Saranno la competente Commissione presso il Ministero dell’Interno e la Corte dei Conti a dire l’ultima parola che decreterà lo stato di dissesto del Comune di Favara. Il consiglio comunale, organo preposto alla dichiarazione del dissesto, ieri sera ha esitato l’atto, su proposta dell’amministrazione comunale, con una votazione dal risultato scontato, tranne due “colpi di scena”: l’astensione del presidente Salvatore Di Naro e l’uscita dall’aula del consigliere d’opposizione Salvatore Giudice. Entro 5 giorni l’atto deliberativo, che è stato dichiarato di immediata esecutività, dovrà, infatti, essere trasmesso alla speciale commissione del Mistero dell’Interno e alla Procura presso la Corte dei Conti che dovranno esaminare i dati e dare il loro via libera al dissesto, se ritengono che le carte e le argomentazioni prodotte dal Comune siano a posto.
Un consiglio comunale destinato a passare alla storia che ha decretato il fallimento finanziario di Favara che la sindaca Anna Alba non ha esitato un attimo, e non usando certo mezze parole, ad addebitare alle precedenti amministrazioni comunali. Proprio la sindaca ad inizio dei lavori ha spiegato le ragioni dell’urgenza, ma soprattutto ha cercato di convincere che il dissesto è l’unica strada percorribile, già tracciata da tempo e che anche i consiglieri di opposizione dovevano votare. Argomentazioni che com’era prevedibile non hanno fatto presa sull’opposizione ad iniziare dagli estremi d’urgenza contestati aspramente dai consiglieri di minoranza che, poco prima dell’inizio della seduta, avevano inscenato una manifestazione di protesta per dire no al dissesto con striscioni in piazza Cavour dinanzi al Comune. Quindi la seduta del Consiglio Comunale che, diciamolo subito, non è stato bello a vedersi sia per i toni aspri messi in campo, ma anche per le continue cadute di stile e per i troppi scontri verbali tra alcuni consiglieri comunali di minoranza verso la presidenza, che molto spesso è stata debole e fragile, facendosi scappare di mano la direzione della seduta.
Ne è derivato che l’aula “Falcone e Borsellino”, luogo principe preposto per la discussione politica e amministrativa, ne è uscita mortificata. Su tutto le accuse lanciate dal consigliere Tonino Scalia che, chiedendo quello che l’amministrazione ha fatto in questi 5 mesi di governo della città, rivolgendosi al vice sindaco Lillo Attardo, ha parlato di “bando gonfiato dei rifiuti”. Accuse anche alla dirigente del settore finanze Carmelina Russello che ha egstito i bilanci e predisposto il Piano di riequilibrio che adesso ripudia. Ma anche all’assessore alle finanze Crocetta Maira additata come “fautrice del dissesto”. Accuse e illazioni non digerite dalla sindaca Anna Alba che ha invitato Scalia a rivolgersi all’Autorità giudiziaria. (Per tutta la durata del consiglio comunale il tenente dei Carabinieri e altri militari sono stati presenti in aula). Il No al dissesto è stato scandito da tutta l’opposizione con diversi interventi, molti a botta e risposta e con il solito scontro con il presidente, che hanno stigmatizzato la decisione dell’Amministrazione di non voler dar corso per motivi politici e non tecnico.amministratvi, al Piano di riequilibrio, magari rimodulandolo, preferendo il default. Alla fine il voto favorevole e l’immediata esecutività.
Che succederà adesso? Favara, se il dissesto verrà accettato, sarà gestita in tandem. Da una parte i 3 commissari ministeriali che avranno il compito di gestire il pregresso e risanare le casse con le azioni che riterranno opportune; dall’altra la giunta comunale che continuerà a governare per l’ordinaria amministrazione con un bilancio risanato ma ridotto al lumicino. Il consiglio comunale, naturalmente, rimane in carica. La deliberazione di eiri sera non è revocabile e, accompagnata dalla dettagliata relazione dell’organo di revisione che ha analizzato le cause che hanno provocato il dissesto, sarà trasmessa, come dicevamo, al Ministero dell’Interno ed alla Corte dei Conti competente. La deliberazione sarà pubblicata per estratto sulla Gazzetta Ufficiale unitamente al decreto del Presidente della Repubblica di nomina dell’organo straordinario di liquidazione che è composto da una commissione di tre membri. Diverse le figure che possono essere nominate: magistrati a riposo della Corte dei Conti, della Magistratura ordinaria, del Consiglio di Stato; funzionari degli uffici centrali o periferici del Ministero dell’Interno, del Ministero del Tesoro del Bilancio e della programmazione economica; i Segretari ed i Ragionieri comunali e provinciali particolarmente esperti, anche in quiescenza; gli iscritti nel registro dei Revisori contabili, gli iscritti nell’albo dei Dottori commercialisti e gli iscritti nell’albo dei Ragionieri.
Una procedura lunga che potrebbe durare mesi. Nel frattempo? Nel mentre il Comune deve andare avanti in quanto il dissesto non determina l’estinzione dell’Ente. Ci sarà comunque una frattura netta. Tutto ciò che concerne il “pregresso” viene estrapolato dal bilancio comunale e trasferito alla gestione straordinaria che si occupa della liquidazione e che ha competenza su tutti i debiti correlati alla gestione entro il 31 dicembre dell’anno precedente a quello dell’ipotesi di dissesto. La Giunta comunale riparte libera da questo fardello. Ma il Comune, comunque, dovrà adoperarsi per il risanamento attraverso l’adozione di provvedimenti eccezionali. L’Ente dissestato è tenuto ad approvare un nuovo bilancio, basato principalmente sull’elevazione delle proprie entrate al livello massimo consentito dalla legge, vale a dire che tutte le tasse comunali (Imu, addizionali, servizi etc.) saranno aumentate il più possibile fino ad arrivare al tetto massimo consentito dalla legge. Dovrà mettere in atto tutte le azioni volte al contrasto all’evasione e al contenimento di tutte le spese, anche quelle per il personale. La spesa per il personale a tempo determinato deve essere ridotta a non oltre il 50% della spesa media sostenuta a tale titolo per l’ultimo triennio antecedente l’anno cui l’ipotesi si riferisce. Su tale settore più volte è stato detto che la Regione, come successo per altri Comuni, dovrebbe attivare uno speciale fondo che serve per coprire tali spese. Il comune è altresì tenuto a contribuire all’onere della liquidazione in particolare con l’alienazione del patrimonio disponibile non strettamente necessario all’esercizio delle funzioni istituzionali.
La dichiarazione di dissesto finanziario rappresenta senza dubbio un punto di svolta ed a pagarne il salato prezzo saranno ancora una volta i cittadini poiché il crack dell’Ente produce una serie di effetti a catena, che in un certo senso paralizzano la vita stessa del Comune, soprattutto in ambito economico-finanziario e sociale.