Giuseppe Maurizio Piscopo
Nato a Palermo il 26 dicembre 1961. Laureato in giurisprudenza nel 1986 all’Università di Palermo, è dal 1992 avvocato e prevalentemente presta la propria attività professionale giudiziaria ed extragiudiziaria a favore di associazioni ambientaliste sia nei giudizi amministrativi ( Tar, Consiglio di Stato, Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana) che penali (Tribunali, Corti di Appello e Corte di Cassazione);
docente in qualità di esperto ambientale in corsi di formazione dagli anni 90.
E’ componente del Centro di Azione Giuridica Legambiente ed è stato coordinatore redazionale della rivista dei centri di azione giuridica legambiente “Toga Verde”.
Osservatore Internazionale per i Giuristi Democratici segue processi che riguardano avvocati ed elezioni e recentemente in tale veste è stato più volte in Turchia e inoltre in Marocco e Tunisia
Come e quando nasce la tua passione per la giurisprudenza?
Credo che sia maturata subito, in realtà la mia passione era e rimane la storia ( passione che ho potuto coltivare anche all’Università, avevo un piano di studi storico giuridico e la prima materia sostenuta è stata Storia Moderna con il prof. Francesco Renda di cui seguii le lezioni) .
Mi sono indirizzato agli studi giuridici per la convinzione della loro utilità pratica per gli interessi che allora maturavo:
– l’interesse per la politica ( avevo partecipato al movimento 77 e mi interessavo da un punto di vista storico-giuridico di mafia e come contrastarla – frequentavo il Centro Impastato che allora era in via Agrigento nella città di Palermo e spesso seguivo dei seminari tenuti da magistrati come Rocco Chinnici, Peppino Di Lello e Giacomo Conte, che avevano fatto le prime indagini sulla gestione dell’acqua a Palermo) ,
– l’inizio della mia passione per la natura e per il territorio: mi ero avvicinato ad una associazione ambientalista e protezionista che organizzava campi di protezione dei rapaci sullo stretto ( allora ero già iscritto alla facoltà di giurisprudenza ).
Come eri da bambino, ricordi il tuo primo giorno di scuola, il Maestro, i compagni, l’atmosfera di quel tempo a Palermo?
Ho ricordi molto vaghi di quel periodo. Sono stato a scuola a Palermo solo nei primi due anni delle elementari, al Marabitti, ricordo però intensamente la zona dove vivevo, via Montalbo e via dei Cantieri, le partite a pallone e l’odore e il sapore dell’iris fritta e del gelato al gusto di zuppa inglese, che mi sono portato in giro per l’Italia, da bambino come sensazione di nostalgia e piacere della mia città.
Un ricordo intenso da primo giorno di scuola l’ho avuto in terza elementare : accompagnato da mia madre in classe al primo piano, nella nuova scuola ( il Collodi di Livorno), appena lei mi lasciò in classe scoppiai in un grande pianto.
A Livorno ho vissuto tre anni, fino al 1971, è un ricordo benissimo. Lì ho vissuto i primi flirt da bambino ed ho visto in Tv quelle immagini che hanno segnato la vita della mia generazione ( come non pensare allo sbarco sulla luna, le prime immagini della guerra del Vietnam e la partita ai mondiali del 70 tra Italia – Germania 4 a 3).
Trasferito con la famiglia ho fatto le medie e tre anni di superiore a Messina. Da bambino ad adolescente ho vissuto in questa piccola città che è caratterizzata dal magico paesaggio dello Stretto e dal suo incantevole mare.
Da ragazzo pensavi che da grande avresti fatto l’avvocato?
Non credo, non avevo esempi in famiglia di avvocati o magistrati , ricordo che sognavo di fare il calciatore o l’astronauta.
Che cosa ha rappresentato la strada nella tua infanzia?
Più che la strada l’oratorio, dove facevo interminabili partite di pallone. Ma anche la strada fa parte della mia infanzia, anche lì partite di pallone e poi in casa giocavo con i soldatini ( cosa che però non mi ha impedito fin da subito di avere una repulsione per le guerre, troppo vivi i ricordi della mia famiglia sui drammi e sulle inumanità vissute nel tempo della seconda guerra mondiale).
