Su un quotidiano nazionale oggi il Presidente della Tecne, Carlo Buttaroni, pubblica la sua analisi del voto politico del 24e 25 febbraio, affermando che è arrivato l’anno zero.
La crisi non riguarda solo l’economia, dalle urne, secondo lo studio, è rappresentata “un’ idea di società che si rafforza nelle sue vocazioni primarie: lo sviluppo di qualità, la sanità, l’assistenza ai più deboli, l’istruzione, l’attenzione al bene comune, la tensione a operare nella giustizia e a favore di tutti”.
Buttaroni, scrive che al Paese serve un colpo d’ali, una politica che si faccia carico di una volontà di rifondazione morale, civile, economica, uscita dalle urne. Un ritorno alla responsabilità delle scelte, “perché tanti rivoli sociali hanno preso la forma della ribellione”. E’ stata la caduta del nostro muro di Berlino, continua l’ indagine, non un voto di protesta, ma il “distacco di due placche sociali” e lo si vede nella differenza dei gesti elettorali dei giovani e anziani e nelle differenze tra chi riesce a preservare un briciolo di garanzie ( come i lavoratori dipendenti) e chi invece, non le ha mai avute e mai, probabilmente, le avrà.
Un terremoto i cui numeri parlano da soli: 8,7 milioni di cittadini hanno votato 5 stelle. Oltre 2,5 milioni gli vengono dal centrosinistra, 3,1 milioni dal centrodestra e 2 milioni dall’astensionismo.
Nessun paragone con la crisi del “92 che fece vincere Berlusconi due anni dopo. La forza distruttiva accumulata nel paese viene dal profondo. Dal 2001 l’ ITALIA cresce meno rispetto a tutto il mondo. E’ stato fatto un uso dissennato del suolo e si è inquinato di tutto.
Costruite cattedrali nel deserto, invece di ferrovie, condonato ogni nefandezza contro il bene pubblico. Sono rimasti privilegi di scandalose retribuzioni e pensioni, mentre si condannavano i giovani alla povertà.
Lo studio rileva che se tangentopoli ha rappresentato la caduta della prima Repubblica, l’impotenza della politica ha fatto sprofondare la seconda. “ Governi deboli sempre ostaggio di qualcosa o di qualcuno, incapaci di portare a compimento le riforme profonde” necessarie. L’autore conclude che il “ liquidismo” uscito dalle urne non si ferma con il ricorso all’ uomo forte ma, con una buona politica che abbia la forza di un pensiero per un futuro condiviso e responsabile.