Dieci dipendenti dell’Istituto Boccone del Povero sono a rischio licenziamento
Inizio da lontano, precisamente da Torino, dove Papa Francesco in occasione dell’ostensione della Sacra Sindone ha espresso la sua “vicinanza ai giovani disoccupati, alle persone in cassa-integrazione o precarie; ma anche agli imprenditori, agli artigiani e a tutti i lavoratori dei vari settori, soprattutto a quelli che fanno più fatica ad andare avanti”. E ancora “il lavoro non è necessario solo per l’economia, ma per la persona umana, per la sua cittadinanza e per l’inclusione sociale”. “Bisogna dire no alla cultura dello scarto che esclude i poveri, i bambini, gli anziani, i giovani. Quello che non produce si esclude a modo di usa e getta”.
Con il pensiero a questi insegnamenti ho incontrato questa mattina la superiora dell’istituto che ospita la casa di riposo. A suor Anna, così si chiama la responsabile del Boccone del Povero, non ho ricordato Papa Francesco e il suo richiamo, ché conosce per la sua professione religiosa meglio di me. Abbiamo parlato dei previsti licenziamenti e della situazione finanziaria della casa.
“E’ stato un errore – mi dice – assumere i dipendenti e oggi non siamo in grado con le nostre entrate a coprire le spese degli stipendi. Se in una famiglia entra dieci non si può spendere tredici. Ogni mese sono costretta a ricorrere al debito”.
Suor Anna non lo ha detto espressamente, ma è chiaro che l’errore al quale si riferisce è del passato. Di un passato reso facile dal costante indebitamento dello Stato che oggi stiamo pagando tutti amaramente. Nella Prima Repubblica, quando non bisognava dare conto e ragione all’Europa, lo Stato stampava debiti e chi si è visto, si è visto. Meglio, e chi campa, paga. E oggi chi campa sta pagando la montagna di soldi sprecati, in passato dalla politica.
Ma non allontaniamoci dal nostro ragionamento. Abbiamo ascoltato suor Anna e ricordato gli insegnamenti del Papa, ma ci sono altri protagonisti della storia. Anzi, ci sono i principali protagonisti della vicenda, i dieci dipendenti che presto non avranno più un lavoro e un reddito, anche minimo, per sostenere le famiglie.
Loro hanno fatto quello che potevano riducendosi l’orario di lavoro. In 4 svolgono attività per 5 ore, in 3 per 3 ore, in 2 per 2 ore e, addirittura, uno per un’ora rispetto alle circa sette ore giornaliere previste dal contratto di lavoro.
Suor Anna afferma, dal canto suo, che nonostante il sacrificio dei dipendenti non riesce ancora a coprire con le entrate la spesa degli stipendi.
Ci sono, comunque, altri soggetti interessati ad aiutare la superiora a salvare i posti di lavoro.
Il sindaco Manganella, da noi intervistato si è offerto a collaborare per incrementare il numero degli anziani da ospitare nella casa di riposo. A studiare, in un sereno confronto, come intervenire nei lavori di manutenzione dei locali dell’istituto religioso.
Salvatore Lupo, presidente del Consiglio comunale, che è, da imprenditore del particolare settore, disponibile ad “aiutare suor Anna nella riorganizzazione del servizio di assistenza agli anziani, ottimizzandolo al punto da renderlo produttivo senza ricorrere ai licenziamenti, che intanto potrebbero essere sospesi almeno fino alla certezza che non possano essere scongiurate le perdite finanziarie”.
C’è in buona sostanza la buona volontà di tanti soggetti, istituzioni comprese, ad aiutare suor Anna e i dipendenti del Boccone del Povero. E ci sono, innanzitutto, gli insegnamenti del Pontefice che dovrebbero fare riflettere tutti.