Si chiama Nimby, non nel mio giardino, e identifica un atteggiamento che si riscontra, per varie ragioni, nelle proteste contro opere di interesse pubblico.
Le campagne elettorali, i seminari e i comizi non trascurano mai i temi dello sviluppo e del occupazione, ma appena un insediamento produttivo esce dal dibattito e dalla palude delle procedure farraginose della pubblica amministrazione viene colpita dall’ effetto NIMBY. Tutto, ma non nel mio giardino.
E’ un classico anche dalle nostre parti.
L’impianto che dovrebbe sorgere a Realmonte di trattamento della cainite estratta da quella miniera, che sarà trattata con acqua salata, incontra già l’avversione del sindaco di Realmonte e sembra dalla popolazione. Alcuni sindacati pubblicamente hanno espresso il loro favore per un investimento che creerà 200 posti di lavoro aggiuntivi, mentre l’ amministrazione comunale per timore di inquinamento nelle acque del loro mare sono disposti a rinunciare alle entrate che la società Italcali risarcirebbe e con le quali potrebbe ridurre i costi della famigerata Imu alle famiglie.
Non sembra allo stato dell’arte che sia stato compiuto un vero studio e pertanto l’inquinamento ad oggi sembra solo temuto.
Né che siano stati suggeriti dall’amministrazione comunale o da esperti meccanismi di tutela aggiuntivi, perché nessun tavolo di concertazione istituzionale sembra stato attivato con gli enti autorizzatori, l’azienda, comune e soggetti in rappresentanza di interessi collettivi.
Colpisce che nelle dichiarazioni degli amministratori, tra le rivendicazioni non ci sia la richiesta di dare priorità nelle assunzioni ai propri cittadini.
Pensiamo che se per l’ILVA di Taranto è stato ricercato un equilibrio per non contrapporre il diritto alla salute con quello di una occupazione dignitosa e in sicurezza, meglio si possa fare per un progetto che ancora dovrà realizzarsi. L’interesse di tutto il territorio è di realizzare l’impianto e che le istituzioni, anche quelle locali verifichino che siano a norma.