Il sindaco nel recente incontro con i capigruppo consiliari, il dirigente alle Finanze, i Revisori del conto e la stampa sugli equilibri di bilancio, aveva indicato come possibile lo scioglimento del civico consesso come conseguenza della dichiarazione del dissesto. Notizia non completata di particolari importanti, ché l’organo decade soltanto nel caso in cui, previa diffida, non deliberasse il dissesto. In pratica, se il Consiglio comunale non dichiara, entra in “gioco” un commissario prefettizio, che delibera il dissesto e, in questo caso, lo scioglimento del Consiglio comunale, con una procedura complessa.
Ad ogni modo, in questo momento Favara non si trova ancora nelle condizioni di rischio scioglimento. Potrebbe, strano a dirsi, iniziarne il percorso adattando la strada della richiesta della pianificazione decennale del debito e del diretto controllo della Corte dei conti, provvedimento chiamato ad adottare entro il prossimo giorno 13, piuttosto della immediata dichiarazione del dissesto.
Il rischio si concretizzerebbe proprio nella verifica da parte del ministero dell’Economia e della Corte dei conti sulla proposta di risanamento finanziario decennale avanzata dal Consiglio comunale, nel caso non fosse ritenuta meritevole di accoglimento. A questo punto, avverrebbe la nomina del commissario prefettizio, la diffida ad adempiere e per ultima la sua sostituzione al civico consesso.
Lontani, dicevamo, dallo scenario della decadenza del Consiglio, oggi, di contro, si è dentro il ciclone politico, con l’opposizione che da tempo ha avanzato la proposta di staccare la spina all’esperienza Manganella. Mentre la maggioranza ha deciso “per il bene della città” di darli sostegno.
L’opposizione che ha i numeri in Consiglio comunale non sarà, sicuramente, disponibile ad approvare l’adesione al progetto decennale di rientro. Sarà compito della maggioranza assumersi le responsabilità nei confronti della città che non è cosa facile e semplice, ma che potrebbe prestarsi al gioco del tirare a campare per altri, almeno, sei mesi. Approvata, infatti, l’adesione, il Comune ha 90 giorni di tempo per presentare il suo progetto di risanamento. Ai 3 mesi si aggiungerà il tempo necessario per la verifica del Ministero e della Corte dei conti ed, infine, quello della nomina del commissario prefettizio e della diffida ad adempiere. Sono tempi lunghi a danno della collettività e a vantaggio solo di chi non vuole abbandonare la poltrona nonostante tutto.
Gira, intanto, insistente la voce di possibili dimissioni di massa dei consiglieri.