Sono preoccupanti i dati sulle catture accidentali di tartarughe marine da parte dei pescatori professionali nel Mediterraneo, e in particolare nel Canale di Sicilia. I dati emergono dal corposo lavoro dello staff tecnico-scientifico del progetto comunitario LIFE “Tartalife – Riduzione della mortalità della tartaruga marina nelle attività di pesca professionale” (LIFE12 NAT/IT/000937), e che sono oggetto, tra gli altri, di una pubblicazione dell’Istituto di Scienze Marine del CNR di Ancona, ente capofila del progetto, che insieme agli altri partner, e tra questi il Libero Consorzio Comunale di Agrigento, sta portando avanti con successo le attività tecniche e di divulgazione finalizzate alla limitazione delle catture accidentali di qusta specie inserita nella Lista Rossa delle specie a rischio di estinzione dalla IUCN (International Union for Conservation of Nature).
Accanto al disturbo antropico, in particolare del turismo balneare, all’inquinamento e al degrado dell’habitat nei siti di nidificazione, i dati confermano che la minaccia principale è rappresentata dalla mortalità indotta dalla cattura accidentale con attrezzi da pesca, in particolare palangaro derivante, strascico, palangaro di fondo e reti fisse.
Le stime di bycatch delle tartarughe marine nei mari italiani sono state realizzate nell’ambito del progetto Tartalife basandosi sull’esperienza diretta dei pescatori. Quasi 600 interviste, perfezionate con un questionario di venti domande sulla tematica dell’interazione pesca-tartaruga marina, sono state realizzate in più di 100 marinerie italiane, distribuite in tutte le regioni che si affacciano sul mare.
Le stime ottenute dall’azione del Tartalife sembrano delineare una situazione ben più allarmante rispetto a quanto si ritenesse in passato. Gli eventi di cattura riportati per la sola area del Canale di Sicilia nel 2014 sono circa 4500. La quasi totalità delle catture accidentali è dovuta alla pesca a strascico (2839 catture) e alla pesca con i palangari (1188), mentre risulta inferiore l’interazione con le reti da posta. Nel Canale di Sicilia è, dunque, l’interazione con i palangari il fattore di rischio più importante, con stime inferiori solo all’area Ionica e all’area meridionale del Tirreno. E’ verosimile, quindi, che tra 700 e 1200 tartarughe possano morire ogni anno nel solo Canale di Sicilia per gli effetti della pesca.
Un dato preoccupante, se non catastrofico, che giustificherebbe tra l’altro un altro dato: da diversi anni ormai gli esemplari feriti recuperati e trasportati ai centri di recupero (compresi quelli di Lampedusa, Linosa e Cattolica Eraclea) hanno dimensioni decisamente minori rispetto al passato. Si tratta dunque, il più delle volte, di esemplari immaturi, con una drastica diminuzione degli adulti in grado di riprodursi. Il rapido declino e il serio rischio di estinzione della Tartaruga marina Caretta caretta vengono dunque confermati dalle ricerche, che confermano come sia necessario ridurre le catture e di conseguenza il trend negativo della popolazione, già pesantemente condizionato, come detto, da altri fattori.