Giuseppe Maurizio Piscopo
Grazie di cuore alla Professoressa Maria Grazia Ambrosini per questa speciale intervista.
Grazie di cuore alla Professoressa Maria Grazia Ambrosini per questa speciale intervista.
Gaspare Ambrosini è nato a Favara il 24 ottobre 1886, muore a Roma il 17 agosto del 1985 all’età di 99 anni. Magistrato costituzionalista. Uno dei padri della Costituzione Italiana. Artefice indiscusso dello statuto autonomistico siciliano. Ha scritto più di cento libri, alcuni tradotti all’estero. Si è occupato di diritto pubblico, di politica sociale. Frequentò le scuole elementari a Favara, il liceo Empedocle ad Agrigento e l’Università a Napoli. Si laureò a 21 anni. La sua tesi di laurea alla sacra memoria del padre, dal titolo: “Diritto ecclesiastico francese odierno”. La tesi venne pubblicata dall’Università di Napoli Federico Secondo presso l’Editore Luigi Pierro. Fu il primo a parlare di Unione europea dopo la deludente esperienza della guerra. Insegnò a Palermo nel 1919 diritto costituzionale. Inventò il sistema proporzionale dopo la caduta del fascismo. Ecco una breve scheda tratta dalla Galleria degli italiani potenti e sconosciuti a firma del giornalista Luigi Barzini:
A norma di protocollo, il quarto personaggio della Repubblica italiana, in ordine di importanza e di potenza ( quello che per intenderci passa quarto da una porta, dopo il Presidente Segni e i Presidenti delle due camere), è un vecchio professore, un uomo piccolo esile, vivace, con radi capelli bianchi, che si può incontrare qualche volta sull’autobus. Né il bigliettaio né gli altri passeggeri sanno chi è il signore che legge il giornale o un grosso volume accademico di cui annota i margini con la matita. Non sanno chi è perché quando appare in televisione, in qualche cerimonia ufficiale o sui giornali è sempre vestito in modo particolare, avvolto in sontuosi paramenti, col tocco in capo, un’altra persona. Il professore è Gaspare Ambrosini, presidente della Corte costituzionale. Ha 77 anni. La schiena curvata dalla vita passata chino sulle carte, una spalla più alta dell’altra , parla agitando le mani pallide verso il soffitto e guardando l’ascoltatore dal basso in alto. Ha occhi neri vivi di gialletto, dietro gli occhiali che ogni tanto come De Gasperi e Parri, spinge sulla fronte. Parla volubilmente, rapidamente, copiosamente, con un lievissimo accento siciliano. Gli studi, la lunga vita e la buona memoria gli presentano argomenti, ricordi paralleli, considerazioni giuridiche, proverbi, citazioni classiche o motti del Broccardo, per confermare una tesi o sottolineare una teoria. Ama farsi chiamare il professore e non eccellenza o presidente. Ricorda il suo passato di insegnante 40 anni di cattedra e le due legislature a Montecitorio. Ambrosini è siciliano di Favara in provincia di Agrigento, l’uomo prestigioso che è servito al nostro Paese in alcuni momenti delicati della storia recente. Ricordava Ambrosini, che tutti in Sicilia sono filosofi come annotava Renan nel suo diario di viaggio in Italia. Empedocle è il primo eroe di Ambrosini, (Dante lo ricorda senza nominarlo)in un verso “ l’alta valle tremò si ch’io pensai che l’universo sentisse amor, per lo quale è chi creda più volte il mondo in caos converso”.Virgilio credeva che la terra stesse tremando e che fosse l’amore di Empedocle a generare il disordine). Ambrosini amava pensare che non a caso la parola caos il posto natale di Pirandello, ricorreva nel verso che Dante aveva dedicato al filosofo di Agrigento.
Il giorno 22 di Settembre ho avuto il piacere di intervistare Maria Grazia Ambrosini personaggio di grande levatura culturale, professoressa di storia e filosofia all’Università di Palermo, molto nota in Sicilia. E’ stato un incontro piacevole che mi ha aperto la mente e il cuore. Ho appreso tante cose che non sapevo di Ambrosini. Ho apprezzato la saggezza e la cultura di questa elegantissima signora che mi ha raccontato molto sul più grande personaggio che Favara ha avuto.
