di Card. Montenegro
Ho riflettuto a lungo su quello che avrei voluto chiederTi quest’anno, Signore, in questo solenne appuntamento con Te. Ma ho pensato che sia meglio ascoltare quanto Tu hai da chiederci.
Tu ci parli, ma noi presi dalle nostre faccende, non sempre riusciamo ad ascoltarTi. Tu ci parli in tante maniere: con la Bibbia sempre, ma anche con i fatti della vita che entrano, spesso con violenza, nelle nostre case, attraverso il video, la radio o il giornale. Non credo di sbagliarmi se dico che c’è un argomento che Ti sta particolarmente a cuore, purtroppo non lo è alla stessa maniera per noi: i poveri.
Tu mentre continui a ripeterci che i poveri saranno sempre con noi, nutri di amore il nostro cuore perché stessimo di più vicino a loro. Ma vedendo i nostri atteggiamenti che non corrispondono ai Tuoi desideri, con amarezza, ci chiedi da che parte sono rivolti i nostri occhi e i nostri interessi; ci chiedi cosa ne facciamo dell’amore che continui a donarci nell’Eucaristia; ci domandi se, nonostante il battesimo e l’affetto che diciamo di avere per l’Eucaristia, siamo realmente disponibili a lavorare per Te, per la costruzione del Tuo regno, che è regno di giustizia, di pace e di fratellanza. Ci chiedi di renderTi finalmente presente là dove viviamo, perché è li che dobbiamo fare frutto seminando il seme del tuo Amore. Ci chiedi di seguirTi sulla strada che Tu preferisci, quella che porta ai poveri: purché, ci raccomandi, non ci serviamo di loro per misurare la nostra presunta bontà. Loro sono l’insostituibile ricchezza che ci hai lasciato. Sono la chiave che ci apre all’amore autentico e che ci schiude le porte del cielo. Ci chiedi di inondare il mondo della tua umanità, per attivare dinamiche di amore e di libertà dentro la nostra storia fatta di violenza, di inimicizie, di divisione e di indifferenza.
Oggi Gesù, che sei presente qui nel segno del pane, ci gridi che la Tua Eucaristia non è e non può essere solo un fatto privato che serve a mettersi a posto la coscienza e che, come spesso avviene, ci chiude dentro i confini del nostro io. Ci chiedi che diventi forza sanante di un’umanità intrisa di sangue e odio, affamata dall’egoismo e ferita dall’indifferenza e dalla sopraffazione. Ci chiedi di essere costruttori di una storia di fraternità da cui nessuno si senta escluso.
Gesù, mi sbaglio se dico che il Tuo Cuore sanguina quando a uomini in cerca di umanità, quelli dei viaggi della speranza, viene attribuito il termine di “quote”, da assegnare al migliore offerente: quasi fossero non persone ma solo merce di scambio le cui piaghe non vogliamo vedere, perché turbano i nostri occhi, ma purtroppo non sempre le nostre coscienze. Per Te tutti gli uomini sono tue creature. Tu non fai differenze. È per questo che Papa Francesco parla di “attentato alla vita stessa il lasciare morire sui barconi i nostri fratelli migranti”. I numeri dei morti non ci impressionano più, semmai ci meravigliano per un po’ ma poi li dimentichiamo, gli zeri nella conta dei morti aumentano, ma rimangono zeri – nullità – le esistenze di tanti uomini. Chi si interessa alle loro storie, alle sofferenze patite, ai legami familiari spezzati, alla disperazione che emerge da occhi smarriti? Per noi sono solo un fastidio da eliminare. Per te sono solo uomini che soffrono. Ecco perchè ci implori di fare come Te, di amare non a modo nostro, con le nostre sofisticate e bugiarde eccezioni e scuse ma “come” Te. Ci chiedi di aiutarTi a rendere reale il Tuo progetto di vita per noi, perché alle povertà di ogni genere e colore venga ridata la dignità della giustizia e, con essa, della pace. Perché la pace può prendere corpo solo nello scambio e nella complementarietà dei beni (e tra essi c’è anche la libertà!), nel rispetto dei diritti umani e nella tolleranza delle diversità.
Gesù, Tu ci hai lasciato l’Eucaristia e i poveri. Ma noi, a dire il vero, preferiamo il tuo pane (non parla ed è candido) e abbandoniamo i poveri. Oggi torni a ricordarci che sono loro il Tuo te-stamento. Che non possono aspettare o bussare inutilmente alla nostra porta. È vero che non siamo colpevoli della loro situazione, ma aiutaci a non diventare complici del loro abbandono. Non possiamo fingere che niente accada o che non sono cose che ci interessano, insegnaci a guardare con occhi bene aperti quello che ci accade intorno, e ricordaci che siamo responsabili della lo-ro vita e anche della loro morte. Lo so, non ci vuoi super-eroi e neppure silenziosi e complici spettatori di genocidi, di persone che a milioni muoiono di fame e di ogni tipo di corruzione che distrae risorse e futuro, ma ci chiedi che la nostra vita diventi occasione di speranza per ogni fratello che ci fai incontrare. Davanti a tante dolorose vicende non possiamo uscirne solo con qualche lacrima e qualche parola di circostanza. Non possiamo continuare a lasciare fuori dal recinto del benessere, di cui siamo tanto gelosi, migliaia di persone e abbandonarle alla disperazio-ne. Non è “Umano” ci gridi oggi, Tu, Gesù! L’uomo – ogni uomo – è il Tuo volto; il povero è la via sicura per riconoscere il Tuo volto. Stasera ci chiedi di decidere da che parte stare. Se vogliamo raggiungerTi, o se ci vogliamo fare raggiungere da Te. O se decidiamo di lasciarTi morire, ancora, in mare o in terre desolate. Ne va di mezzo la verità dell’Eucaristia che celebriamo. Può essere sacramento di condanna, lo dice s. Paolo.
Signore, Ti preghiamo, Tu non smettere di parlarci, noi ci impegniamo ad ascoltarTi.