Giuseppe Maurizio Piscopo
Intervista a Mario Vasile
Mario Vasile nella vita è un geologo. Nell’Arte è un eclettico musicista della Compagnia popolare favarese che suona le percussioni ballando e sorridendo. Ha girato tutto il mondo portando sempre gioia, felicità, ritmo siciliano e sudamericano. La sua presenza nella Compagnia favarese è un vero arricchimento.
Quando è iniziata la tua avventura nella Musica, l’incontro con le percussioni?
Tutto è successo quasi per caso. Verso la metà degli anni ottanta, dopo aver conosciuto Franco Li Causi, Bellini per gli amici, musicista talentuoso figlio del noto maestro Francesco. La sua frequentazione mi portò a scoprire un mondo nuovo. Quel mondo si chiamava Musica, con una differenza: ero io a farla. Suonavamo nelle feste popolari con una band nata in uno dei quartieri della periferia di Agrigento, con lui iniziai a frequentare i gruppi folkloristici della città e con essi l’incontro con diversi musicisti agrigentini. Decisi così, che nella mia vita avrei fatto musica.
Non posso fare a meno di ricordare gli anni trascorsi con il fantastico gruppo Val d’Akragas e con esso l’aver conosciuto il mitico Gigi Casesa e Pippo Agozzino. Col gruppo ho girato veramente il mondo da Oriente ad Occidente, appassionandomi sempre di più al mondo delle percussioni.
A farmi innamorare della musica afrocubana è stato il percussionista Agrigentino Pasquale Augello, mi ha fatto conoscere Artisti come Tito Punte, Ray Barretto, Patato Valdes , Poncho Sanchez, Oscar De Leon e tanti altri, con lui ho appreso i primi rudimenti, ma è stato con Il percussionista palermitano Sergio Cammalleri detto Guna, che ho acquisito le basi dei diversi generi musicali afrocubani, dal Son Montuno alla Rumbaal chacha, Bolero al Pilon, Monzabique, ecc…, per poi approfondire con i maestri cubani e portoricani. Ho avuto la fortuna di avere un fratello mio coetaneo, Massimiliano, musicista e polistrumentista d’eccezione; insieme abbiamo condiviso la passione per la musica popolare del sud Italia e quella del Latino America. Oggi mio fratello vive a Bergamo con la famiglia, ma siamo sempre in contatto e parliamo di musica tutte le volte che possiamo. Musicalmente sia io che mio fratello siamo cresciuti a casa Buzzuro, con Giovanni, Francesco, con il papà Salvatore. Ricordo con nostalgia quando ci incontravamo a casa loro in campagna, per provare in vista di serate in giro per la Sicilia. La forza della musica è anche questa, con loro e tanti altri continuiamo a essere amici, anche se le nostre vite si dividono per poi rincontrarci per mezzo della musica.
Oggi, le nuove generazioni hanno grandi opportunità di esplorare il mondo della musica grazie alla rete: oggi il web ha un potenziale enorme, mentre ai miei tempi se non eri nelle possibilità di avere un maestro, cercavi di tirar fuori dai dischi e dalle cassette quello che ti serviva. Ai genitori dico: regalate uno strumento musicale ai vostri figli anziché i video giochi e spiegate loro, che fuori esiste un mondo fatto di persone vere e di emozioni…
Come eri da bambino? Quando hai scoperto le tue qualità musicali?
Mi raccontano: – che ero un bambino abbastanza vivace. Quando mi confido con gli amici di sempre o con i parenti più stretti, dicendo loro che mio figlio Giulio è un bambino abbastanza vivace, in maniera corale e in dialetto siciliano, la risposta è sempre la stessa: “picchì… tu chi eratu saggiu ? ”… Sono cresciuto al Rabato, un antico quartiere della città di Agrigento, lì si cresceva per forza vivaci, bisognava avere gli occhi aperti, molti dei miei amici d’infanzia hanno fatto una brutta fine. Io sono stato più fortunato di loro, grazie alla mia famiglia, allo studio e alla musica. L’approccio con la musica è stato semplice, quasi naturale direi, non ho fatto il Conservatorio, ho una formazione di tipo scientifica, sono un geologo. Lo studio e live sono stati la mia palestra, le cose vere della vita non si studiano, né s’imparano, ma s’incontrano ha scritto Oscar Wilde… Ho avuto e continuo ad avere due grandi amori: uno per la musica popolare dell’Italia meridionale e l’altro per la musica latino americana, nel mio modo di suonare e di interpretare la musica, queste strade si sono di solito incontrate, mi sono divertito, e lo faccio ancora per la verità, a miscelare questi mondi tra loro. Spesso, intreccio tecniche di percussioni e stili musicali dell’America latina o orientali con strumenti e musiche dell’Italia meridionale e viceversa. Vi assicuro che pur mantenendo le tradizioni, il mix è strepitoso.
La tua maniera di suonare è allegra e simpatica. Cosa pensi o immagini mentre suoni le percussioni?
I multi percussionisti, cioè chi suona più percussioni quasi contemporaneamente, sono come i giocolieri, sono molto appariscenti ed esibizionisti. Credo fermamente che la musica oltre ad essere ascoltata vada anche ammirata. Spesso durante i live m’immagino io stesso spettatore. Mi piacerebbe avere dei grandi specchi davanti a me, per guardare quello che sento mentre sto suonando.