Come era Gaspare Ambrosini in famiglia?
Lui non ha avuto figli. Era sposato con Francesca, la figlia del professore Scaduto. Era un personaggio umilissimo. Gaspare aveva due sorelle e quattro fratelli: Vittorio, Alessandro, Arturo e Antonio.
Qual è stato il rapporto fra Alcide De Gasperi e Gaspare Ambrosini?
C’era un rapporto di amicizia e di stima reciproca, un’amicizia che era nata nel partito della DC .
Ambrosini inventò lo schema: regioni, province e comuni?
Le dirò di più! E’ il fondatore dello stato regionale. Credeva profondamente nelle autonomie regionali, ossia era convinto che l’autonomia fosse la fonte dell’esercizio di governo nell’ambito dei territori. Per mio zio, il governo doveva essere dentro il territorio e non fuori.
Ma alla fine suo zio era veramente soddisfatto dell’Autonomia regionale?
Mio zio si lamentava in quanto con l’autonomia i governi regionali non hanno saputo produrre lo sviluppo della Sicilia pur avendo in mano tutti gli strumenti. Spesso i fondi europei non sono stati spesi…
Qual è l’eredità che Ambrosini ha lasciato alle nuove generazioni?
Molti suoi libri sono stati tradotti anche all’estero. Bisogna far conoscere a tutti, non solo agli studenti di giurisprudenza i libri, il pensiero la storia fondamentale per il nostro Paese. Diceva Ambrosini:- “I giovani faranno lo sviluppo dell’Italia”. I giovani devono essere motivati dagli adulti e devono sapere accogliere i sacrifici che comporta lo sviluppo personale e della società.
Ambrosini e Favara sua città natale…
Le racconterò una curiosità che lei non conosce. Un giorno per motivi istituzionali mio zio si trovò a Londra per una conferenza, ebbene il noto giornale Time gli dedicò una copertina e scrisse che Gaspare Ambrosini era Professore all’Università di Favara. Quando lui vide il giornale ebbe un momento di gioia e di orgoglio…Poi sorrise.
Amava molto il suo paese.
Angelo La Russa ha scritto una sua biografia, e racconta:- “Ogni anno amava trascorrere il mese di settembre nella casa di campagna di contrada Saraceno, terra assolata, nella parte più alta tra ulivi e fichi d’india ben sistemati al limite di robusti muri di pietra a secco. In quel periodo, dedicava lunghi pomeriggi ai giovani universistari conversando amabilmente a ruota libera sul funzionamento degli enti locali, sulla regione, sulla costituzione della Repubblica, sulla costituzione europea, poneva domande ed esternava le sue preoccupazioni sul futuro del mondo”. Nell’ultimo periodo mio zio ebbe un rimpianto: che pur avendo moltissime cariche istituzionali non ebbe cariche di governo per operare e migliorare il proprio paese e creare nuove opere.
Nel 1953 Guglielmo Neri constatando che Ambrosini non venne eletto dichiarò alla stampa, che era stata la mafia a non farlo eleggere. Come andarono veramente le cose?
Ci fu un incontro a Palermo. Quattro persone di varie province Caltanissetta, Palermo, Trapani, Agrigento fecero una proposta ad Ambrosini. Erano uomini d’onore che avrebbero portato voti e sostegno per la sua candidatura. La risposta di Ambrosini non si fece attendere, li mise alla porta dicendo che non intendeva avere che fare con loro. I quattro signori si sentirono umiliati e mortificati e organizzarono una campagna contraria.
Non tutti sanno della grande amicizia fra Luigi Pirandello e Gaspare Ambrosini. Ne vogliamo parlare?
