“Lo Sciascia ritrovato” apre la nostra nuova rubrica di cultura che abbiamo voluto chiamare, nella tradizione giornalistica, “Terza pagina”.
Questo primo articolo rappresenta per Siciliaonpress “Il Fragapane ritrovato”, ché ritorna a lavorare con me dopo un’interruzione di circa un anno. Antonio curerà la rubrica e sono convinto che saprà conquistarvi. Franco Pullara
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Un "tesoro nascosto". Così infatti può essere definito il volume La storia della mafia, lavoro pubblicato da Leonardo Sciascia nel 1972 sulla rivista Storia illustrata e da allora andato perduto. Quest'opera dello scrittore di Racalmuto, ultima di una serie di interessanti sue riscoperte, costituisce il primo titolo dato alle stampe dalla casa editrice Barion (collegata alla ben più famosa e storica Mursia) e si compone del ritrovato scritto sciasciano, arricchito dall'intervista che Stefano Vilardo, amico di lunga data del maestro di Regalpetra, ha rilasciato al giornalista Giancarlo Macaluso, e di un'analisi critica di Salvatore Ferlita.
La pubblicazione de La storia della mafia ci dà oggi l'opportunità di apprezzare ulteriormente la lungimiranza che Sciascia ha sempre manifestato e con cui ha forgiato i suoi ragionamenti, i suoi scritti e i suoi interventi. Scrive infatti, in anni in cui si è ancora ben lontani dal solo intuire il fenomeno criminale di cosa nostra, che "la mafia è un'associazione per delinquere con fini di illecito arricchimento che si pone come intermediazione parassitaria, con mezzi di violenza, tra proprietà e lavoro, produzione e consumo, cittadino e Stato".
E' la sua famosa "equazione" sulla mafia, traguardo intellettuale e civile che rappresenta la quadratura del suo cerchio letterario e umano, iniziato con i romanzi Il giorno della civetta, Il contesto e Todo modo e proseguito con gli interventi parlamentari, nei quali, a cavallo tra gli anni settanta e ottanta, la parola mafia scuoteva le non sempre ingenue coscienze politiche dei presenti e faceva impallidire attoniti ministri e membri del governo. Ma La storia della mafia racconta anche come Sciascia scopra durante le sue appassionate ricerche che il termine "mafia" appare già nel vocabolario siciliano del Traina del 1868, che Giuseppe Rizzotto nel 1862 la definisce "associazione" e che il noto antropologo Giuseppe Pitrè la riteneva "una ipertrofia": curiosità storiche che faranno la felicità degli appassionati all'argomento.
Inoltre, si scopre che Vilardo, nell'intervista rilasciata a Macaluso, riconosceva all'amico Sciascia lo "sguardo distaccato di un entomologo", ovvero quello strumento di lucida analisi che costituì la cifra stilistica dello scrittore di Racalmuto e che lo portò a predire, in anni assolutamente non sospetti, che "quando la mafia si arricchisce, e ci vuol poco con la ricchezza che muove, sforna avvocati, medici, imprenditori, professionisti. Colletti bianchi. Cambia la forma del mafioso, ma la sostanza resta sempre quella". La storia della mafia rappresenta un ulteriore e importante tassello dell'articolato puzzle che è la produzione letteraria sciasciana e contribuisce a definire ancor di più lo spessore e la caratura dell'autore che "contraddisse e si contraddì" e che è stato la coscienza civica della letteratura italiana della seconda metà del novecento.
Antonio Fragapane
1 commento
Mi permetto di suggerire ai lettori, per poter amalgamare fino in fondo questa ricerca sul “pensiero passato della maffia” che risulta contestualmente un tassello fondamentale che ci trascina nella comprensione del malo affare dei nostri giorni, la lettura di un libro dove “Lo Sciascia ritrovato” ha trovato ulteriore essenza nel far nascere il suo pensiero “illustrato colle parole” nei suoi splendidi capolavori…
Il libro è “Questa mafia” di Renato Candida, personaggio “reale” che ha scaturito la figura letteraria de “Il giorno della Civetta”.
Sono compiaciuto nel sapere di questa nuova Rubrica, che arricchisce un giornale on line già squisitamente innovativo e che con Antonio Fragapane saprà ancor di più conquistare i lettori.
Grazie