E’ LEGITTIMA LA CESSIONE DEL CEFOP AL CERF
Si chiude definitivamente la vicenda che ha tenuto con il fiato sospeso 408 lavoratori dell’ex Cefop che da domani potranno essere assunti dal Cerf per riprendere a lavorare.
Si sbloccano circa 32 milioni di euro relativi al secondo e terzo anno dell’Avviso 20/2011 finanziati originariamente al Cefop ed oggi, a seguito della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia di Palermo che ha legittimato la cessione, appannaggio del Cerf che è il beneficiario del medesimo finanziamento. Saranno mantenuti gli impegni assunti al tavolo delle trattative.
Di seguito riportiamo la sentenza del Tar.
N. 01041/2015 REG.PROV.COLL.
N. 02298/2014 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2298 del 2014, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
CE.FO.P. (Centro di formazione professionale), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso, per procura a margine del ricorso, dal prof. avv. Angelo Clarizia, elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avv. Giovanna Condorelli in Palermo, via Torricelli, n. 3;
contro
– Presidenza della regione siciliana;
– Assessorato regionale dell’istruzione e della formazione professionale;
in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura distrettuale dello Stato di Palermo, presso i cui uffici in via A. De Gasperi, n. 81. sono domiciliati per legge;
nei confronti di
CERF s.c.ar.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dal prof. avv. Alberto Stagno D’Alcontres, presso il cui studio in Palermo, viale Francesco Scaduto, n. 14, è elettivamente domiciliato;
per l’annullamento
quanto al ricorso principale:
– della nota dell’Assessorato regionale dell’istruzione e della formazione professionale – Dipartimento dell’istruzione e della formazione professionale, a firma del direttore generale avv. Anna Corsello, del 20 giugno 2014 prot. 50927;
– del parere dell’Avvocatura distrettuale dello Stato del 9 aprile 2014, Div. Sez. n. 32327, cont. 2638/2014;
– in parte qua, della deliberazione n. 200 del 6 giugno 2013 della Giunta regionale Siciliana;
– di ogni altro atto presupposto, connesso e consequenziale.
quanto al ricorso per motivi aggiunti:
– dei decreti del Dirigente generale dell’Assessorato regionale dell’istruzione e della formazione professionale – Dipartimento regionale dell’istruzione e della formazione professionale del 28 ottobre n. 2014, nn. 5939. 5940, 5941, 5942, 5943, 5944, 5945, 5946, 5947, 59485 5949, 59502 5951. 5952, 5953, 5954, 5955, 5956 e 5957, oltre ad ogni atto presupposto, tra cui la sconosciuta nota prot. 75072 del 3 ottobre 2014 del servizio gestione in materia di formazione professionale e la nota prot. n. 72923 del 26 settembre 2014 del servizio programmazione per gli interventi in materia di formazione professionale e formazione permanente e continua.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Avvocatura dello Stato per le Amministrazioni intimate;
Visti l’atto di costituzione in giudizio e la memoria di CERF s.c.ar.l.;
Visto il ricorso per motivi aggiunti;
Vista la memoria dell’Avvocatura dello Stato;
Viste le memorie della ricorrente;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del 27 marzo 2015 il consigliere Aurora Lento e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato.
FATTO
Con ricorso, notificato il 20 agosto 2014 e depositato il giorno 26 successivo, il Centro di formazione professionale (CE.FO.P.), operante nel settore delle attività socio culturali e della formazione professionale, esponeva che, con sentenza del Tribunale di Palermo n. 9422 del 3 novembre 2011, era stato dichiarato lo stato di insolvenza ex d.lgs.vo n. 270/1999 ed erano stati nominati tre commissari giudiziali.
Acquisito il parere del Ministero dello sviluppo economico, in data 27 gennaio 2012, il medesimo Tribunale aveva dichiarato aperta la procedura di amministrazione straordinaria e nominati quali commissari straordinari i commissari giudiziali.
