Giuseppe Maurizio Piscopo
Laureato in Scienze Statistiche ed Economiche e Dottore di Ricerca in Statistica Applicata è da sempre appassionato e cultore delle tradizioni popolari siciliane e di quelle del Sud Italia. Cofondatore del gruppo di musica etnica Murra scrive canzoni e anche musiche per teatro. Canta e suona la chitarra classica e la chitarra battente.
Quando nasce la tua passione per la musica?
Probabilmente l’avrò sempre avuta. Da bambino mi piaceva cantare. Quando andavo ancora alle scuole elementari mi fecero fare un provino per mandarmi alle selezioni nazionali dello Zecchino d’Oro. Superai quel provino ma mi rifiutai di andare avanti. Non mi piacevano le canzoni. Poi all’età di 12 anni cominciai a suonare la chitarra, carpendo accordi ai miei fratelli che non volevano insegnarmela. Imparai a suonare una canzone delle “Orme” fatta con tre accordi, memorizzando le posizioni in cui mettevano le dita i miei fratelli: Mi minore, La maggiore, Re maggiore. Ed ecco che nacque una forte passione per la chitarra. Me la portavo sempre a scuola e con un mio compagno, che sapeva suonare molto meglio di me, suonavamo prima del suono della campana e poi durante la ricreazione. Lui mi insegnava canzoni e accordi e così pian piano imparai a ricavarmi gli accordi da solo. Poi, ben presto rimasi folgorato dal canto di Rosa Balistreri e da lì la mia passione cominciò ad indirizzarsi verso un tipo di musica ben preciso: quello popolare.
Ricordi il primo giocattolo che hai avuto?
Francamente non ricordo. Però uno dei miei giochi preferiti era un gioco in un certo senso inventato. Mi piaceva fare le partite di calcio, con tanto di telecronaca, con le figurine dei calciatori. Schieravo 22 figurine sul pavimento o sul tavolo e mi facevo le porte con le scatole delle scarpe. Una pallina di gomma (la palla magica se ti ricordi, quella che ha un rimbalzo eccezionale) fungeva da pallone. 11 figurine da un lato, tutte della stessa squadra, e 11 dall’altro, anch’esse tutte di una stessa squadra; palla a centro e via alla partita con telecronaca da me effettuata.
Come eri da bambino, ricordi il primo giorno di scuola, il maestro unico e l’atmosfera che si viveva a Caltanissetta?
Ero parecchio timido. A scuola ero taciturno ma seguivo con attenzione e interesse le lezioni. Ho un bellissimo ricordo della mia Maestra (la M maiuscola: è stata una grande maestra) perché l’insegnamento migliore che mi ha potuto dare è stato quello di imparare a studiare. Avevo metodo e studiavo sostanzialmente in autonomia.
Caltanissetta era una città molto tranquilla. Andavo a scuola da solo, non occorreva attraversare la strada se non una sola volta e non c’erano le preoccupazioni che si possono avere oggi per i bambini.
Secondo te i bambini di oggi sono felici con i tablet, smartphone e giochi virtuali?
In qualche modo felici lo saranno. Certo l’avvento di questi strumenti sta riducendo sempre più i contatti umani e quelli reali. Ma io sono contento di avere giocato con le figurine e avere fatto il telecronista.
Come vivono oggi i giovani a Caltanissetta?
Forse in passato eravamo più impegnati socialmente, discutevamo di politica, di temi sociali. Magari oggi sono meno impegnati però le passioni
per le arti, la musica ci sono sempre. Vedo molti giovani suonare o fare teatro e con alcuni ho avuto e ho ancora il piacere di condividere progetti musicali.
Puoi descrivere la tua prima chitarra?
La primissima chitarra è stata una Sicilmusic. Una di quelle chitarre che ti lasciava certi solchi sui polpastrelli e dal dolore non ci dormivi la notte. Era la chitarra che mi portavo tutti i giorni a scuola. Poi mia nonna mi regalò una chitarra folk e successivamente una chitarra classica. Da lì la mia passione si diresse verso la chitarra classica. La chitarra folk divenne la mia prima chitarra battente. All’epoca non c’erano internet e i mezzi di oggi tramite i quali puoi venire a conoscenza di forme, suoni, tecniche e quant’altro. Mi affascinava il suono di questa chitarra sentito nei dischi della Nuova Compagnia di Canto Popolare, ma non sapevo proprio com’era fatta. Fu leggendo un libro di Roberto De Simone che scoprii la chitarra battente nella sua forma e nella struttura e pensai bene di riprodurla con la mia chitarra folk mettendo 5 mi cantini e accordandola come la battente. Il suono cominciava a somigliarci. Molto tempo dopo riuscii a trovarne una, anche se di modesta qualità, che comunque aveva la forma della vera chitarra battente. Oggi ne possiedo altre due artigianali di ottima fattura.
