Dal Vangelo secondo Giovanni In quel tempo, Gesù esclamò: «Chi crede in me, non crede in me ma in colui che mi ha mandato; chi vede me, vede colui che mi ha mandato. Io sono venuto nel mondo come luce, perché chiunque crede in me non rimanga nelle tenebre. Se qualcuno ascolta le mie parole e non le osserva, io non lo condanno; perché non sono venuto per condannare il mondo, ma per salvare il mondo. Chi mi rifiuta e non accoglie le mie parole, ha chi lo condanna: la parola che ho detto lo condannerà nell’ultimo giorno. Perché io non ho parlato da me stesso, ma il Padre, che mi ha mandato, mi ha ordinato lui di che cosa parlare e che cosa devo dire. E io so che il suo comandamento è vita eterna. Le cose dunque che io dico, le dico così come il Padre le ha dette a me». Parola del Signore
Chi è il Cristo? In questo testo Gesù si presenta come “luce del mondo”, luce che avvolge una terra carica di tenebre e di fatica e ha il potere di far rifiorire la vita, anche quando il giorno si spegne, quando tutto finisce e si dissolve ed è difficile celebrare la bellezza di una esistenza, sempre troppo fugace. La gravità delle ore, che tutti sperimentiamo e sembrano occultare la gioia dell’esserci, del pensare, dell’amare, si trasfigura dinanzi alla certezza di una parola: “Io come luce sono venuto nel mondo, perché chiunque crede in me non rimanga nelle tenebre”. Non è solo la promessa di un’eredità di splendore; è una parola per l’oggi, per liberarci dalla nostra cecità e proporci una decisiva lezione sulla vita, così da essere liberati dalle deformazioni che attanagliano il cuore e ci lasciano nell’oscurità, nel buio. Ma se lo sguardo incrocia quello di Gesù, le ferite si sciolgono e le lacrime vengono asciugate. Se apriamo gli occhi alla sua luce, essa sarà come il chiarore dell’alba; se li chiudiamo, diventerà motivo di condanna. Questo ci chiede la presenza di Gesù, del Dio vivente, nella nostra vita: una presenza che è soltanto di misericordia, non di condanna. Il Signore vede la nostra malizia, le nostre miserie, anche quando noi fingiamo di non vederle o le occultiamo a noi stessi; vede le nostre desolazioni e le nostre fatiche, ma ci assicura che è venuto per salvarci. La luce non fa dunque crescere l’oscurità o il dramma: svela piuttosto una sapienza, indica come attuare un esodo da ciò che è caduco e vano e superare la delusione insita in speranze fallaci. Bisogna camminare dentro la luce, questa singolare luce. Ricevere in ginocchio la consegna di una lampada che Gesù ci pone in mano; e lasciarci penetrare dalla luce che è lui stesso, per essere nel mondo e nella storia non una voce nel buio, ma una risposta credibile e luminosa ai pressanti interrogativi di ogni donna e di ogni uomo. Ma per primi dobbiamo far nostro il grido del cieco di Gerico: “Signore, fa’ che io veda”. Fa’ che ritrovi la verità delle cose che, in perfetta comunione con il Padre, hai ascoltato da lui. È un’invocazione: da ripetere e da vivere anche oggi. Perché della luce abbiamo bisogno oggi. (laparola.it)
Pace e bene
Fra Giuseppe Maggiore