Colapesce
Rosario Crocetta, il Presidente della Regione siciliana, eletto il 28 ottobre 2012 dopo le elezioni regionali seguite alle dimissioni di Raffaele Lombardo per l’inchiesta giudiziaria e la condanna per mafia, ed autosospesosi ( istituto di cui non c’è traccia normativa) da 48 ore, deve dimettersi?
È il tamtam che da qualche giorno tiene sotto assedio tutti i palazzi del potere politico regionale ed anche romano oltre che le segreteria politiche e le segrete stanze dei burattinai.
È giusto che Crocetta vada avanti per la sua strada e non scivoli nelle trappole che i tanti colleghi di partito gli hanno teso nelle ultime ore, oppure si dimetta per aspettare che la giustizia faccia chiarezza sulla vicenda dell’intercettazione telefonica.
Scivolone, questo si, che vede il governatore della Regione siciliana protagonista nel bene e nel male di una telefonata che lo stesso non ha mai sconfessato e che, secondo le ripetute conferme de ‘L’Espresso’, farebbe parte di un filone d’inchiesta precedente a quello aperto a Palermo presso la Procura della Repubblica.
Il dilemma è: dimissioni o rimpasto del rimpasto e ulteriore rilancio (a che prezzo per la Sicilia?) dell’azione politico-amministrativa?
La questione delle dimissioni non è nuova e più volte nei tre anni di governo Crocetta fibrillazioni e tentativi d’inciucio hanno fatto da scenario a sterili attacchi, mai andati a buon fine, alla poltrona di Palazzo d’Orleans, sede dell’esecutivo regionale.
È fin troppo facile appoggiarsi ai risultati giudiziari o attenderne gli esiti per incapacità o mancanza di volontà di analisi politica perché la discussione sulle dimissioni del presidente Crocetta deve prescindere dalla questione giudiziaria che non può e non deve condizionale le scelte politiche sul futuro dell’Isola.
Sarebbe troppo riduttivo oltre che umiliante per i siciliani che le dimissioni siano collegate a Matteo Tutino ed alla sua sciagurata telefonata e non invece frutto di una appurata analisi politica sui risultati nefasti del triennio politico a trazione Pd-Udc-Crocetta.
Il simbolo della bocciatura del governo Crocetta è la partita sulle finanze, persa tutta in casa Pd, che ha degenerato la già debolissima economia siciliana, assestando una mazzata mortale alle famiglie: una su due è, difatti, povera.
Dopo al rinuncia a oltre 4 miliardi frutto del contenzioso vinto nei confronti dello Stato a seguito di pronuncia della Corte Costituzionale, oggi l’esecutivo regionale elemosina da mesi 450 milioni dal Governo Renzi che non arrivano.
Sul versante della spesa, nonostante i tagli massicci in ogni dove i costi non si sono ridotti e il debito è si quasi raddoppiato.
Per non parlare dei settori massacrati dall’azione di pulizia attuata dal ‘governo della rivoluzione’ che hanno finito per porre ai margini del mercato del lavoro migliaia di famiglie. Settori come la Formazione professionale, i forestali, gli ex Pip, i precari degli Enti Locali, i precari della Pubblica amministrazione regionale, etc..
Senza dimenticare che sui rifiuti si è al paradosso: ritardi su ritardi, riforma mai decollata e licenziamenti con molti Ato falliti.
Dopo 18 mesi di proroghe per garantire il servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti nei comuni siciliani, il 14 luglio scorso è stato emanato un ulteriore Ordinanza a firma del governatore siciliano che dispone nuove procedure per la salvaguardia dei lavoratori, molti dei quali già licenziati per via del fallimento degli Ato o per scelta di singoli Comuni, che dovranno transitare nelle Società per la Regolamentazione del servizio di gestione Rifiuti (Srr). Altri sei mesi di incertezza per i lavoratori con il costo per la collettività che lievita sempre più. Bel risultato!
E che dire della riforma delle province siciliane? Tutto fermo, non c’è nulla. O per meglio dire, i lavoratori vivono da mesi l’incertezza sul loro futuro lavorativo ed i servizi sul territorio, un tempo garantiti dalla Provincia, oggi sono azzerati. Strade provinciali colabrodo, servizi per le categorie svantaggiate azzerati così come la scuola e gli edifici scolastici risentono del vuoto gestionale lasciato dalla mancata riforma del governo Crocetta. Di Commissari straordinari però ne sono stati nominati tanti. Beh, in tal caso le risorse non sono mancate.
Inoltre, senza una seria riforma dei servizi per il lavoro, e nel Governo Crocetta non si ha traccia, la Sicilia è destinata a restare il fanalino di coda dell’Italia, col tasso di disoccupazione più alto (il doppio rispetto alla media nazionale) e con un giovane su due che non studia e non lavora (Neet).
Per questi motivi il Governatore Crocetta e la sua coalizione politica dovrebbero alzare bandiera bianca e compiere quel passo indietro che i siciliani attendono da mesi. L’esperienza politica è chiaramente fallimentare e se mai dovessero arrivare le dimissioni di certo non sarebbero da attribuire all’azione giudiziaria ma , semmai, alla responsabilità dei partiti di questo governo che su tutti i fronti ha toppato.
Qua c’entra poco la mafia e l’antimafia, la legalità e l’illegalità, le intercettazioni o i filoni giudiziari, i buoni o i cattivi, è l’etica politica che deve primeggiare sulla politica.
Se vogliamo restare dentro una cornice democratica non c’è altro da fare che tirare le somme e comprendere che la stagione politica della ‘Rivoluzione’ si è sgretolata sotto l’onta dei fallimenti politico-amministrativi. Di fronte a tutto questo non serve confondere o incrociare i percorsi politici con quelli giudiziari.
A ciascuno il suo…..