Giuseppe Maurizio Piscopo
Francesco Lotoro è nato a Barletta nel 1964, si è diplomato in pianoforte presso il Conservatorio di Musica N. Piccinni di Bari, ha proseguito gli studi pianistici presso l’Accademia di Musica F. Liszt di Budapest con Kornél Zempléni e László Almásy, si è perfezionato con Viktor Merzhanov e Aldo Ciccolini.
Ha ricostruito musica e testo del Weihnachtsoratorium per soli, coro misto e pianoforte di Friedrich Nietzsche, eseguito e registrato sia con il Coro della Radio Svizzera Italiana che con l’Ars Cantica Choir.
Impegnato nella letteratura pianistica prodotta durante i drammatici eventi del sec. XX, nel 1998 ha eseguito l’integrale delle opere pianistiche e cameristiche scritte a seguito dall’occupazione della Cecoslovacchia del 1968 che pose fine alla Primavera di Praga (integrale registrata nel CD Praha ‘68).
Nel 1989 ha intrapreso un progetto di archiviazione, esecuzione, registrazione discografica e promozione della produzione musicale nei Campi di prigionia, internamento, transito, concentramento, sterminio, lavori forzati, penitenziari, Stalag e Oflag, POW Camps e Gulag aperti dal 1933 al 1953 in Europa, Africa coloniale, Asia, Australia, URSS, USA, Canada, America Latina e creata da musicisti uccisi o sopravvissuti di qualsiasi contesto nazionale, sociale e religioso; ha recuperato 8.000 opere musicali e 12.000 documenti di letteratura musicale concentrazionaria, della quale è unanimemente considerato la massima autorità.
Ha fondato l’Istituto di Letteratura Musicale Concentrazionaria, oggi Fondazione con sede in Barletta.
È autore nonché pianista e direttore d’orchestra dell’Enciclopedia in 24 CD–volumi KZ Musik.
Pianista di tecnica trascendentale, è l’unico al mondo ad aver eseguito e registrato le monumentali partiture originali pianistiche della VIII. Symphonie op.99 di Erwin Schulhoff (scritta nello Ilag XIIIWülzburg), del Don Quixote tanzt Fandango di Viktor Ullmann (scritta a Theresienstadt) e del Nonet di Rudolf Karel (scritta nel Vazební Věznice di Praha–Pankrác).
Ha composto Cantata ebraica per cantore e orchestra e l’opera in 2 atti Misha e i Lupi.
Nel 2011 lo scrittore Thomas Saintourens ha pubblicato il libro Le Maestro (altresì pubblicato in lingua italiana e in lingua ceca) sulla sua vita e le sue ricerche; nel 2015 è stato realizzato il documentario The Maestro diretto dal regista franco–argentino Alexandre Valenti, coproduzione franco–italiana ispirata all’omonimo libro di Saintourens.
È docente di pianoforte presso il Conservatorio di Musica U. Giordano di Foggia.
Quando è iniziata la tua avventura nella Musica?
Ha ricostruito musica e testo del Weihnachtsoratorium per soli, coro misto e pianoforte di Friedrich Nietzsche, eseguito e registrato sia con il Coro della Radio Svizzera Italiana che con l’Ars Cantica Choir.
Impegnato nella letteratura pianistica prodotta durante i drammatici eventi del sec. XX, nel 1998 ha eseguito l’integrale delle opere pianistiche e cameristiche scritte a seguito dall’occupazione della Cecoslovacchia del 1968 che pose fine alla Primavera di Praga (integrale registrata nel CD Praha ‘68).
Nel 1989 ha intrapreso un progetto di archiviazione, esecuzione, registrazione discografica e promozione della produzione musicale nei Campi di prigionia, internamento, transito, concentramento, sterminio, lavori forzati, penitenziari, Stalag e Oflag, POW Camps e Gulag aperti dal 1933 al 1953 in Europa, Africa coloniale, Asia, Australia, URSS, USA, Canada, America Latina e creata da musicisti uccisi o sopravvissuti di qualsiasi contesto nazionale, sociale e religioso; ha recuperato 8.000 opere musicali e 12.000 documenti di letteratura musicale concentrazionaria, della quale è unanimemente considerato la massima autorità.
Ha fondato l’Istituto di Letteratura Musicale Concentrazionaria, oggi Fondazione con sede in Barletta.
È autore nonché pianista e direttore d’orchestra dell’Enciclopedia in 24 CD–volumi KZ Musik.
Pianista di tecnica trascendentale, è l’unico al mondo ad aver eseguito e registrato le monumentali partiture originali pianistiche della VIII. Symphonie op.99 di Erwin Schulhoff (scritta nello Ilag XIIIWülzburg), del Don Quixote tanzt Fandango di Viktor Ullmann (scritta a Theresienstadt) e del Nonet di Rudolf Karel (scritta nel Vazební Věznice di Praha–Pankrác).
Ha composto Cantata ebraica per cantore e orchestra e l’opera in 2 atti Misha e i Lupi.
Nel 2011 lo scrittore Thomas Saintourens ha pubblicato il libro Le Maestro (altresì pubblicato in lingua italiana e in lingua ceca) sulla sua vita e le sue ricerche; nel 2015 è stato realizzato il documentario The Maestro diretto dal regista franco–argentino Alexandre Valenti, coproduzione franco–italiana ispirata all’omonimo libro di Saintourens.
