia di questo suo amato predecessore domanda approfondimenti”, chiede che la ricorrenza del 170° di costituzione della diocesi, solleciti gli studiosi ad un più complessivo lavoro serio di ricerca per “ridefinire il volto e l’identità” della Chiesa trapanese.
Una Chiesa, questa trapanese, che Fragnelli da poco è stato chiamato a servire, dopo i burrascosi, recentissimi eventi, che ancora non si sono del tutto risolti.
Intanto il libro di Michele Antonino Crociata. Che descrivendo uno spaccato di trenta mesi, dal gennaio 1948 al luglio 1950, – periodo del servizio episcopale del favarese mons. Iacolino, – oltre alle virtù ed ai limiti dell’uomo e del vescovo, con rigore altrettanto storico, presenta la situazione della diocesi, come descritta da Iacolino, aggiungendo però qualche sua personale significativa annotazione.
Così nel ricordo del vescovo Iacolino, si esamina la storia travagliata della diocesi di ieri, confrontata in qualche modo con quella di oggi.
Nel libro si parla di “un’analisi sincera, anche se poco gratificante”…un’analisi cruda e apparentemente cupa della realtà di Trapani, molto realistica, ma forse anche un po’ pessimistica… Una “realtà – quella di Trapani, scrive Crociata – molto diversa da quella di Agrigento….una realtà tra le più dure che un pastore di anime potesse allora affrontare, con segni evidenti di aridità e di abbandono….religiosamente apatica….massoneria ben radicata…… Il protestantesimo aveva già molti proseliti ed il comunismo vi trovava un terreno propizio”. E come se non bastasse….. “gioventù frivola snervata…assetata di piaceri sensuali, avvelenata da letture pericolose….facile esca al malcostume…restia alla virile educazione della Chiesa”……. Mons. Iacolino testualmente scriveva “il vizio dilaga dappertutto ed i libertini anziché arrossire della colpa, con sfrontatezza se ne vantano”.
A Trapani, avrebbe detto un giorno il vescovo Francesco Ricceri “O si viene per patire o non si viene affatto; metti conto che Trapani possa anche ucciderti”. “E lui (coé Ricceri), – annota Crociata, – era un tipo certamente molto più duttile del predecessore Iacolino”.
La piccola diocesi di Trapani, formata allora quasi esclusivamente dalla città, comprendeva tante “zone rurali praticamente lasciate in abbandono per la scarsità del clero” ed i sacerdoti, poi da mons. Iacolino incaricati a vario titolo di curare più parrocchie, oltre alle tante difficoltà, erano “sprovvisti spesso persino di un mulo da trasporto”. Il poco clero inoltre era “in gran parte riottoso e grintoso” ed anche per questo, oltre che per i limiti del Vescovo, i trenta mesi sono stati segnati da una “malaugurata mancanza di dialogo” e conseguenti “scontri ed amarezze”.
I limiti caratteriali che si portava dietro da Agrigento, dove, prima di essere nominato vescovo, Iacolino era stato rettore del Seminario, sono chiaramente indicati e documentati. “Accentratore…diffidente anche nelle minuzie…introverso…prevenuto sulla disciplina, cultura e spiritualità del clero trapanese…rigido, quasi scostante e quasi mai sorridente…..ricorreva poco o nulla alla dolcezza…tendeva più a mortificare che a stimolare la capacità dei seminaristi più dotati, mentre si avvaleva volentieri dello spirito di sottomissione e magari di servilismo… ….come rettore ad Agrigento non era molto disposto a rinunciare ad un suo punto di vista, che egli di regola riteneva dogmatico…quei suoi occhi e quella sua rigidità erano l’incubo dei seminaristi…mancava di disinvoltura e di signorilità in senso psico-fisico….Era chiuso e riservato a volte perfino nelle piccole cose….. Difficilmente guardava in faccia al suo interlocutore e con le donne, poi, appariva visibilmente impacciato, arrossendo facilmente”.
Ed a proposito di “scatti d‘ira, sia con i familiari che con i seminaristi e con i sacerdoti…quando alzava la voce si aveva l’impressione di una raffica di vento gelato che agghiacciava tutto. Amabile era, invece, con i laici…cosa strana, si evidenziavano in lui più le virtù soprannaturali che quelle naturali ed umane” .