Quando nasce il gruppo dei Murra?
Verso la fine degli anni ’70 ci ritrovavamo tra amici in feste private a suonare canzoni di Rosa Balistreri, della Taberna Mylaensis. Da lì, con mio fratello ed altri amici, precisamente nel 1979, nacque l’idea di formare un gruppo di musica popolare. Non sapevamo come denominarlo e la madre di un nostro amico ci suggerì di chiamarci “’A Murra ‘i l’Ancili”. La proposta fu subito accolta soprattutto perché aveva un forte legame con la nostra città; infatti a Caltanissetta “’A Murra ‘i l’Ancili” rappresenta quel che rimane del Castello di Pietrarossa, il castello che sorge appunto nel quartiere “Angeli”. Col tempo abbreviammo il nome del gruppo semplicemente in “Murra” perché ci eravamo resi conto che al di là dei confini di Caltanissetta era difficile intendere quella denominazione, e infatti spesso nei manifesti trovavamo il nome del gruppo sbagliato.
Fu in quegli anni che in me si accese una forte passione per la scoperta e lo studio delle tradizioni popolari cosi ché già all’età di 15 anni mi recavo in autobus, munito di registratore portatile, in giro per i paesi della provincia di Caltanissetta a intervistare e registrare anziani, facendomi raccontare come si svolgeva il lavoro nei campi, nelle miniere e gli usi e le tradizioni di un tempo. L’attività di ricerca veniva poi integrata con la ricerca di materiale nelle biblioteche e tutto questo ha costituito il mio background anche per l’evoluzione della mia musica negli anni successivi.
La mia passione per le tradizioni e lo studio delle stesse l’ho manifestata anche scrivendo, infatti tengo un blog sul sito musicapopolareitaliana.com nel quale ho pubblicato due articoli: uno sulla musica popolare siciliana in generale e un altro sui canti degli zolfatari.
Quali obiettivi ha raggiunto questo gruppo storico di Caltanissetta?
Il gruppo si è esibito dappertutto, in Italia e all’estero, contribuendo a far conoscere la storia, la tradizione della Sicilia e del Meridione d’Italia. E’ stato impegnato in concerti ma anche in rappresentazioni teatrali e ha realizzato anche due CD, oltre a essere inserito in varie compilation. In Italia ricordo gli spettacoli nelle Cinque Terre, in Liguria, nonché quelli all’estero, in Sudamerica, in Germania, a Malta.
Quali sono gli spettacoli più importanti che avete realizzato?
Come ti dicevo prima abbiamo fatto numerosi spettacoli. Ma ne ricordo uno in particolare per le emozioni vive che mi lascia ancora oggi. Negli anni ’80, credo nel 1982, il gruppo si esibì in occasione della marcia per la pace contro la costruzione di una base missilistica a Comiso. In quell’occasione condividevamo il palco con i mitici Inti Illimani. Aprimmo il concertone accogliendo il corteo che sopraggiungeva: in breve tempo lo spazio si riempì di una quantità di persone indescrivibile. Le cronache del tempo parlavano di 80-100 mila persone. Ed io mi ritrovavo accanto a dei miti della musica popolare andina. Non credevo ai miei occhi. Avevo poco più di 18 anni.
So che siete stati in Argentina, com’è andata questa esperienza?
E’ stato un tour in tre paesi del Sudamerica: Venezuela, Ecuador e Argentina. Quando abbiamo suonato per gli emigrati ti rendevi conto come la musica gli trasmetteva il legame con la propria terra di origine e ti accoglievano con estrema gioia. Allo stesso tempo erano forti le emozioni che ti trasmettevano. Proprio una bella esperienza.
E all’Expo’ a Milano?
Anche quella una bella esperienza. Però a mio avviso in quel contesto è mancata una organizzazione coordinata di eventi. Di fatto ogni cluster provvedeva ad organizzare eventi indipendentemente l’uno dall’altro e magari si è persa un’occasione per fare conoscere a una vasta platea le musiche di tutto il mondo.
