Abbiamo incontrato in questi giorni un giovane artista favarese, un writer, un talento naturale, e con lui ci siamo fatti una lunga chiacchierata che di seguito Vi proponiamo.
Ho il privilegio di scrivere abitualmente su questo giornale, e attraverso il giornale ho deciso di presentarVi, settimanalmente, le giovani eccellenze della nostra città, abbiamo incontrato la giovane Selene Caramazza, a breve, incontreremo Giuseppe francolino il pianista premiato ieri a Montecitorio, poi Daniel, poi Giovanni e poi ancora Giuseppe. Cinema, pittura, grafica, verniciatura, Rugby, musica, calcio, tattoo, sono alcune delle categorie in cui la classe ’90 ha partorito eccellenze.
Oggi abbiamo incontrato Luca Palumbo, Architetto e disegnatore, classe ’91. Si definisce Architetto per formazione, grafico per curiosità e disegnatore per passione.
Ciao Luca, la tua attività è poliedrica, spazi dal disegno all’architettura, dallo spray alla grafica, che appellativo dobbiamo utilizzare per denifirti?
Preferisco farmi chiamare “disegnatore” piuttosto che “artista”, evidentemente perché forse artista non lo sono mai stato. Tutto ciò che ho fatto nasce,infatti, da un’esperienza da autodidatta, la voglia quasi spontanea di tracciare un segno, di far nascere qualcosa dal nulla, un qualcosa che mi porto dietro da bambino e che continuo ad alimentare e portare avanti con gli occhi di quello stesso bambino che ero.
Qual è il filo conduttore delle tue opere, la tua idea, il tuo pensiero artistico.
La mia idea sul prodotto artistico può sembrare alquanto strana e frammentaria, ma sicuramente nasce da una serie di coincidenze e relazioni trasversali che si sono mischiate negli anni durante la mia crescita culturale. Una delle influenze più forti è stata senza dubbio quella del writing, i graffiti per intenderci, da bambino, infatti, vedevo quelle scritte enormi sui muri, quelle opere collocate in posti quasi irraggiungibili e non riuscivo a capire come fossero in grado di realizzarle, ma era chiaro che volevo farle anch’io.
Da allora non mi sono mai più separato dagli spray. Un’altra componente importante scaturisce invece dalla mia formazione: una laurea in architettura ti cambia il modo di vedere le cose e concepisci il mondo con un’ottica diversa; impari ad apprezzare e a criticare le città e i luoghi in cui vivi, speri un giorno di migliorarli. Infine una parte più giovane della mia esperienza si concentra sul settore della grafica digitale, argomento, questo, di notevole interesse. Da questa eterogeneità di interessi, dunque, scaturisce anche l’eterogeneità delle mie “opere”, perché è chiaro che non posso essere etichettato con uno “stile”, perché un vero e proprio “stile” non ce l’ho. Mi piace invece parlare di “linguaggio” , quello nasce a priori, sia che usi lo spray, sia che usi il pennello, sia che usi i collage. Anche se preferisco lavorare con gli spray in realtà ho provato sempre a sperimentare diverse tecniche, applicandoli spesso in maniera non convenzionale. Tutto ciò perché credo che ogni segno, ogni tratto, debba essere realmente contestualizzato, deve poter esprimere e comunicare al meglio l’idea per il quale sta nascendo. L’obiettivo della mia “ricerca” è quello di fondere alcuni elementi e discipline in una chiave di lettura unica, anche se spesso questi si trovano a scale ben diverse. Da qui il tentativo di creare un “unicum” tra l’architettura, la grafica e il writing, coniugando elementi architettonici con elementi grafici e pittorici, alterando le scale, mettendo in relazione ogni prodotto al suo contesto, cercando di osservare scrupolosamente il luogo, captandone le sensazioni, i rumori, le percezioni, ai fini di creare dei legami forti all’interno dell’opera in toto.
Progettare un luogo a trecentosessanta gradi significa, per me, dargli un’identità, significa riuscire a comunicare agli altri ciò che quel prodotto vuole essere, sia esso un locale, un biglietto da visita o un semplice muro.
Quali i tuoi progetti per il futuro, quelli importanti, intendo, i progetti di vita?
Tra i miei progetti futuri c’è certamente, in primis, la mia fidanzata, per quanto riguarda la vita privata, per quella professionale, invece, una collaborazione con tre colleghi e amici fraterni, persone di cui mi fido e con la quale condivido la stessa ottica e le stesse idee. Non so dove mi vedo tra alcuni anni, al momento non posso dirlo, ma sicuramente ho scelto Favara come punto di partenza, una città che ha saputo rinascere dalle sue ceneri tramite un cambiamento culturale e sociale radicale alimentato soprattutto dallo spirito della Farm Cultural Park, pertanto, non posso che essere in rotta con questo stesso cambiamento e sperare di alimentarlo, di contribuire con qualche piccolo tassello a rendere migliore il territorio che amo e che quotidianamente vivo.