Era il suo amico preferito. Si vedevano ad Agrigento. Ambrosini era molto devoto a Pirandello, suo celebre concittadino che aveva vent’anni più di lui. Lo ricorda nella sua casa di Roma in via Antonio Bosio n. 15, affranto dai dolori familiari, dalla follia della moglie, con un sorriso misterioso sulle labbra il sorriso di certe arcaiche statue greche. Fu Ambrosini, allora deputato alla costituente, che accompagnò le sue ceneri fino al cimitero della città natale. E’ un ricordo che egli non ama rievocare, una vicenda lunghissima piena di episodi. Quella mattina all’aeroporto, c’era molta gente, in gran parte sconosciuti. Quando Ambrosini arrivò con la cassettina delle ceneri e si seppe che erano quelle del grande scrittore, l’allegra comitiva che pregustava quasi una scampagnata ammutolì. Qualcuno esitando, annunciò di rinunciare al viaggio, per una scusa o per l’altra. Qualcuno se la svignò. A quel punto anche i piloti e gli ufficiali di navigazione e di rotta ci ripensarono. I piloti nel vedere un prete con la bara, loro che avevano letto Pirandello che sulla morte ne aveva scritte e di cotte e di crude, si rifiutarono di accogliere la bara a bordo dell’aereo. Non vollero sentire ragioni. Dissero che dalle ultime notizie meteo per le cattive condizioni climatiche l’aereo avrebbe avuto difficoltà ad atterrare a Palermo o Catania senza pericolo. Per cui il professore con la sua cassettina tornò a Roma molto amareggiato. De Gasperi in persona aveva chiesto ad Ambrosini di portare le ceneri dello scrittore da Roma ad Agrigento. Fu prenotata una “littorina” che partisse in serata. La littorina venne approntata immediatamente. Ambrosini vi salì con qualche parente e la cassettina. Il resto dei posti venne occupato da una folla variopinta di strani sconosciuti. Venne portata una bara più piccola a dimensioni ridotte e venne poggiata sopra il bagagliaio. Durante la notte mentre il professore tentava di addormentarsi venne svegliato da uno schiamazzo indecoroso. Tra i passeggeri c’erano dei borsari neri che approfittavano del viaggio per fare qualche affaruccio, stavano giocando a carte, litigavano e ridevano sulle vincite. Al suo risveglio il professore vide che i borsari avevano la bara sulle gambe e giocavano a carte a tre sette. Era un periodo difficile, i treni viaggiavano affollati. Ambrosini per un momento si sentì in colpa, si adirò fortemente e cacciò via tutti quanti dallo scompartimento…
Quando la bara arrivò ad Agrigento ci fu un corteo che accompagnò queste ceneri, ma la gente non si rese conto di quello che stava accadendo. Credeva che nella piccola bara ci fosse un bambino. Fu mortificante…
A norma di protocollo, il quarto personaggio della Repubblica italiana, in ordine di importanza e di potenza ( quello che per intenderci passa quarto da una porta, dopo il Presidente Segni e i Presidenti delle due camere), è un vecchio professore, un uomo piccolo esile, vivace, con radi capelli bianchi, che si può incontrare qualche volta sull’autobus. Né il bigliettaio né gli altri passeggeri sanno chi è il signore che legge il giornale o un grosso volume accademico di cui annota i margini con la matita. Non sanno chi è perché quando appare in televisione, in qualche cerimonia ufficiale o sui giornali è sempre vestito in modo particolare, avvolto in sontuosi paramenti, col tocco in capo, un’altra persona. Il professore è Gaspare Ambrosini, presidente della Corte costituzionale. Ha 77 anni. La schiena curvata dalla vita passata chino sulle carte, una spalla più alta dell’altra , parla agitando le mani pallide verso il soffitto e guardando l’ascoltatore dal basso in alto. Ha occhi neri vivi di gialletto, dietro gli occhiali che ogni tanto come De Gasperi e Parri, spinge sulla fronte. Parla volubilmente, rapidamente, copiosamente, con un lievissimo accento siciliano. Gli studi, la lunga vita e la buona memoria gli presentano argomenti, ricordi paralleli, considerazioni giuridiche, proverbi, citazioni classiche o motti del Broccardo, per confermare una tesi o sottolineare una teoria. Ama farsi chiamare il professore e non eccellenza o presidente. Ricorda il suo passato di insegnante 40 anni di cattedra e le due legislature a Montecitorio. Ambrosini è siciliano di Favara in provincia di Agrigento, l’uomo prestigioso che è servito al nostro Paese in alcuni momenti delicati della storia recente. Ricordava Ambrosini, che tutti in Sicilia sono filosofi come annotava Renan nel suo diario di viaggio in Italia. Empedocle è il primo eroe di Ambrosini, (Dante lo ricorda senza nominarlo)in un verso “ l’alta valle tremò si ch’io pensai che l’universo sentisse amor, per lo quale è chi creda più volte il mondo in caos converso”.Virgilio credeva che la terra stesse tremando e che fosse l’amore di Empedocle a generare il disordine). Ambrosini amava pensare che non a caso la parola caos il posto natale di Pirandello, ricorreva nel verso che Dante aveva dedicato al filosofo di Agrigento.