Il Ministero dello sviluppo economico, in data 18 settembre 2012, aveva approvato il programma di cessione dei complessi aziendali, che comprendevano anche i progetti in corso a valere sull’avviso n. 20/2011 – programma operativo FSE 2007 – 2013.
A seguito dell’espletamento di una procedura di evidenza pubblica, i beni aziendali erano stati ceduti alla Cerf s.c.ar.l., che si era impegnata ad assumere 408 dipendenti della CEFOP in deroga all’art. 2112 c.c..
Il CEFOP aveva, pertanto, attivato la procedura di mobilità ex l. n. 223/1991 e, in data 15 gennaio 2014, aveva licenziato tutti i propri dipendenti.
Con lettera prot. n. 678/2013 del 24 dicembre 2013, la Cerf aveva chiesto all’Assessorato di chiarire le modalità procedimentali e gli adempimenti eventualmente richiesti per l’utilizzo del finanziamento in corso sull’avviso n. 20/2011.
Tale richiesta era stata motivata con riferimento alla circostanza che la Giunta regionale, con delibera n. 200 del 6 giugno 2013, sembrava avere introdotto un generale divieto di cessione di rami d’azienda e di complessi aziendali comprendenti attività formative.
Con nota prot. n. 7041 del 24 gennaio 2014, il Direttore del dipartimento formazione professionale dell’Assessorato, in riscontro a tale richiesta, aveva rappresentato che “in considerazione della peculiarità della vicenda del CEFOP in amministrazione straordinaria, nonché delle risultanze degli incontri tenutisi presso il Ministero dello sviluppo economico, all’atto del perfezionamento della vendita il soggetto acquirente, qualora in possesso dei prescritti requisiti, potrà essere autorizzato da questa Amministrazione e conseguentemente finanziato ai fini della riedizione degli interventi formativi attuati dal CEFOP nell’ambito dell’avviso 20 in relazione ai quali è stata prodotta nei termini la necessaria progettazione”.
In data 7 marzo 2014 si era perfezionata la cessione d’azienda in esecuzione del programma finanziario approvato dal Ministero.
Con lettera prot. n. 227/14 dell’11 marzo 2014, ricevuta nello stesso giorno, la Cerf aveva trasmesso all’Assessorato copia dell’atto pubblico di cessione “per gli adempimenti necessari alla prosecuzione delle attività formative”.
Il Tribunale di Palermo, con decreto del 31 marzo 2014, aveva preso atto della cessione e dichiarato la cessazione dell’esercizio dell’impresa della Cefop in amministrazione straordinaria.
Nel corso di una riunione svoltasi presso il Ministero il 23 maggio 2014, un rappresentante del Direttore generale dell’Assessorato aveva rappresentato che era stato acquisito un parere dell’Avvocatura distrettuale dello Stato, la quale si era espressa nel senso che la delibera della Giunta regionale n. 200/2013 era ostativa alla cessione, e che, conseguentemente, l’Amministrazione avrebbe assunto un provvedimento in conformità.
Frattanto, l’autorità regionale di audit dei programmi cofinanziati dall’Unione europea aveva chiesto di ispezionare i progetti eseguiti da Cefop, la quale si era opposta in quanto, oltre a non avere avuto alcun riscontro formale dall’Assessorato in ordine agli effetti della cessione, aveva cessato la propria attività d’impresa e si trovava, pertanto, nella materiale impossibilità di consentire lo svolgimento di qualunque attività di verifica.
Intervenendo in ordine al problema della effettuazione dell’attività di audit, il Dirigente del dipartimento dell’istruzione e della formazione professionale, con nota prot. n. 50927 del 20 giugno 2014, aveva rappresentato che il trasferimento di azienda intervenuto tra CEFOP in amministrazione straordinaria e CERF s.c.a r.l. non aveva effetti giuridici nei confronti dell’Amministrazione Regionale.