Qualcuno ha scritto che il processo penale è il processo dei ricchi, che ne pensi?
Forse formalmente non è corretto dire che il processo penale è un processo per ricchi. Quello che posso notare è che, per vari motivi, tutti pensiamo ai processi penali, o addirittura alle prime fasi di indagine, come se le aule di giustizia fossero aule di verità assoluta. Non credo e non vorrei che fosse cosi.
Sicuramente posso affermare che negli ultimi anni la giustizia civile e quella amministrativa sono sempre più accessibili a chi ha maggiori risorse economiche e non per il costo degli avvocati, piuttosto per lo Stato che rende onerosa una funzione che è costituzionalmente garantita a tutti.
Anche le norme sul gratuito patrocinio non sono in grado di consentire un effettivo esercizio dei diritti.
Com’è amministrata la giustizia oggi in Italia?
Malissimo. Carenze strutturali e di personale e confusi interventi di riforma invece di rendere più semplice e veloce il sistema giudiziario tende a indirizzarlo in un binario morto.
Ma questi problemi affliggono il paese in tutti i suoi settori e servizi fondamentali: Sanità, Scuola, Abitazione, Trasporti, Energia e Telecomunicazioni, oggi ingiustamente affidati ai privati.
Concordo con chi sostiene la mediocrità, a non pensare peggio, della classe dirigente.
Ma le leggi per chi sono fatte, se in galera ci va sempre il poveraccio che ruba la classica “mela” al supermercato?
Questo è quello che è sempre avvenuto nelle società in cui invece di cambiare radicalmente i rapporti tra le persone e le classi sociali si è usato il processo e l’ordine pubblico come controllo e con fini confusi. Andrebbe invece rafforzato il principio costituzionale della funzione rieducativa della pena ( art. 27 Cost.) e intervenire radicalmente sul sistema carcerario ( i suicidi diffusi sono il sintomo di un malessere individuale e collettivo che non trova alcuna risposta dallo stato).
Cosa pensi di questa fiumana di gente che arriva da altre parti del mondo, da guerre, povertà, carestie che ha messo in crisi l’accoglienza?
Qui penso che incida molto il pessimo spirito dei tempi e la mediocrità e pericolosità delle classi dirigenti (politici, giornalisti, operatori del diritto).
Vi è una narrazione assolutamente non corrispondente alla realtà del fenomeno migratorio che viene strumentalizzato, peggiorando poi le risposte della collettività.
Non voglio sembrare un freddo statistico, ma basta confrontare i dati di chi lascia il nostro paese e gli afflussi migratori per rendersi conto che non è un saldo insostenibile. Naturalmente non distinguo tra profughi e migranti che fuggono da povertà. Sono assolutamente critico sulle politiche europee e del nostro governo sulla questione. Si violano i diritti fondamentali delle persone e si fanno accordi con stati che non li rispettano e questo è veramente grave.
A tale proposito vorrei dire che come legale mi sto occupando della questione MUOS, un impianto di telecomunicazioni militari ad uso esclusivo degli Stati Uniti presente nel territorio di Niscemi, con cui, oltre a non tenere conto degli effetti sull’ambiente e sulla salute delle popolazioni locali, viene utilizzato per scopi di guerra e questo è per me una grave violazione del principio costituzionale che sancisce che l’Italia ripudia la guerra.
Sei stato in qualità di legale nei paesi dove i diritti sono calpestati, mi riferisco al Marocco, alla Tunisia, alla Turchia. Che ci puoi dire di questa esperienza?
Un’esperienza fondamentale per me. Ritengo che fare l’osservatore nei processi che coinvolgono avvocati o dove il diritto di difesa viene reso difficile per gli imputati, mi consente di conoscere realtà che possono rappresentare le crisi sistemiche che rischiamo anche noi in Europa quando ci si spinge oltre il limite del rispetto dei diritti fondamentali.
Inoltre permette di informare l’opinione pubblica su quanto accade in questi paesi.
