Giuseppe Maurizio Piscopo
Il Gruppo musicale I Dioscuri nasce nel 1973 con Eduardo Cicala e Giovanni Lo Brutto. Durante i primi anni di attività il duo partecipa a diverse iniziative a carattere regionale, distinguendosi nel campo delle tradizioni popolari siciliane. Nel 1976 arriva la prima esperienza con la Rai, 12 puntate in radio dal titolo: “Pupi e pupazzi”. Nel 1977 la prima tourneè all’estero dove si esibiscono per gli emigranti. Nel 1978 sono i musici di Pipino il Breve di Tony Cucchiara con la regia di Giuseppe Di Martino prodotto dal Teatro stabile di Catania, che li impegnerà per oltre 10 anni nei maggiori teatri italiani e del mondo. Nel giugno 2014 dopo 5 anni di assenza dalle scene, I Dioscuri storica formazione della fine degli anni 70 composta da: Eduardo Cicala, Giovanni Lo Brutto, Franco Sodano, Giovanni Gallo tornano insieme per proporre un concerto ricco di brani e melodie del loro classico repertorio musicale. In questa intervista Giovanni Lo Brutto ci prende per mano e ci racconta la bellissima avventura dei Dioscuri uno dei maggiori gruppi storici della Sicilia.
Quando nasce la tua passione per la musica?
Da bambino, credo. Mio padre era un barbiere di Favara che suonava diversi strumenti a corde e casa mia era sempre inondata di musica. Non ricordo un momento in cui la musica non abbia fatto parte della mia vita.
Ricordi il primo giocattolo musicale che hai avuto?
Si tratta di un’armonica a bocca, di marca tedesca; una Honner, una delle armoniche a bocca più quotate del periodo. Ricordo, che in estate mi dilettavo a suonarla nella trattoria di uno zio a San Leone, la famosa trattoria Vetro, divertendo gli avventori con le musiche del periodo. Una di queste “Le pietre” di Antoine, famoso cantante francese in voga in quegli anni. Mi ricordo che un giorno lui venne a pranzare nella trattoria di mio zio e mi vennero quasi gli svenimenti nel vedere il mio idolo di presenza, io per accoglierlo nel migliore dei modi, intonai la sua famosa canzone. Lui vedendo quel bambino che suonava quello strumento mi invitò a suonare con lui la sera alla” Focetta” famoso night del periodo a San Leone, dove lui si sarebbe esibito. Ricordo ancora con emozione il momento in cui mi prese sulle spalle e mi fece intonare con l’armonica il motivo principale della sua famosa canzone. Dimenticavo di raccontare, che prima della scappatina dalla trattoria ci fu la preparazione e la vestizione, misi la giacchetta della domenica , camicia bianca, con pantalone bianco e occhialini da sole scuro che non mi facevano vedere niente. Forse volevo imitare Rocky Roberts (altro cantante di moda del periodo). Fu un grande successo ma ci furono anche tanti rimproveri e tante botte , perché ritornai alle due di notte senza avere detto niente ai miei zii.
Come eri da bambino, ricordi il primo giorno di scuola, il maestro unico e l’atmosfera che si viveva allora ad Agrigento? Secondo te i bambini di oggi sono felici?
Dicono tutti che da bambino fossi molto irrequieto, ed io ci credo perché irrequieto forse sono ancora oggi. Il mio primo giorno di scuola lo ricordo ancora con un sorriso. Avevo un grembiulino nero con il collettino bianco ed un fiocco azzurro e ricordo che tornai a casa col grembiulino bianco, il colletto nero ed il fiocco strappato. Si viveva in un’atmosfera più genuina; bastava poco per divertirsi e giocare, i bambini avevano più fantasia e non c’erano videogiochi e tutte queste macchine infernali, bastava poco per divertirsi, con due cuscinetti potevi costruirti il monopattino, se ne avevi tre il carrettino con dei tappi di latta giocavi a fussité con due pezzi di legno uno piccolo e l’altro più grande, giocavi al “lignusantu” il baseball siciliano . Era tutto più puro. Credo che i bambini di oggi siano felici, ma molto diversi da quelli che noi eravamo.
Come vivono oggi i giovani ad Agrigento hanno passione per la musica?
Oggi, come ai miei tempi, vedo che i giovani sono sempre appassionati per la musica. Noto entusiasmo, passione e voglia di fare tra loro, soprattutto per la riscoperta e valorizzazione delle tradizioni popolari. Ma anche altre band di diversii generi, si affacciano al panorama musicale regionale riscuotendo successo soprattutto tra i giovani.
Puoi descrivere il tuo primo mandolino?