Aveva motivato tale affermazione con riferimento alla circostanza che la vendita avrebbe dovuto essere sottoposta alla condicio juris dell’adozione di un atto di assenso da parte dell’Amministrazione sia in un’ottica civilistica (essendo necessario il consenso del contraente ceduto) che in una prospettiva pubblicistica.
Aveva, altresì, precisato che non poteva essere attribuito valore di assenso alla propria nota del 24 gennaio 2014, in quanto contenente un generico riferimento alla possibilità di autorizzazione.
Concludendo aveva invitato la Cefop a consentire lo svolgimento dell’attività di audit, rappresentando che in caso di inadempimento sarebbe stato avviato il procedimento di definanziamento dei progetti a valere sull’avviso n. 20/2011 e, conseguentemente, disposto il recupero delle relative somme.
Con lettera del 22 luglio 2014, la Cerf aveva comunicato che per effetto della nota succitata si sarebbe determinata la risoluzione dell’atto di cessione considerato che il venire meno del complesso aziendale configurava un’ipotesi di aliud pro alio.
La ricorrente ha chiesto l’annullamento, previa sospensiva e vinte le spese, nota prot. n. 50927 del 20 giugno 2014 e degli ulteriori provvedimenti impugnati per i seguenti motivi:
1) Non sarebbe stato necessario alcun atto di assenso alla cessione dell’azienda da parte dell’Amministrazione regionale sia in un’ottica pubblicistica, che in una prospettiva pubblicistica.
Per quanto riguarda la prima, verrebbe in considerazione una cessione d’azienda, alla quale non si applicherebbe l’art. 1406 c.c., in quanto derogato dall’art. 2112.
Relativamente alla seconda, dovrebbe applicarsi l’art. 116 del D.lgs.vo n. 163/2006 e, conseguentemente, ritenersi perfezionato il consenso tacito dell’Amministrazione in data 10 maggio 2014, considerata la avvenuta trasmissione dell’atto di cessione il precedente 11 marzo.
Qualora non si ritenesse applicabile il succitato art. 116, la cessione dovrebbe, comunque, ritenersi efficace verso l’Assessorato dal momento della trasmissione dell’atto di cessione.
2) La nota, ove qualificabile come diniego tardivo di consenso o atto di ritiro dell’assenso tacito fondato sulla delibera della Giunta regionale n. 200/2013, la quale, secondo la ricostruzione fatta dall’Avvocatura dello Stato nel parere n. 32327 del 9 aprile 2014 vieterebbe le cessioni d’azienda riferite a progetti formativi, sarebbe illegittima per contrasto con le norma europee e costituzionali sulla trasferibilità delle aziende, sulla libera circolazione dei capitali e sulla libertà d’impresa.
3) La nota, ove qualificabile come atti di ritiro dell’assenso formatosi ex art. 116, comma 3, del d.lgs.vo n. 163/2006, sarebbe illegittima in quanto: non preceduta da comunicazione di avvio del procedimento; riferita ad atto non illegittimo; non sorretta da alcuna ragione di interesse pubblico.
4) Sarebbe stato violato il legittimo affidamento riposto dalla Cefop, considerato che l’Amministrazione regionale, in riscontro a specifica richiesta di chiarimenti contenente un chiaro riferimento alla delibera della Giunta regionale n. 200/2013, aveva rappresentato la possibilità di autorizzare il subentro nel progetto formativo in corso.
Per l’Amministrazione regionale si è costituita in giudizio l’Avvocatura dello Stato, che ha depositato vari documenti.
Si è costituita in giudizio anche la CERF s.c.ar.l., che ha depositato una memoria, con la quale ha chiesto l’annullamento dei provvedimenti impugnati dalla ricorrente anche per i seguenti motivi:
1) Violazione e falsa applicazione dell’art. 116 del d.lgs.vo n. 163/2006. Eccesso di potere sotto il profilo del difetto di istruttoria, del travisamento dei fatti, della manifesta illogicità. Violazione e falsa applicazione degli artt. 2112, comma 5, e dell’art. 2558 c.c..