Il giorno 22 di Settembre ho avuto il piacere di intervistare Maria Grazia Ambrosini personaggio di grande levatura culturale, professoressa di storia e filosofia all’Università di Palermo, molto nota in Sicilia. E’ stato un incontro piacevole che mi ha aperto la mente e il cuore. Ho appreso tante cose che non sapevo di Ambrosini. Ho apprezzato la saggezza e la cultura di questa elegantissima signora che mi ha raccontato molto sul più grande personaggio che Favara ha avuto.
Come era Gaspare Ambrosini in famiglia?
Lui non ha avuto figli. Era sposato con Francesca, la figlia del professore Scaduto. Era un personaggio umilissimo. Gaspare aveva due sorelle e quattro fratelli: Vittorio, Alessandro, Arturo e Antonio.
Qual è stato il rapporto fra Alcide De Gasperi e Gaspare Ambrosini?
C’era un rapporto di amicizia e di stima reciproca, un’amicizia che era nata nel partito della DC .
Ambrosini inventò lo schema: regioni, province e comuni?
Le dirò di più! E’ il fondatore dello stato regionale. Credeva profondamente nelle autonomie regionali, ossia era convinto che l’autonomia fosse la fonte dell’esercizio di governo nell’ambito dei territori. Per mio zio, il governo doveva essere dentro il territorio e non fuori.
Ma alla fine suo zio era veramente soddisfatto dell’Autonomia regionale?
Mio zio si lamentava in quanto con l’autonomia i governi regionali non hanno saputo produrre lo sviluppo della Sicilia pur avendo in mano tutti gli strumenti. Spesso i fondi europei non sono stati spesi…
Qual è l’eredità che Ambrosini ha lasciato alle nuove generazioni?
Molti suoi libri sono stati tradotti anche all’estero. Bisogna far conoscere a tutti, non solo agli studenti di giurisprudenza i libri, il pensiero la storia fondamentale per il nostro Paese. Diceva Ambrosini:- “I giovani faranno lo sviluppo dell’Italia”. I giovani devono essere motivati dagli adulti e devono sapere accogliere i sacrifici che comporta lo sviluppo personale e della società.
Ambrosini e Favara sua città natale…
Le racconterò una curiosità che lei non conosce. Un giorno per motivi istituzionali mio zio si trovò a Londra per una conferenza, ebbene il noto giornale Time gli dedicò una copertina e scrisse che Gaspare Ambrosini era Professore all’Università di Favara. Quando lui vide il giornale ebbe un momento di gioia e di orgoglio…Poi sorrise.
Amava molto il suo paese.
Angelo La Russa ha scritto una sua biografia, e racconta:- “Ogni anno amava trascorrere il mese di settembre nella casa di campagna di contrada Saraceno, terra assolata, nella parte più alta tra ulivi e fichi d’india ben sistemati al limite di robusti muri di pietra a secco. In quel periodo, dedicava lunghi pomeriggi ai giovani universistari conversando amabilmente a ruota libera sul funzionamento degli enti locali, sulla regione, sulla costituzione della Repubblica, sulla costituzione europea, poneva domande ed esternava le sue preoccupazioni sul futuro del mondo”. Nell’ultimo periodo mio zio ebbe un rimpianto: che pur avendo moltissime cariche istituzionali non ebbe cariche di governo per operare e migliorare il proprio paese e creare nuove opere.