Il mio primo mandolino, mi è stato regalato da mio padre, era un antico mandolino con almeno 120 anni di storia, che a sua volta un Barone di Favara, a cui lui giornalmente faceva la barba, gli aveva regalato in cambio delle rasature fatte. Di origini lombarde, era un mandolino piatto con la bocca intarsiata con quattro fiorellini di madreperla e abalone dal suono soave. L’ho usato per tantissimi anni nei nostri spettacoli e lo ricordo ancora come un bene prezioso del regalo fattomi da mio padre.
Cosa hai appreso da tuo padre che era un barbiere di Favara?
Di certo l’arte della musica, poiché è stato il primo a tramandarmela. Da lui ho imparato il rispetto per la famiglia e l’altruismo. Mio padre era un uomo onesto, allegro e buontempone, caratteristiche che credo di avere ereditato.
Puoi raccontare della Barberia di tuo padre?
Non sono mai arrivato a vederla o a entrarci perché troppo piccolo, ma lui era solito raccontarmi aneddoti divertenti, che spesso si inventava e a cui io ho creduto fino a poco tempo fa. Uno di questi è quello del nobiluomo che andava ogni giorno a farsi la barba da lui. Era il periodo in cui andava molto di moda il tabacco da naso e ricordo che mio padre mi raccontava sempre che questo nobiluomo aveva sempre il gilet sporco di tabacco. Un giorno, per una svista, mio padre mi raccontò di avergli tranciato di netto il naso e, forse per lo spavento, gli rimontò il naso al contrario, di modo che le narici, che prima davano verso il basso facendo cadere tutto il tabacco sul gilet, adesso erano rivolte verso l’alto, non facendo cadere più il tabacco. Mio padre diceva sempre che il nobiluomo gli fu sempre riconoscente. Ed io per anni ci credetti veramente!
Hai conosciuto i fratelli Li Causi?
Si, li ho conosciuti e li ho sempre ammirati come i più grandi suonatori di strumenti a corde, autori dell’inno siciliano conosciuto in tutto il mondo, Vitti na crozza. Per questo è da anni che mi batto, insieme ai miei colleghi Dioscuri (anche durante i nostri concerti) per chiedere agli amministratori locali e alla commissione toponomastica agrigentina di dedicare loro una via o una piazza. Propongo ancora al Sindaco di Agrigento, persona molto sensibile di adoperarsi a portare avanti questa iniziativa.
Cosa pensi dei gruppi folcloristici?
Ho cominciato a girare il mondo con il gruppo folklorico “Valle dei templi” e all’età di quattordici anni mi trovavo n Tunisia partendo con il certificato di affidamento per avere il mio passaporto, esperienze bellissime che ti fanno crescere quindi la reputo un’attività molto valida, soprattutto per la valorizzazione delle nostre tradizioni popolari, ma quello che mi piace di più è la possibilità che hanno i giovani che vi partecipano di girare il mondo e condurre una vita sociale sana e serena, caratterizzata da musica e allegria.
Quando nasce il gruppo dei Dioscuri?
I Dioscuri nascono nel 1972, inizialmente con il nome “Duo Folk Dioscuri”, eravamo io ed Eduardo Cicala. In seguito si è aggiunto al gruppo Franco Sodano con cui nasce il primo disco 33 giri, “Terra birbanti”. Nacque tutto come un gioco e invece poi si trasformò in una vera e propria professione. Mi ricordo che dopo esserci esibiti nelle varie piazze della Sicilia partimmo alla volta di Roma con uno spettacolo di musica e cabaret che mettemmo in scena con il compianto Franco Catalano presso un teatro di Trastevere dal titolo: “Però lo stato dice che…”, dove una troupe della trasmissione RAI “L’altra domenica”, condotta da Renzo Arbore ci fece il nostro primo servizio televisivo. Vi lascio immaginare la gioia di tre ragazzi ventenni che approdano per la prima volta in televisione. Per noi quella esperienza fu la molla a fare iniziare la nostra avventura professionale.
I Dioscuri e il teatro: Pipino il breve, i Dioscuri e la Tv, i Dioscuri e le piazze…
In una di queste repliche romane venne ad assistere allo spettacolo Tony Cucchiara, il quale era in procinto di preparare il musical Pipino il breve, a cui ci chiese di partecipare. Spettacolo che decretò la nostra fortuna in questo ambito.
Quali obiettivi ha raggiunto questo gruppo storico di Agrigento che ha girato il mondo?