Puoi commentare questa frase di un grande scrittore russo Fedor Dostoevskij: “La bellezza salverà il mondo”…
Oggi si fa molta confusione con la bellezza, che ha poco a che fare con l’estetica. La bellezza intesa come il bene in contrapposizione al male, quella si che potrà salvare chi abita questo mondo. Personalmente, vivendo in quest’epoca la vedo come una cosa molto lontana.
Qual è la tua definizione della Musica?
Non ho una definizione standard, ogni musicista ha un rapporto intimo con essa, io ad esempio l’ho amata fin da subito, mi ha accompagnato per quasi tutta la vita, mi è stata sempre accanto, è come un familiare, un parente stretto, un caro amico. La musica mi ha dato la possibilità di vedere nuovi mondi e conoscere tante persone, non potrei farne a meno.
Il pubblico ti conosce come il percussionista storico dei Tinturia”, ci puoi parlare di questa esperienza?
Non me ne vogliano gli altri, ma quella, è stata la più bella avventura musicale e non solo, della mia vita. Ho suonato tanti anni con il gruppo fin dalla prima formazione, potrei parlarne per giorni interi, raccontando aneddoti, avventure, grandi emozioni, gioie, ma soprattutto tante tante risate, con Lello Analfino poi…Devo tanto ai Tinturia, ho calcato importanti palchi e conosciuto tanti Artisti del panorama musicale italiano e attori come Ficarra e Picone. Con loro ho visto cose che voi esseri umani non immaginereste neanche, lì ho lasciato un pezzo del mio cuore. Tinturia si resta a vita e “pittuttavita”…
Dopo i Tinturia, vorrei ricordare un’altra esperienza che ha segnato la mia vita artistica, ed è l’incontro con Antonella Ruggiero, icona della musica italiana. Grazie ad Alfredo Lo Faro, Osvaldo Lo Iacono e Francesco Buzzurro, ho avuto l’opportunità di conoscere non solo una grande Artista, ma una persona semplice e umile, come tutti i veri grandi del resto.
Conosci Alfio Antico, ti piace la sua maniera di raccontare il mondo con la tammorra?
La prima volta che vidi Alfio Antico fu in televisione, spesso era ospite del Maurizio Costanzo Show. All’epoca, ero attratto anche da un altro percussionista di tamburi a cornice: Glen Velez, ma Alfio per me era diverso, mi affascinava la storia di quest’uomo semplice di Lentini che nella sua vita era stato anche pastore e costruttore di tamburi a cornice. Più di tutti ha rivoluzionato e arricchito la tecnica della tammorra e dei grandi tamburi a cornice. Oggi, vi sono tanti bravi tamburellisti in Italia, ma lui rimane unico, ancora presente nelle scene del panorama musicale, lo definirei per il suo stile inconfondibile e inimitabile, il Tito Puente dei tamburi a cornice.
Quali sono i tuoi Musicisti di riferimento?
Non ho mai avuto Musicisti di riferimento, e credo che non li avrò mai, non mi sono mai ispirato a nessuno in particolare, ne ho conosciuti e seguiti tanti, ed ho appreso tanto da loro, direttamente e indirettamente, dai più noti nel panorama della musica mondiale ai meno conosciuti e non tutti sono stati percussionisti.
Come avrei potuto poi? Il mondo delle percussioni è vastissimo, ho iniziato con le percussioni dell’Italia meridionale, con tamburelli e tammorre, tamburi a cornice per intenderci, per passare quasi subito a stili musicali diversi: dalla musica cubana, in particolare, alla musica brasiliana, non tralasciando le percussioni Africane, e orientali. Con i musicisti con i quali ho fatto e continuo a fare musica, imparo sempre qualcosa di nuovo, mi spiace non poterli ricordare tutti, rischierei di dimenticarne qualcuno.
Puoi commentare questa frase: “La Musica è pericolosa”! Cosa intendeva dire secondo te il Compositore Nicola Piovani? La frase appartiene al regista Federico Fellini, ma Piovani ne ha ricavato un libro…
La Musica è tra le tante cose, anche e soprattutto un mezzo di comunicazione tra i popoli e la loro gente. Una cosa hanno in comune con tutti i popoli che abitano il pianeta terra: la musica, ed un motivo ci sarà. Dipende sempre dell’uso che se ne fa, come in tutte le cose. Non conosco le motivazioni per le quali Fellini abbia coniato questa frase, e Piovani, addirittura, ne ha scritto un libro.
E se è vero che «la musica è pericolosa», come diceva Fellini, è un pericolo che vale la pena correre perché regala inaspettati scampoli di divinità, così diceva qualcun altro…
E’ vero che gli Artisti sono “Benefattori dell’umanità”?
Perché limitarlo solo agli Artisti, la creatività è una caratteristica di tutti gli esseri umani. Tutti devono contribuire al bene dell’umanità. Fare della propria vita un capolavoro, non è forse arte? Se ognuno di noi riuscisse anche in minima parte in questo intento, allora si che avremmo fatto il bene dell’umanità intera.
Quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Semplicemente continuare a fare Musica con le persone che mi fanno stare bene, soprattutto con la Compagnia popolare favarese che è il gruppo storico della Sicilia. La Musica è anche questo: un sogno da condividere con gli amici sorridendo…