2) Violazione e falsa applicazione dell’art. 3 della l. n. 241/1990. Sviamento, eccesso di potere sotto il profilo del difetto di motivazione e istruttoria. Manifesta illogicità.
3) Violazione e falsa applicazione dell’art. 1, n. 1, lettera a) dir. 2001/23 e dell’art. 41 Cost..
4) Violazione dell’art. 97 Cost..
Con ricorso per motivi aggiunti, notificato il 12 dicembre 2014 e depositato il giorno 19 successivo, Cefop ha chiesto l’annullamento, previa sospensiva e vinte le spese, dei decreti n. 5939. 5940, 5941, 5942, 5943, 5944, 5945, 5946, 5947, 59485 5949, 59502 5951. 5952, 5953, 5954, 5955, 5956 e 5957 del 28 ottobre 2014, con i quali il Dirigente generale del dipartimento regionale dell’istruzione e della formazione professionale aveva revocato i finanziamenti ivi indicati per mancato avvio dei corsi.
La ricorrente ha formulato le seguenti censure:
1) I decreti impugnati sarebbero nulli per violazione dell’art. 21 septies della l. n. 241/1990 in quanto riferiti a soggetto (i.e. Cefop) che aveva cessato la propria attività imprenditoriale; il mancato svolgimento dell’attività d’impresa comporterebbe, comunque, l’impossibilità di avviare i corsi.
2) Sarebbe stata omessa la comunicazione d’avvio del procedimento.
3) Non si sarebbe tenuto conto del perfezionamento della cessione dell’azienda a favore della CERF, che sarebbe l’unico interlocutore dell’Amministrazione regionale.
In vista dell’udienza di merito, l’Avvocatura dello Stato ha depositato una memoria, con la quale ha chiesto il rigetto del ricorso, poiché infondato, vinte le spese.
Ha, in particolare, rappresentato che: l’eccezione alla regola della necessità del consenso del contraente ceduto prevista per il caso di cessione d’azienda opererebbe limitatamente ai rapporti di lavoro; venendo in considerazione il trasferimento di una funzione propria dell’Amministrazione regionale (i.e. formazione professionale) ad un soggetto estraneo non potrebbe trovare applicazione l’art. 116 del codice dei contratti; la delibera della giunta regionale n. 200/2013 sarebbe chiara nell’escludere la possibilità di cessione riferite ad attività formative con conseguente autovincolo per le determinazioni in tale materia.
La ricorrente ha depositato una memoria con la quale ha replicato alle deduzioni dell’Avvocatura dello Stato, che ha successivamente depositato alcuni documenti.
La ricorrente ha depositato un’ulteriore memoria, con la quale ha rappresentato che dalla documentazione depositata dall’Amministrazione era emerso che l’attività di audit era in corso e che, pertanto, i decreti di revoca dei finanziamenti erano stati emessi prima che ne ricorressero i presupposti.
Ha, conclusivamente, insistito per l’accoglimento del ricorso introduttivo e dei motivi aggiunti e ha formulato istanza di adozione delle misure necessarie a garantire l’esecuzione della sentenza ex art. 34, comma 1, lettera e).
All’udienza dell’11 marzo 2015, su conforme richiesta dei difensori delle parti presenti come da verbale, il ricorso è stato posto in decisione.