In Tunisia ho avuto, invece, una esperienza diversa con centinaia di avvocati Italiani abbiamo “riaperto” l’Imperial, la struttura alberghiera dove il 26 giugno 2015 quando un assalto terrorista, arrivato dal mare, lasciò a Sousse 39 vittime.
Il rispetto dell’ambiente in Italia è all’anno zero?
Mi occupo da più di trent’ anni di ambiente, anche come avvocato, debbo dire dopo normative più stringenti e di crescita culturale delle persone nel settore, nel mondo si sta affermando non solo un disinteresse ma un vero e proprio attacco ai diritti conquistati. Assistiamo ad un arretramento complessivo della politica sulla questione ambientale ed a un restringimento degli strumenti di tutela. Anche se recentemente sono stati introdotti nel codice penale i delitti contro l’ambiente che dovrebbero aiutarci ad una maggiore incisività consentendo l’uso di mezzi di accertamento e di repressione nei fatti di reato ambientale più rilevante ( si pensi alla questione Ilva).
Da dove bisogna partire per creare una nuova coscienza civile nei confronti del bene pubblico?
Dalla nostra Costituzione, leggerla e pretenderne l’applicazione. Gli ultimi decenni invece, hanno determinato l’affermarsi di un egoismo diffuso ed oggi tutti ne stiamo pagando il caro prezzo.
Per fare un esempio il concetto di proprietà come esposto nella Costituzione, nel linguaggio comune, anche da parte di chi ha responsabilità istituzionali, ha un significato assoluto e sacrale, con evidenti contraddizioni – ad esempio: il problema dei bisogni abitativi non risolti nonostante la presenza di migliaia di vani vuoti e non gestiti, o l’aberrazione giuridica rappresentata dalle previsioni di una modifica della legittima difesa, la cui norma oggi esistente è molto equilibrata .
Che cosa si nasconde dietro agli incendi dolosi, che colpiscono il Belpaese?
Un insieme di concause stanno dietro agli incendi: dalla criminalità organizzata che ha interessi a speculare sulle aree protette, agli appalti non rinnovati per lo spegnimento degli incendi, gli avvertimenti degli stagionali decisi ad essere reclutati nei mesi estivi, a raid di stampo razzista per fare, letteralmente, terra bruciata attorno agli insediamenti abusivi di stranieri nei boschi, comunque una infinità di cause . L’autocombustione è rarissima e possiamo dire che almeno Il 90 per cento degli incendi sono di origine dolosa. E’ la cartina di tornasole di come siano stati abbandonati di fatto i territori di questo paese
La trattativa stato mafia non va avanti, perché si è fermata?
E’ un argomento complesso che andrebbe approfondito, questo è un paese che, ricordiamo, è passato attraverso le stagioni delle stragi di stato ( a partire da Portella della Ginestra il 1 maggio del 1947 e Piazza Fontana, Italicus, Brescia, Bologna, il caso Moro). Sicuramente è un Paese che per presunte ragioni di Stato ha violato quello che è un principio di uno Stato democratico ( la trasparenza) .
Dei delitti e delle pene di Cesare Beccaria è un libro ancora attuale?
E’ un testo fondamentale della nostra cultura giuridica. Dobbiamo fare in modo che questi insegnamenti non vadano perduti, come sta avvenendo con troppa superficialità.
Noi italiani sul tema della tortura siamo arrivati in ritardo, approvando una legge imperfetta.
Come non ricordare i gravi fatti accaduti al G8 di Genova del 2001, fatti che hanno determinato una condanna all’Italia da parte della Corte europea dei Diritti dell’Uomo, proprio perchè l’Italia non aveva nel proprio ordinamento giuridico il reato di tortura.
Puoi commentare questa celebre frase di uno scrittore russo: “La bellezza salverà il mondo”?
Dostoevskij poneva la domanda nei fratelli Karamazov e l’affermazione: la bellezza salverà il mondo nell’Idiota. Solo i comportamenti virtuosi possono essere la nostra salvezza.
Cosa pensi del libro “Il Gattopardo”?
