Un danno erariale di oltre 12 milioni di euro. Che dovranno pagare: è stato sentenziato dalla Sezione giurisdizionale d’Appello della Corte dei Conti che ribalta il verdetto di primo grado che si era chiuso con le accuse della Procura respinte e con l’assoluzione. Il caso riguarda il cosiddetto scandalo del 118.
I destinatari della condanna sono diciassette politici, tra ex esponenti del governo Cuffaro ed ex componenti della commissione Sanità all'Ars. Oltre all’ex Governatore della Sicilia, sono coinvolti gli assessori di allora: Michele Cimino, Innocenzo Leontini, Carmelo Lo Monte, Antonio D’Aquino, Francesco Scoma, Francesco Cascio, Fabio Granata, Mario Parlavecchio, Giovanni Pistorio e i membri della commissione Sanità del tempo: Santi Formica, Nino Dina, Giuseppe Basile, David Costa, Giuseppe Arcidiacono, Giancarlo Confalone, Angelo Stefano Moschetto.
Alla base di questa sentenza di maxirisarcimento, secondo i giudici contabili, una serie di assunzioni, tra il 2005 e il 2006, della società che all'epoca gestiva il 118 in Sicilia. Una società interamente partecipata dalla Croce rossa italiana, a cui la Regione Siciliana aveva affidato mediante convenzione il servizio. “L’incremento del personale con qualifica di autista-soccorritore è stato ritenuto privo di qualsiasi concreta giustificazione giuridicamente apprezzabile”.
“Apprendiamo con stupore che la Sezione Giurisdizionale di Appello della Corte dei Conti della Regione Siciliana ravvisi il danno erariale ed emetta a nostro carico una sentenza di segno opposto a quella di primo grado che, invece, aveva a suo tempo escluso qualsiasi responsabilità per colpa, in capo ai componenti della giunta regionale di allora, tra cui i sottoscritti all’epoca assessori al Territorio, alla Cooperazione e al Lavoro, e in quanto tali non investiti di alcuna diretta e specifica competenza in materia”.
Lo affermano in una nota congiunta Francesco Cascio, Michele Cimino e Francesco Scoma che poi aggiungono ”Noi in seno alle deliberazioni di quella Giunta, relative al procedimento di affidamento del servizio 118, abbiamo solo preso atto di una proposta dell’allora assessore alla Sanità, Pistorio, peraltro, confermato da tutti gli assessori che si sono succeduti, quindi, non abbiamo avuto nulla a che fare con un coinvolgimento diretto nella questione”.
Cascio, Cimino e Scoma osservano ancora: “Lascia, inoltre, amareggiati che dopo essere stati assolti in primo grado con una sentenza della Corte dei Conti che respinge la fondatezza della questione, oggi in secondo grado, non si tenga neppure conto della relazione istruttoria del Messina, dirigente del servizio ispettivo della Finanza Pubblica dello Stato, il quale chiamato come perito di parte della Procura in primo grado, con riferimento alla situazione riscontrata anche nella nostra regione, deponeva a favore dell’aumento di questo personale, dichiarando egli “per garantire la presenza nell’arco delle 24 ore di un autista e di un soccorritore è necessaria la disponibilità di 5/6 autisti soccorritori e di 5/6 autisti per un numero complessivamente pari a 10/12 addetti”. “Ci chiediamo – concludono Cascio, Cimino e Scoma – come sia possibile passare da un’assoluzione in primo grado ad una condanna in secondo, senza che si consideri minimamente che non solo non eravamo assessori al ramo all’epoca, ma peggio ancora come la Procura non tenga conto neppure delle risultanze dei propri periti di parte”.