Dal Vangelo secondo Giovanni In quel tempo, Gesù disse a Nicodèmo: «Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio. E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie. Chiunque infatti fa il male, odia la luce, e non viene alla luce perché le sue opere non vengano riprovate. Invece chi fa la verità viene verso la luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio». Parola del Signore
In questa parte finale dell’incontro con Nicodemo, le parole di Gesù perdono il tono colloquiale, assumendo il carattere di un insegnamento alto e solenne. Al centro, due grandi verità, semplici ed essenziali, come tutte le grandi verità della vita: l’amore di Dio, la fede dell’uomo. Il Padre ha amato il mondo, cioè tutti gli uomini, nessuno escluso, e ha mandato nel mondo il suo Figlio unigenito non per emettere un verdetto di condanna, ma per la salvezza di tutti; la risposta degli uomini è affidata alla fede, cioè alla disponibilità a riconoscere il Figlio e a credere in lui. A queste due verità Giovanni accosta alcune coppie di termini, che illustrano, in una sorta di antitesi drammatica, la posta in gioco: la morte e la vita, la condanna e la salvezza, la luce e le tenebre, il male e la verità. La differenza naturale tra vivere e morire, anzitutto, qui è radicalmente capovolta: attraverso la morte del Figlio, una nuova vita – straordinaria, diversa – è donata al credente: una vita che non muore e che sorge dal dono e dalla fede. Da questo rapporto tra il dono della vita e la risposta della fede dipende anche il rapporto tra condanna e salvezza: la condanna non viene dall’alto e non è ancora emessa, la salvezza non viene dal basso ed è già stata donata. I giochi nella storia sono aperti, il “sì” di Dio è stato pronunciato, ora tocca all’uomo, ma il “si” o il “no” della fede avranno una conseguenza immediata: «chi non crede è già stato condannato». Sul mondo non è stato emanato un verdetto preventivo, il giudizio dipenderà dalla risposta umana: la luce è venuta nel mondo, chi le ha preferito le tenebre rimane rintanato dentro le sue opere malvagie. L’eterna lotta tra il bene e il male viene riconsiderata come lotta tra la luce e le tenebre. Chi opera il male s’illude di evitare la condanna nascondendosi, ma in questo modo al male compiuto aggiunge la menzogna. Chi opera la verità non ha paura di venire allo scoperto, perché appaia chiaramente che il suo piccolo “si” ha trovato la risposta che cercava nel grande “si” d i Dio. (laparola.it)
Pace e bene
Fra Giuseppe Maggiore