Nel 1953 Guglielmo Neri constatando che Ambrosini non venne eletto dichiarò alla stampa, che era stata la mafia a non farlo eleggere. Come andarono veramente le cose?
Ci fu un incontro a Palermo. Quattro persone di varie province Caltanissetta, Palermo, Trapani, Agrigento fecero una proposta ad Ambrosini. Erano uomini d’onore che avrebbero portato voti e sostegno per la sua candidatura. La risposta di Ambrosini non si fece attendere, li mise alla porta dicendo che non intendeva avere che fare con loro. I quattro signori si sentirono umiliati e mortificati e organizzarono una campagna contraria.
Non tutti sanno della grande amicizia fra Luigi Pirandello e Gaspare Ambrosini. Ne vogliamo parlare?
Era il suo amico preferito. Si vedevano ad Agrigento. Ambrosini era molto devoto a Pirandello, suo celebre concittadino che aveva vent’anni più di lui. Lo ricorda nella sua casa di Roma in via Antonio Bosio n. 15, affranto dai dolori familiari, dalla follia della moglie, con un sorriso misterioso sulle labbra il sorriso di certe arcaiche statue greche. Fu Ambrosini, allora deputato alla costituente, che accompagnò le sue ceneri fino al cimitero della città natale. E’ un ricordo che egli non ama rievocare, una vicenda lunghissima piena di episodi. Quella mattina all’aeroporto, c’era molta gente, in gran parte sconosciuti. Quando Ambrosini arrivò con la cassettina delle ceneri e si seppe che erano quelle del grande scrittore, l’allegra comitiva che pregustava quasi una scampagnata ammutolì. Qualcuno esitando, annunciò di rinunciare al viaggio, per una scusa o per l’altra. Qualcuno se la svignò. A quel punto anche i piloti e gli ufficiali di navigazione e di rotta ci ripensarono. I piloti nel vedere un prete con la bara, loro che avevano letto Pirandello che sulla morte ne aveva scritte e di cotte e di crude, si rifiutarono di accogliere la bara a bordo dell’aereo. Non vollero sentire ragioni. Dissero che dalle ultime notizie meteo per le cattive condizioni climatiche l’aereo avrebbe avuto difficoltà ad atterrare a Palermo o Catania senza pericolo. Per cui il professore con la sua cassettina tornò a Roma molto amareggiato. De Gasperi in persona aveva chiesto ad Ambrosini di portare le ceneri dello scrittore da Roma ad Agrigento. Fu prenotata una “littorina” che partisse in serata. La littorina venne approntata immediatamente. Ambrosini vi salì con qualche parente e la cassettina. Il resto dei posti venne occupato da una folla variopinta di strani sconosciuti. Venne portata una bara più piccola a dimensioni ridotte e venne poggiata sopra il bagagliaio. Durante la notte mentre il professore tentava di addormentarsi venne svegliato da uno schiamazzo indecoroso. Tra i passeggeri c’erano dei borsari neri che approfittavano del viaggio per fare qualche affaruccio, stavano giocando a carte, litigavano e ridevano sulle vincite. Al suo risveglio il professore vide che i borsari avevano la bara sulle gambe e giocavano a carte a tre sette. Era un periodo difficile, i treni viaggiavano affollati. Ambrosini per un momento si sentì in colpa, si adirò fortemente e cacciò via tutti quanti dallo scompartimento…
Quando la bara arrivò ad Agrigento ci fu un corteo che accompagnò queste ceneri, ma la gente non si rese conto di quello che stava accadendo. Credeva che nella piccola bara ci fosse un bambino. Fu mortificante…
Ambrosini è considerato il padre del diritto comparato?
Fu uno dei primi che portò questa materia nelle aule ambrosiane.
Come era visto all’interno della DC?
Con grande stima ed affetto a livello nazionale. Era cattolico, praticante e faceva la comunione nelle feste principali.