DIRITTO
1. Il ricorso introduttivo ha ad oggetto la nota prot. n. 50927 del 20 giugno 2014, con la quale l’Amministrazione regionale ha ritenuto non produttiva di effetti la cessione dell’azienda, comprendente progetti formativi relativi all’avviso n. 20/2011, effettuata dalla Cefop in amministrazione straordinaria a favore della Cerf s.c.ar.l., ed ha, conseguentemente, invitato la Cefop (che aveva licenziato i propri dipendenti il 15 gennaio 2014 e cessato la propria attività d’impresa il 31 marzo 2014 e) a consentire all’Autorità di audit dei programmi cofinanziati dalla Commissione europea di effettuare la verifica sui progetti formativi ricompresi nella cessione, pena il definanziamento degli stessi.
Tale atto è stato motivato con riferimento alla circostanza che la vendita avrebbe dovuto essere sottoposta alla condicio jurisdell’adozione di un atto di assenso da parte dell’Amministrazione sia in un’ottica civilistica (essendo necessario il consenso del contraente ceduto), che in una prospettiva pubblicistica.
I motivi aggiunti hanno, invece, ad oggetto i decreti, con i quali sono stati successivamente definanziati i progetti in questione per mancato avvio dei corsi dovuto al mancato espletamento della attività di verifica.
2. Preliminarmente occorre chiedersi se il rapporto giuridico intercorrente tra l’Amministrazione regionale e gli enti operanti nel campo della formazione fruitori di finanziamenti (e, pertanto, la CEFOP) sia qualificabile in termini di concessione di servizi (come sostenuto dall’Amministrazione regionale) o di appalto di servizi (come sostenuto dalla ricorrente).
Come noto, ricorre la prima figura quando l’operatore privato assume i rischi della gestione del servizio, rifacendosi sostanzialmente sull’utente mediante la riscossione di un qualsiasi tipo di canone, tariffa o diritto; mentre si ha la seconda quando l’onere del servizio stesso grava sull’amministrazione (per tutte la decisione del Consiglio di Stato, VI, 21 maggio 2014, n. 2624 richiamata dalla ricorrente).
Nella specie, l’Amministrazione regionale finanzia l’attività formativa, che viene svolta dall’ente accreditato, il quale, però, non si rifà sull’utenza.
Conseguentemente deve ritenersi che si tratti di un appalto di servizi devoluto, ex art. 133, comma 1, lettera e) n. 1, alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, la quale si estende anche ai provvedimenti di definanziamento oggetto dei motivi aggiunti, in quanto espressione dei poteri di autotutela dell’Amministrazione regionale.
3. Ciò premesso, può procedersi all’esame del primo motivo del ricorso introduttivo, con il quale si deduce che non sarebbe stato necessario nessun atto di assenso alla cessione dell’azienda da parte dell’Amministrazione regionale. Sotto il profilo civilistico verrebbe, infatti, in considerazione una cessione d’azienda, alla quale non si applica l’art. 1406 c.c.; sotto il profilo pubblicistico, dovrebbe applicarsi l’art. 116 del D.lgs.vo n. 163/2006 e, conseguentemente, dovrebbe ritenersi perfezionato il consenso tacito dell’Amministrazione in data 10 maggio 2014, posto che l’atto di cessione era stato ricevuto dall’Amministrazione il precedente 11 marzo.
La prospettazione merita di essere condivisa.
3.1 Precisato che nella fattispecie in esame si è avuta una cessione d’azienda nel contesto di una procedura d’amministrazione straordinaria relativa a un’impresa insolvente, va rilevato che non è applicabile l’art. 1406 c.c., il quale prevede il consenso del ceduto relativamente alla diversa fattispecie della cessione del contratto.
Viene, infatti, in considerazione il diverso principio posto dall’art. 2112 c.c., che esclude la necessità del consenso del lavoratore nel caso in cui venga ceduta l’intera azienda.
Tale disposizione è, infatti, espressione di un principio generale, secondo il quale va garantita la continuità dell’azienda e non è necessaria l’acquisizione del consenso della controparte dei rapporti ceduti.
Conferma di tale affermazione si riscontra nell’art. 2558 c.c., laddove si prevede il subentro dell’acquirente dell’azienda nei contratti stipulati per l’esercizio della stessa, che non abbiano carattere personale.