E credo che da quanto abbiamo in sintesi riferito, ce ne sia abbastanza per farsi un’idea dei limiti e difetti dell’uomo.
Ma adesso ci corre l’obbligo, sempre attingendo al libro di Crociata di parlare delle sue virtù e del suo zelo di vescovo, che in appena trenta mesi è riuscito a fare a Trapani un gran numero di cose valide e buone per la diocesi, al punto che ci viene quasi spontaneo dire che, “per il suo apostolato multiforme” possa essere considerato il vero fondatore della diocesi, dopo la sua costituzione del 1844.
Fondatore forse con un messaggio di profezia che il tessuto sociale nel suo complesso, in quel tempo, non ha saputo comprendere e valorizzare, ma su cui, anche se in ritardo e forse non in maniera del tutto consapevole, si avverte in qualche modo di doverlo adesso riprendere, approfondire ed attualizzare.
Ed ecco, in estrema sintesi le realizzazioni dell’uomo-prete-vescovo Iacolino, nonché gli abbondanti stimoli benefici dallo stesso seminati nel tessuto socio-ecclesiale trapanese, con grande spirito di abnegazione, tanta preghiera e molti sacrifici personali. “Un apostolato – come scrive Crociata – infaticabile, capillare ed omnicomprensivo”.
Anzitutto lo storico traguardo dell’ampliamento della diocesi con Alcamo, Castellammare, Calatafimi; la creazione di numerose parrocchie rurali, con la costruzione di nuove cinque chiese. Grande attenzione subito dopo il suo ingresso al Seminario, come edificio, che fu il primo ad essere ricostruito dopo la guerra, e quindi attenzione ai seminaristi, che da 12 , quanti erano al suo ingresso, dopo appena nove mesi passarono a 32, per essere 50, al momento della sua prematura scomparsa, cioè il 21 luglio 1950.
L’impegno nella catechesi con interrogazioni, gare, rappresentazioni ed iniziative varie, capaci di incidere nella psicologia del popolo e richiamare tutti al dovere di istruirsi nella verità della fede.
Molte le suore chiamate in diocesi e impegnate in diverse parrocchie, nella catechesi ai fanciulli e negli asili. Notevole la sua azione pastorale per l’Azione Cattolica, soprattutto la Gioventù femminile, il Movimento Maestri e quello per i Laureati, le ACLI, la FUCI, gli Scouts.
Scrive Crociata: “Quello che riempiva di ammirazione era il grande zelo apostolico, lo spirito di sacrificio, nell’organizzare, ad esempio, le “Settimane Campestri” nelle zone più bisognose di assistenza spirituale”.
E in mezzo a tanto attivismo, esemplare la sua vita eucaristica, ascetica e mistica, sostanziata di devozioni anche particolari, alla Madonna anzitutto, a S. Teresina del Bambino Gesù, a S. Giovanni Bosco, al ricordo dell’esemplare suo amico e compaesano Calogero Santamaria, morto in guerra.
Grande l’ umiltà di mons. Iacolino, la sua costante propensione al rigetto viscerale di ogni protagonismo e desiderio di apparire, manifestando più volte il desiderio di offrire anche la sua vita per il bene del suo popolo.
Questo, in sintesi, a mio giudizio, è quanto bisogna sempre tenere presente nell’ottica generale del libro di Crociata. Un libro non appiattito sul classico modello agiografico, ma, come nello stile dell’autore, con particolare attenzione sempre al dato storico…..in cui nonostante gli innegabili limiti e fragilità umane, in buona parte dovute anche alla cultura, spiritualità ed educazione dei tempi, risalta tuttavia la forte personalità dell’uomo Iacolino, la sua tempra, caratura spirituale ed apostolica di Pastore, che non arretra di fronte alle difficoltà, animato sempre dalla più retta intenzione, senza la minima ombra di bassi interessi umani, perché sempre fortemente ed unicamente orientato al servizio di Dio ed a quello che lui considerava il vero bene dei fratelli.