Tantissime tourneè, una delle quali è quella che abbiamo fatto con lo spettacolo “Pipino il Breve” , con cui abbiamo girato il mondo in lungo e in largo, visitando posti come l’Argentina, l’ Australia, Broadway. Mi ricordo che vedere gli americani che assistevano allo spettacolo con la traduzione simultanea era per noi fantascienza, ma fondamentale per riuscire ad essere coinvolti totalmente nel divertimento recitativo e musicale dello spettacolo era per noi. Era l’inizio dell’era della tecnologia moderna e noi assistemmo a questo momento.
Quali sono gli spettacoli piu’ importanti che avete realizzato?
Per un decennio siamo stati adottati dal Teatro Stabile di Catania con numerose produzioni che hanno girato in tournée per tutta Italia toccando i più importanti teatri della penisola. Oltre a” Pipino il breve”, abbiamo preso parte alla messa in scena de “La Baronessa di Carini”, con la regia del grande Giuseppe Di Martino, a seguire ““Cunta e canta” con Tony Cucchiara e “La Sagra del Signore della nave”, con la regia di Lamberto Puggelli. Dopo l’esperienza di Catania , fu la volta di Palermo, dove collaborammo con il Teatro Lelio mettendo in scena grandi produzioni. Alcune di queste sono sicuramente “L’Orlando eroe”,” Il Cortile degli aragonesi”, “Antigone” per la regia di Giuditta Lelio, persona con la quale fino ad oggi ci teniamo in contatto e ricordiamo sempre con tanto affetto.
Altra parentesi importante della nostra carriera è quella dell’attività svolta con il Teatro Biondo Stabile di Palermo con cui abbiamo condiviso un altro bel periodo lavorativo, caratterizzato da tourneè in tutta Italia e matinée per le scuole. Mi riferisco a spettacoli musicali come “Giufà,”Bertoldo,”Don Chisciotte”, Pinocchio” con la regia di Pietro Carriglio, Roberto Guicciardini, Roberto Gandini e Pippo Spicuzza.
So che siete stati all’estero, anche in America. Com’è andata questa esperienza?
Con il teatro abbiamo girato il mondo , ma anche con i nostri concerti abbiamo portato in giro la nostra musica, toccando quasi tutti gli Istituti italiani di cultura del mondo.
Trovarsi a Chicago, Caracas o Buenos Aires e vedere con i propri occhi i nostri connazionali commuoversi ascoltando “Vitti na crozza”, ci ha fatto rendere conto di come un emigrato non dimentichi mai la propria terra e di quanto, a distanza di anni, continui ad amarla.
Tu hai scritto molte canzoni, a quale ti senti piu’ legato?
Gli autori del nostro repertorio siamo quasi sempre stati noi Dioscuri, in quattro abbiamo sempre firmato testi e musiche e lavorato tantissimo nella ricerca. Sicuramente il brano” Amuri amuri”, colonna sonora dello sceneggiato televisivo di Raidue “Un siciliano in Sicilia” con la sceneggiatura di Andrea Camilleri e la regia di Pino Passalacqua, è sicuramente la canzone che ancora ci emoziona quando la eseguiamo. L’altro brano è “Tirichitolla”, brano con cui diversi anni fa duettammo con il grande Lucio Dalla. In quella stessa occasione, eseguimmo insieme a lui uno dei suoi brani più famosi; Piazza grande, riarrangiando il pezzo con gli strumenti della nostra tradizione. Fu una cosa improvvisata e lo stesso Lucio, capendo la difficoltà nel riarrangiare completamente un brano del genere con strumenti che nel brano non esistono, si complimentò con noi per la professionalità e l’amore che ci mettemmo nel farlo.
E ancora oggi, per ricordare quel momento, nei nostri concerti facciamo un mix di Tirichitolla e “Piazza grande”
inserendo anche strumenti diversi della nostra tradizione come il bouzuki greco o le percussioni africane.
Qual e’ la situazione della musica popolare siciliana attualmente?
La Sicilia ha sempre avuto gruppi eccellenti che si sono occupati negli anni di musica etnica popolare. Tra questi bisogna per forza nominare i Taberna Mylaensis, i Lautari, la Compagnia popolare favarese e i Cilliri. Ma sono stati in pochi ad osare e a rinnovare la nostra tradizione musicale. qualche novità musicale inserendo anche strumenti diversi della nostra tradizione come il bouzuki greco, la chitarra battente, le percussioni arabe. Con i Dioscuri ci abbiamo provato; abbiamo inserito nel nostro repertorio strumenti come il bouzuki greco, la chitarra battente e le percussioni arabe. Abbiamo ricevuto tante critiche, ma sono stati molti di più gli apprezzamenti, che ci hanno fatto capire che la strada che stavamo seguendo era giusta.