Deve, pertanto, concludersi nel senso che sotto il profilo civilistico il consenso della Regione non era necessario per l’efficacia nei suoi confronti della cessione d’azienda, comprendente i progetti formativi in corso, intervenuta tra CEFOP e Cerf.
3.2 Tale assenso non era nemmeno necessario in un’ottica pubblicistica, in quanto, trattandosi di un appalto di servizi, doveva applicarsi l’art. 116 del codice dei contratti.
Tale disposizione prevede, in particolare: al comma 1, che le cessioni di azienda relativi ai soggetti esecutori di contratti pubblici non hanno effetto nei confronti della stazione appaltante fino a che il cessionario non abbia proceduto alla relativa comunicazione; al comma 3, che decorsi sessanta giorni dalla comunicazione senza che sia intervenuta opposizione, la cessione produce nei confronti della stazione appaltante tutti gli effetti attribuiti dalla legge.
Nella specie, con lettera prot. n. 227/14 dell’11 marzo 2014, ricevuta lo stesso giorno, il Cerf ha trasmesso all’Assessorato copia dell’atto pubblico di cessione “per gli adempimenti necessari alla prosecuzione delle attività formative”.
Nessuna opposizione è intervenuta nei successivi 60 giorni, cosicchè, ai sensi dell’art. 116, comma 3, deve ritenersi che la cessione in questione sia divenuta pienamente efficace nei confronti dell’Amministrazione regionale in data 10 maggio 2014.
4. Accertata la fondatezza del primo motivo, può prescindersi dall’esame del secondo motivo, il quale è riferito alla ipotesi in cui la nota prot. n. 50927 del 20 giugno 2014 vada interpretata come diniego tardivo di consenso o ritiro dell’assenso tacito motivati con riferimento al divieto di cessione di attività formative introdotto con la delibera della Giunta regionale n. 200 del 6 giugno 2013.
Dall’esame del contenuto della nota impugnata si evince, infatti, che l’Amministrazione non ha manifestato alcun dissenso e non ha ritirato il proprio assenso tacito, ma ha semplicemente ritenuto che la cessione d’azienda fosse inefficace.
Si afferma, infatti, testualmente che: “il trasferimento d’azienda, intervenuto tra CEFOP in a.s. e CERF s.c.ar.l. … non ha effetti giuridici nei confronti dell’Amministrazione regionale” in quanto “la vendita avrebbe dovuto essere sottoposta alla condicio juris della adozione di uno specifico atto di assenso”
Invero, nessun riferimento è fatto alla delibera della Giunta regionale n. 200 del 6 giugno 2013, sulla cui legittimità in parte quail Collegio non ritiene, pertanto, di pronunciarsi.
Sta di fatto, comunque che:
– già la Circolare n. 31 del 5.12.2011 dell’Assessorato regionale alla Formazione disciplinava e quindi ammetteva (de plano) la cessione di “rami d’azienda” e pertanto, a fortiori, dell’intera azienda beneficiaria di contributi destinati alla formazione;
– la delibera della Giunta regionale di Governo n. 200/2013, non solo è successiva di vari mesi rispetto al “programma di risanamento” CEFOP approvato dal Ministero dello Sviluppo Economico il 18.9.2012, poi sfociato nella vendita della relativa azienda a CERF, ma rappresenta altresì un mero atto di indirizzo che non procede direttamente (v. il punto 11) alla revoca della predetta circolare, evidenziando solamente “.. l’impossibilità di configurare il trasferimento di attività formative, considerate sia in materia unitaria (interi pacchetti formativi) sia parcellizzata (singoli corsi od ore di formazione), come operazioni di cessione di ramo d’azienda” (lasciando del tutto opinabile – come pure rilevato dall’Avv. dello Stato nel parere 9.4.2012 reso all’Amm.ne – l’ulteriore applicabilità o meno della detta circolare);
– in tal modo, comunque, sembra evidente che, mentre la ipotizzata preclusione relativa alla cessione del ramo d’azienda potrebbe giustificarsi con la parzialità stessa della cessione, che in quanto tale potrebbe – forse – prestarsi a manovre in danno della Regione, altrettanto non può affermarsi per l’ipotesi di integrale cessione dell’azienda che (ferme le eventuali circostanze ostative di natura soggettiva) determina, de jure, il subentro del cessionario, a titolo universale, nelle pregresse attività.
