Dal Vangelo secondo Giovanni In quel tempo, i Giudei raccolsero delle pietre per lapidare Gesù. Gesù disse loro: «Vi ho fatto vedere molte opere buone da parte del Padre: per quale di esse volete lapidarmi?». Gli risposero i Giudei: «Non ti lapidiamo per un’opera buona, ma per una bestemmia: perché tu, che sei uomo, ti fai Dio». Disse loro Gesù: «Non è forse scritto nella vostra Legge: “Io ho detto: voi siete dèi”? Ora, se essa ha chiamato dèi coloro ai quali fu rivolta la parola di Dio – e la Scrittura non può essere annullata –, a colui che il Padre ha consacrato e mandato nel mondo voi dite: “Tu bestemmi”, perché ho detto: “Sono Figlio di Dio”? Se non compio le opere del Padre mio, non credetemi; ma se le compio, anche se non credete a me, credete alle opere, perché sappiate e conosciate che il Padre è in me, e io nel Padre». Allora cercarono nuovamente di catturarlo, ma egli sfuggì dalle loro mani. Ritornò quindi nuovamente al di là del Giordano, nel luogo dove prima Giovanni battezzava, e qui rimase. Molti andarono da lui e dicevano: «Giovanni non ha compiuto nessun segno, ma tutto quello che Giovanni ha detto di costui era vero». E in quel luogo molti credettero in lui. Parola del Signore
A conclusione del capitolo dedicato alla festa della Dedicazione del Tempio, cioè alla festa che celebra il ritorno della presenza di Dio presso il Tempio avviene questa ultima scena di contrapposizione di Gesù ai giudei. Ciò che in realtà è in questione è la stessa presenza di Gesù che dice di essere Figlio di Dio. Mentre si celebra la presenza di Dio nel Tempio, non si riesce a riconoscere il segno compiuto della presenza di Dio nella storia e a gioire per l’incontro con colui che è l’inviato dal Padre. Il dramma dell’incomprensione paradossalmente continua. Gesù, che pure è posto sotto il tiro delle pietre dei giudei, ancora non fugge, ma cerca di persuadere i giudei argomentando a partire dalla comune venerazione per la Scrittura. Come anche i giudei vengono appellati dei perché vicini a Dio, recettori della sua Parola, non dovrebbe essere improprio chiamare figlio di Dio colui che è il santificato e inviato del Padre. Questi due attributi richiamano il profeta Geremia al versetto 1,5: colui che è stato santificato, cioè messo da parte, consacrato, è anche l’inviato. Gesù si definisce così: santificato e inviato per la salvezza del mondo. Eppure questa sua affermazione è ritenuta una bestemmia da espiare con la morte. Gesù si appella ancora alle opere come segno di rivelazione inequivocabile circa la verità della sua testimonianza, ma ormai i margini di comunicazione possibile sono esauriti. Gesù deve ritrarsi al di là del Giordano, abbandonando Gerusalemme, e tornare così ai luoghi dell’inizio della sua missione, dove Giovanni lo aveva per primo riconosciuto e indicato. Ora, a distanza di tempo, dopo la morte dello stesso Giovanni, la testimonianza del precursore è ritenuta vera da molti che credono in Gesù. Accanto al rifiuto ostinato di molti, la Scrittura ci ricorda anche l’accoglienza di altri che proprio a partire dalle stesse Scritture riescono a riconoscere l’annuncio di Gesù e il senso di quanto era stato preannunciato. Questo affidamento iniziale a Gesù dovrà passare ancora per la dura prova della consegna del Figlio nelle mani dei suoi persecutori. (laparola.it)
Fra Giuseppe Maggiore