Lei sa se Ambrosini ha avuto dei contatti con il barone Antonio Mendola?
Si. Erano rapporti di amicizia e di stima reciproca.
Può descrivere una giornata di Gaspare Ambrosini? So lei che è stata molto vicina a suo zio?
Si alzava alle sette. Poi si recava all’Università. Nel pomeriggio riposava un po’. Dopo entrava nello studio e non ne usciva più. A Roma abitava in una casa piccola, in via Corseria 5. Rimase sempre una persona umile e schiva, evitava gli applausi, la folla. Voleva rispondere solo alla sua coscienza e a Dio. Con i giovani aveva un ottimo rapporto amava la compagnia e il colloquio.
Che cosa era la politica per Gaspare Ambrosini?
Era un servizio fatto agli uomini e doveva avere un volto familiare. Egli si considerava al servizio delle persone. Era sobrio nel vestire, amava i dolci siciliani.
Lei era con lui al momento del trapasso?
Si. Morì alle 2 di notte. Alle 8 l’agenzia Ansa diede la notizia. Alle 8,05 il Presidente della Repubblica Sandro Pertini venne in casa ai piedi del letto per rendergli omaggio. Il 17 di agosto furono aperte le stanze della corte costituzionale per ospitare la salma e rendere l’omaggio dei concittadini illustri. Il feretro dalla via XX Settembre venne portato nella Basilica dei Santi Apostoli a Roma. Prima dell’entrata dell’arma dei granatieri fu abbassata la bandiera al passaggio della bara, un onore che si rende solo ai Capi delle Repubblica.
Fu uno dei primi che portò questa materia nelle aule ambrosiane.
Come era visto all’interno della DC?
Con grande stima ed affetto a livello nazionale. Era cattolico, praticante e faceva la comunione nelle feste principali.
Lei sa se Ambrosini ha avuto dei contatti con il barone Antonio Mendola?
Si. Erano rapporti di amicizia e di stima reciproca.
Può descrivere una giornata di Gaspare Ambrosini? So lei che è stata molto vicina a suo zio?
Si alzava alle sette. Poi si recava all’Università. Nel pomeriggio riposava un po’. Dopo entrava nello studio e non ne usciva più. A Roma abitava in una casa piccola, in via Corseria 5. Rimase sempre una persona umile e schiva, evitava gli applausi, la folla. Voleva rispondere solo alla sua coscienza e a Dio. Con i giovani aveva un ottimo rapporto amava la compagnia e il colloquio.
Che cosa era la politica per Gaspare Ambrosini?
Era un servizio fatto agli uomini e doveva avere un volto familiare. Egli si considerava al servizio delle persone. Era sobrio nel vestire, amava i dolci siciliani.
Lei era con lui al momento del trapasso?
Si. Morì alle 2 di notte. Alle 8 l’agenzia Ansa diede la notizia. Alle 8,05 il Presidente della Repubblica Sandro Pertini venne in casa ai piedi del letto per rendergli omaggio. Il 17 di agosto furono aperte le stanze della corte costituzionale per ospitare la salma e rendere l’omaggio dei concittadini illustri. Il feretro dalla via XX Settembre venne portato nella Basilica dei Santi Apostoli a Roma. Prima dell’entrata dell’arma dei granatieri fu abbassata la bandiera al passaggio della bara, un onore che si rende solo ai Capi delle Repubblica.
Grazie di cuore alla Professoressa Maria Grazia Ambrosini per questa speciale intervista. Desidero concludere con un mio pensiero: “I siciliani, gli studiosi di diritto, le nuove generazioni, devono riscoprire i valori della politica al servizio della gente seguendo l’esempio di Gaspare Ambrosini. La politica deve unire le persone. Il palazzo deve ascoltare con grande umiltà e attenzione e poi risolvere i problemi della gente, in mezzo alla gente. Se uno sta male stiamo male tutti… Il mio sogno è che anche nei libri della scuola elementare, così vuoti e insignificanti, i bambini possano conoscere e scoprire la figura di Gaspare Ambrosini volto e immagine dell’altra Sicilia da raccontare…