Tanto è vero, sotto tale ultimo aspetto, che, stante l’assenza di specifiche norme limitative, il Dir. Gen. dell’Assessorato odierno resistente, con nota prot. n. 7041 del 24 gennaio 2014 (di riscontro alla nota CERF del 24.12.2013) ebbe a ritenere sostanzialmente regolare l’intervenuta cessione.
Non può condividersi, pertanto, l’affermazione dell’Avvocatura dello Stato – contenuta nel citato parere – laddove si afferma che “… il trasferimento in parola doveva considerarsi soggetto alla condicio juris della emanazione di un atto di assenso (preventivo o successivo) da parte dell’Amministrazione competente”; se non altro perché tale assenso ben poteva ritenersi, de facto, acquisito per effetto della intervenuta comunicazione all’Assessorato della stipula dell’atto pubblico di cessione in data 11.3.2014 e del successivo silenzio della P.A. protrattosi per mesi.
Correttamente, allora, la CEFOP fa osservare (cfr. motivi aggiunti depositati il ‘11.12.2014) che:
– “… l’Assessorato ha ricevuto il contratto di cessione 1’11 marzo 2014, completo di tutte le informazioni necessarie ai sensi dell’art. 116, comma 1°, con riferimento all’art. l del d.P.C.M. 187/1991 (sono infatti indicati gli estremi della iscrizione della cessionaria alla C.C.LA.A. di Palermo al REA n. PA-240984) “;
– ciò “consentiva all’Assessorato di acquisire on line tutte le informazioni di cui al citato art. 1” e pertanto se lo stersso “… avesse voluto opporsi alla cessione avrebbe dovuto farlo entro il 10 maggio 2014, il che non è avvenuto … Consiglio di Stato Sez. V, Sent., 25-02-2014, n. 903) “.
5. Per la medesima ragione può prescindersi dall’esame del terzo motivo, in quanto riferito all’ipotesi (non ricorrente nella specie) della qualificabilità della nota impugnata quale ritiro dell’assenso tacitamente formatosi ai sensi dell’art. 116, comma 3, del codice dei contratti.
6. Può, invece, essere accolto anche l’ultimo motivo, con il quale si deduce che sarebbe stato leso il legittimo affidamento sulla efficacia della cessione ingenerato dalla Amministrazione regionale con la citata nota prot. n. 7041 del 24 gennaio 2014.
Con tale nota, in riscontro alla richiesta di chiarimenti circa l’eventuale applicazione del divieto di cessione di attività formative problematicamente ricavabile dalla delibera della Giunta regionale n. 200 del 6 giugno 2013, era stato, infatti, rappresentato alla CERF che “in considerazione della peculiarità della vicenda … all’atto del perfezionamento della vendita il soggetto acquirente, qualora in possesso dei prescritti requisiti, potrà essere autorizzato da questa Amministrazione e conseguentemente finanziato ai fini della riedizione degli interventi formativi attuati dal CEFOP nell’ambito dell’avviso 20 in relazione ai quali è stata prodotta nei termini la necessaria progettazione”. Ad ogni modo, poiché la cessione, come detto, va ritenuta efficace nei confronti dell’Amministrazione regionale, il profilo soggettivo relativo all’eventuale lesione del legittimo affidamento della ricorrente finisce con l’essere irrilevante.