Perche’ la musica popolare napoletana è piu’ conosciuta nel mondo rispetto a quella siciliana?
La canzone classica napoletana rappresenta uno dei punti d’eccellenza della canzone italiana ed è divenuta nel corso degli anni simbolo dell’Italia musicale nel mondo. I brani del periodo sono stati interpretati nel corso del tempo da numerosi interpreti di fama mondiale i quali hanno contribuito alla diffusione della canzone napoletana. Impossibile dimenticare l’interpretazione di Enrico Caruso, Beniamino Gigli, o quella di Luciano Pavarotti, Claudio Villa, Lucio Dalla e tanti altri. In Sicilia la situazione è sempre stata diversa poiché gli interpreti ed i cantanti veri sono stati pochi, fatta eccezione per la Rosa Balistreri, che ci ha rappresentato e ci rappresenta ancora oggi nel canto popolare. Forse è dovuto proprio a questo motivo il fatto di non avere avuto altri grandi solisti di fama nazionalpopolare come quelli che ha avuto la canzone napoletana.
Che ne pensi di come viene raccontata la Sicilia dalle fiction della tv e del dal Cinema?
Non mi piace fare polemica, ma in questo caso mi è d’obbligo. Credo che, nella maggior parte dei casi, non venga resa giustizia alla nostra isola per via di sceneggiature troppo stereotipate e di attori che diventano la caricatura di un’immagine nostra che però non esiste. Poi ci sono casi in cui la Sicilia viene resa bella, solare e pura com’è, seppure nelle sue contraddizioni. E’ il caso del “Commissario Montalbano”, che seguo assiduamente e di cui apprezzo e stimo sceneggiatori e attori.
Mi parli delle pubblicazioni dei Dioscuri?
Abbiamo pubblicato il primo disco nel 1978, che intitolammo “Terra birbanti”, prodotto dalla DGM di Giovanni Moscato. A seguire, per la DURIUM, nota casa discografica milanese uscì il nostro secondo album intitolato: ““Dioscuri”. Il nostro terzo album, fu un esperimento ben riuscito poiché riuscimmo ad introdurre sonorità mediterranee con strumenti particolari come il bouzuki, la marimba, le percussioni arabe e strumenti ad arco e, vista la varietà di strumenti provenienti dal circondario mediterraneo, intitolammo questo album:”Mediterraneo”, appunto.
Seguirono altre pubblicazioni discografiche come “La Siciliana”, che era una raccolta di canzoni siciliane classiche della nostra terra.
Nella nostra discografia un’importante tappa fu quella della preziosa collaborazione con Rosa Balistreri, con la quale pubblicammo un album dal titolo: “Voci di un antico Natale”.
Altrettanto fondamentali per la nostra carriera furono le pubblicazioni discografiche teatrali, dove ci pregiamo di aver suonato e cantato le ormai famosissime e risuonatissime musiche del Pipino il Breve, de La Baronessa di Carini di produzione di Tony Cucchiara e inoltre del Giufà, del Don Chisciotte e del Bertoldo, tutte produzioni del Teatro Biondo di Palermo
Perche’ avete scelto questo nome?
All’inizio eravamo in due: Eduardo Cicala ed io. In quel periodo andava molto di moda mettere i nomi cosiddetti “colti”, derivanti dalla mitologia classica e dai nostri templi. Così decidemmo, di chiamarci Dioscuri, sebbene i semidei in questione erano due(Castore e Polluce) e, in una delle nostre formazioni, siamo arrivati anche ad essere in 8 sul palcoscenico, abbiamo deciso di mantenere il nome originario.
Quali sono le maggiori difficolta’ per un gruppo oggi?
Siamo in un’epoca in cui ormai tutto è stato inventato e tutto è stato sperimentato. La maggiore difficoltà che qualsiasi gruppo o persona che faccia questo mestiere incontra è appunto quella di trovare quel non plus ultra che lo faccia uscire dalla massa e che gli faccia ritagliare una fetta di pubblico specifico. Un’altra difficoltà è quella di stare insieme (nel nostro caso sono più di 40 anni) con le stesse persone. Bisogna far fronte alle differenze di pensiero e di vedute, alle discussioni e ai vari momenti (belli o brutti) che ognuno di noi affronta. Fortunatamente la musica ha fatto si che tutto questo passasse sempre in secondo piano, di fronte all’amore e alla passione che ci lega a questa professione.
Quali sono i tuoi progetti e quelli del gruppo dei Dioscuri per il futuro?
Abbiamo in cantiere un nuovo album a cui già abbiamo cominciato a lavorare nella nostra sala di registrazione di cui possiamo svelarvi solamente il titolo; “Altri quarant’anni”…