Tu hai scritto molte canzoni, a quale ti senti più legato?
Premetto che amo tutte le mie canzoni e le mie musiche, in quanto parte di me. Ma in questo momento sono legato principalmente a due. Una è una ninna nanna (Ninna nanna del mare) cantata a tutti quei bambini che viaggiano nei barconi inconsapevoli di stare per giocarsi la vita. Ha una musicalità dolce e augura a questi bambini di arrivare in una terra dove non ci sono guerre. L’altra si intitola “Arrivaru d”u mari” e parla del Sud, della storia falsa che ci hanno raccontato. Quella di un popolo soggiogato che viene liberato dai Savoia e da Garibaldi. In effetti la storia dell’unificazione di Italia è ben altra. Fu una vera e propria guerra di invasione mediante la quale il Nord Italia venne ad impossessarsi delle ricchezze del Sud Italia a colpi di corruzione. A scuola ci hanno fatto credere, e lo si fa ancora ora, che mille eroi vennero a liberare una terra dominata dai Borbone. Come potevano mai mille soldati, che poi neanche mille erano, male armati riuscire a sconfiggere l’esercito più forte d’Europa, ovvero quello dei Borbone, un esercito che contava più di cinquantamila unità? Con finte guerre vinte con la corruzione. Sarebbe ora che a scuola si insegnasse la vera storia, quella del popolo meridionale più ricco di quello del Nord che è stato colonizzato e spossessato dei suoi beni a vantaggio degli invasori.
Qual è la situazione della musica popolare siciliana attualmente?
Credo che in Sicilia la musica popolare non sia molto apprezzata come invece sta avvenendo nel resto del Sud Italia. La Calabria, la Puglia, la Campania sono pieni di festival di musica popolare, perché verosimilmente le amministrazioni locali ci hanno investito. La Notte della Taranta è un festival ormai di fama internazionale e porta turismo nei luoghi. Magari snatura un po’ la tradizione ma in qualche modo la tiene viva. In Sicilia invece non esistono festival di questo calibro. Occorre indirizzarsi verso la valorizzazione delle proprie tradizioni e della propria identità. Questo può essere volano di turismo ma anche e sopratutto risveglio di identità culturale per la gente del luogo. Mi piacerebbe che nel centro Sicilia si facesse un Festival delle Zolfare in grado di valorizzare i luoghi delle miniere e allo stesso tempo la tradizione tutta della nostra isola.
Che ne pensi di come viene raccontata la Sicilia dalle fiction televisive e dal cinema?
In linea di massima ci sono buoni autori che sanno raccontarla nel giusto modo riuscendone a valorizzare luoghi, storia. Su tutti voglio ricordare “Il cammino della speranza” di Pietro Germi che descrive la Sicilia ai tempi dell’emigrazione e che consiglierei di vedere a tutti quelli che oggi osteggiano l’immigrazione dall’Africa, dall’Asia. Ma anche altri film e fiction sono ben fatti, come i film di Crialese, Scimeca o la serie di Montalbano e altri. Quando si affronta il tema della mafia invece si rischia, certamente in modo del tutto involontario, di fare diventare eroi personaggi negativi. Nel mio passato sono stato anche un insegnante di scuola. Un giorno mi sono ritrovato degli alunni di una classe di un istituto professionale riprodurre una scena del film “Mary per sempre”, quella in cui si inneggia alla mafia come si fa con una squadra di calcio. L’episodio mi suscitò profonda tristezza e mi ha fatto riflettere sull’effetto che possano avere certe scene.
Quali sono le maggiori difficoltà per un gruppo oggi?
Le difficoltà sono molteplici, legate prevalentemente alla possibilità di trovare spazi adeguati per poter portare avanti i propri progetti musicali, soprattutto se sono di nicchia.
Quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Ancora tanta musica e tanto Sud nella mia musica, con modi e forme in continua evoluzione. La Questione Meridionale la dobbiamo risolvere prima di tutto noi meridionali stessi, riappropriandoci della nostra identità e vincendo quel senso di minorità che ci hanno inculcato nel tempo (peraltro questo tema lo tratto in un’altra mia canzone, “Questioni meridionali”). Dobbiamo avere l’orgoglio di essere meridionali, per tutto quello che caratterizza il meridione, dalle tradizioni, alla cultura, all’identità.