7. Va adesso esaminato il ricorso per motivi aggiunti, con il quale è stato chiesto l’annullamento dei decreti che hanno definanziato i progetti a valere sull’avviso n. 20/2011 per mancato avvio dei relativi corsi.
Deve preliminarmente precisarsi che tali decreti sono conseguenziali alla nota oggetto del ricorso introduttivo.
Non è stato, infatti, possibile avviare i corsi, in quanto non è stata completata l’attività di audit (i.e. verifica) sulle attività formative relative all’avviso n. 20/2011, poiché l’Amministrazione regionale, considerando inefficace la cessione, ha intimato alla CEFOP di consentire l’effettuazione della stessa.
La CEFOP, avendo già cessato la propria attività d’impresa e licenziato i propri dipendenti, non era, però, nelle condizioni di consentire l’effettuazione di tali controlli (vedi corrispondenza tra gli amministratori della CEFOP e l’Amministrazione regionale in atti e in particolare la lettera prot. n. 2471 del 27 giugno 2014).
Sempre in via preliminare va rilevato che, come si evince dalla memoria conclusiva della ricorrente, nelle more del giudizio l’Amministrazione regionale ha messo a disposizione dell’Autorità di audit personale e mezzi, cosicchè è stata avviata l’attività di verifica, che è attualmente in corso di esecuzione.
8. Ciò precisato, va ritenuto fondato il terzo motivo aggiunto, avente carattere assorbente, con il quale si deduce che i decreti di definanziamento sono carenti sotto il profilo istruttorio e motivazionale, in quanto non hanno tenuto conto della cessione d’azienda intervenuta tra la CEFOP e la Cesr e del conseguente trasferimento dei progetti formativi in questione.
Come detto al punto 3, al quale si rinvia, contrariamente a quanto sostenuto dall’Amministrazione regionale, la cessione era produttiva di effetti nei suoi confronti.
Ne deriva la illegittimità dei decreti di definanziamento indicati in epigrafe, che, conseguentemente, vanno annullati.
9. Deve adesso essere esaminata la richiesta di adozione di misure idonee ad assicurare l’esecuzione del giudicato avanzata dalla ricorrente ex art. 34, comma 1, lettera e), che il Collegio ritiene di accogliere secondo quanto di seguito precisato.
Deve, in particolare, essere affermato l’obbligo dell’Amministrazione regionale di ritenere efficace nei suoi confronti la cessione d’azienda intervenuta tra la CEFOP e la Cerf e, conseguentemente, di adottare le misure idonee a consentire l’espletamento della attività di audit nei confronti della Cerf, la quale deve essere considerata beneficiaria dei finanziamenti di originaria titolarità della CEFOP.
Concludendo, in forza di quanto esposto, il ricorso è fondato e va accolto con conseguente annullamento della nota prot. n. 50927 del 20 giugno 2014 e dei decreti dirigenziali oggetto dei motivi aggiunti indicati in epigrafe.
Le spese liquidate come in dispositivo vengono poste a carico dell’Assessorato regionale dell’istruzione e della formazione professionale, che ha adottato i provvedimenti impugnati; compensate con le altre parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, accoglie il ricorso e, per l’effetto, annulla la nota dirigenziale prot. n. 50927 del 20 giugno 2014 e i decreti dirigenziali in epigrafe.
Condanna l’Assessorato regionale dell’istruzione e della formazione professionale al pagamento in favore della ricorrente delle spese del presente giudizio liquidate in € 3.000,00 (tremila,00), oltre IVA, CPA, spese generali e rimborso del contributo unificato. Spese compensate con le altre parti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Palermo nella camera di consiglio del giorno 27 marzo 2015 con l’intervento dei magistrati:
Calogero Ferlisi, Presidente
Aurora Lento, Consigliere, Estensore
Lucia Maria Brancatelli, Referendario
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Il TAR dice si, la cessione del Cefop al Cerf è legittima. Condannata la Regione
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