E’ un libro che descrive i pregi e i difetti di noi siciliani. Lo lessi anni fa e poi il ricordo più recente è legato al film di Luchino Visconti. Devo dire che la mia formazione culturale e l’ambiente familiare mi hanno stimolato a cambiare e non accettare con rassegnazione la mia sicilianità.
Quali sono le maggiori difficoltà per un avvocato?
La professione sta cambiando, e io non vedo positivamente questo cambiamento. Ho sempre ritenuto la nostra professione come un mestiere artigianale, legato ad una cultura umanistica forte. Oggi si tende a concepire gli studi legali come anonime aziende, molti colleghi giovani non si sentono avvocati perchè finiscono per essere dipendenti di studi impersonali. Questa corsa alla pseudo modernità e all’americanismo dei grandi studi sono molto lontani dalla nostra cultura.
Osservo ancora che l’introduzione dell’informatica nei processi invece di costituire un supporto all’attività dei legali finisce, anche a causa dei pessimi software, a rallentare l’attività.
Esistono gli avvocati per i poveri, quelli che non hanno nulla?
Il gratuito patrocinio è stato recentemente modificato consentendo alle fasce di reddito minimo di poter scegliere il proprio legale. Ma in realtà poi avviene che per essi si spendono i più giovani e i più idealmente motivati.
Qual è il libro che tutti gli italiani devono assolutamente leggere questa estate?
“Il Disertore di Siegfried Lenz”, ed. Neri Pozza è un libro che viene tradotto solo ora in Italia ed in Germania ha dovuto attendere più di 60 anni per essere pubblicato: di cui riporto la scheda dell’editore:
Scritto nel 1952, Il disertore ha dovuto attendere 64 anni prima di venire alla luce in Germania. Ritrovato tra le carte di Siegfried Lenz dopo la morte dello scrittore, pubblicato perciò postumo dall’editore Hoffmann und Campe, il romanzo ha suscitato una eco enorme, riaccendendo il dibattito attorno alle colpe e alle rimozioni della Germania negli anni immediatamente successivi alla Seconda guerra mondiale. Lenz che, poco prima della fine del conflitto, aveva disertato ed era riparato in Danimarca, fu costretto, nel 1952, a riporlo nel cassetto dopo che il suo editore del tempo, un ex membro delle SS, si rifiutò di pubblicarlo.
Arricchito da amare riflessioni sulla Germania, sulla patria e sulla guerra, l’opera è un romanzo intenso e fortemente pacifista cui non è certamente estranea l’esperienza di prigioniero di guerra di Lenz in un campo dello Schleswig-Holstein.
Walter Proska, giovane soldato tedesco proveniente dalla Masuria, scampato a un attentato delle forze partigiane a un treno di trasporto delle truppe diretto a Kiev, si ritrova, nell’ultima estate della Seconda guerra mondiale, a «Waldesruh», un forte che non ha nulla della pace silvestre che promette il suo nome. La foresta, infestata da mosche e zanzare, pullula di partigiani armati e il caldo è asfissiante.
Tra quelle anguste mura, i soldati reagiscono ognuno a modo suo. Il sottufficiale Willi Stehauf elargisce sigarette, acquavite e sapone; Zwiczosbirski, «Gamba», intraprende una battaglia persa contro un enorme luccio; Ferdinand Ellerbrok, «Tonto», un trasandato ex artista di circo, cerca di addestrare una gallina; Wolfgang Kürschner, «Pan di latte», scrive lunghe lettere in cui discetta in modo grave e approfondito di morte e di conforto. E Proska si pone domande sempre piú pressanti: che cosa è piú importante, il dovere o la coscienza?
Chi è il vero nemico? Si può agire senza rendersi colpevoli? E dove è finita la bella Wanda, la ragazza dai capelli rossi lucenti come seta e gli occhi turchesi scesa dal treno poco prima che saltasse in aria?
Romanzo che narra di un giovane uomo posto dalle circostanze della storia dinanzi alla piú ardua delle decisioni – scegliere tra la cieca appartenenza alla propria terra e il proprio sentimento della giustizia – Il disertore si segnala come una delle opere piú rilevanti sugli anni che sconvolsero l’Europa e il mondo.