È docente di pianoforte presso il Conservatorio di Musica U. Giordano di Foggia.
Quando è iniziata la tua avventura nella Musica?
Ho cominciato a studiare pianoforte all’età di 8 anni ma sino ai 14 15 anni non era ancora la cosa più importante della mia vita, neanche meno intravedevo poi tutto il cammino di ricerca che avrei intrapreso molto molto più tardi. Il pianoforte era importante come era importante per me studiare, divorare libri leggere e quant’altro.
Come era da bambino Francesco?
Non ho un ricordo chiaro di come ero da piccolo. Il più grande ricordo della mia infanzia e della mai giovinezza è mia madre. Mia madre fino a quando mi sono sposato, lei è stata la figura predominante perché non era solo mia madre, ma era la persona che mi aiutava e mi sosteneva e questa ricerca ha conosciuto parecchie cadute anche economiche e non so come, non so dove, ma mia madre riusciva sempre a trovare la soluzione alle cose. Quindi il più grande ricordo che ho non sono io, ma ripeto mia madre che ho perso nel 2013.
Quando hai scoperto le tue qualità musicali?
Intorno agli 8 anni. A 14 anni,15 anni mi sono accorto di poter fare molto di più sul pianoforte grazie al fatto che ho sempre avuto mani grandi che prendono la dodicesima, la tredicesima e quindi questo ha sempre facilitato molti problemi tecnici. Non sono mai stato un buon studente, generalmente mi sono formato molto in maniera autonoma. Il grande maestro della mia vita è stato Aldo Ciccolini più di un maestro, il maestro dei maestri, una persona che insegnava egregiamente il pianoforte oltre ad essere il grande pianista che tutti sappiamo, ma sapeva darti indicazioni di vita, consigli che avevano a che fare con l’esistenza.
Studi al Conservatorio di Barletta. Quali sono i tuoi musicisti di riferimento?
In realtà non c’è un Conservatorio a Barletta. Ho fatto gli esami da privatista al Conservatorio di Bari e il diploma alla sezione staccata del Conservatorio di Bari, a Monopoli e se vogliamo Sebastian Bach è il musicista che mi ha accompagnato per tutta la vita. Suono a memoria sul clavicembalo ben temperato, ho studiato le suite francesi, le suite inglesi tutto quello che posso suonare di Bach lo faccio. Uno dei miei progetti che ho, anche se la mia vita in questo momento è piena di altri tipi di ricerca, ma non desisto da poter completare in pochi anni e trascrivere per pianoforte solo, l’offerta musicale. Realizzai anni fa con un mio ex allievo una trascrizione per due pianoforti, ma adesso vorrei cimentarmi nel trascrivere la penultima opera di Sebastian Bach l’offerta musicale per pianoforte solo. Spero di farcela in pochi anni
Qual è la tua definizione della Musica?
Credo che la musica possa essere definita come l’arte che vive nell’aria e quindi il compito di chi fa musica è zavorrarla, come dire ancorarla alla terra come una nave deve gettare l’ancora a un porto in qualsiasi mongolfiera deve zavorrarsi per poter rimanere ferma, altrimenti la terra se ne volerebbe. E’ un’arte eterea ma proprio perché eterea paradossalmente è un documento attendibilissimo. Si può truccare un documento scritto, un foglio, una foto, un film, ma la a musica non può essere taroccata, lo dico a proposito delle mie ricerche, dove migliaia e migliaia di opere musicali scritte anche su mezzi di fortuna costituiscono una prova inconfutabile di quello che è successo nei campi di concentramento.
Come sei arrivato alla Musica dei Lager?
Ho cominciato le ricerche sulle musiche scritte nei campi di concentramento nel 1988. A quell’epoca l’unica mia fonte di accesso era la famosa enciclopedia della musica dei musicisti Utet e oggi almeno per quanto concerne queste ricerche ovviamente è obsoleta, ma allora costituiva la mia unica porta di accesso. Il primo stadio di ricerca è stato quella dei musicisti ebrei deportati nei campi di concentramento e Autori di opere. Era difficile potersi fare un quadro della situazione quindi pur avendo sempre divorato l’enciclopedia Deum, non ricordo quanti volumi fossero. Era un’enciclopedia, un dizionario più che altro in ordine alfabetico, cominciai dal primo volume e lo divorai tutto ottenendo alla fine una lista se ricordo bene di 100 musicisti, qualcosa del genere, quindi avevo già nelle mani importanti informazioni almeno per l’epoca che mi consentirono di avviare un lavoro leggermente metodico diciamo così. La prima tappa fu Teresienstadt, e lì che centrai le mie energie. Oggi ricerco musica scritta in tutto il pianeta tutte le coordinate geografiche anche anche nel più piccolo campo di concentramento aperto nelle Antille olandesi o nell’Africa coloniale ma il punto di partenza fu Terezin.
Perché hai fatto questa scelta così particolare e quali difficoltà hai incontrato nel reperire questo materiale?
Non è stata una scelta. Si comincia per passione per curiosità. Il pianista è curioso per natura come mi è capitato allora di dire è onnivoro, quindi mangia tutto quello che è suonabile su 88 tasti ma in questo caso la mia curiosità che ovviamente partiva da un background pianistico, cominciò a diventare devastante. E’ diventata devastante. Oggi è una missione che investe tutte le mie energie e ogni più piccolo attimo della mia giornata, una giornata abbastanza lunga che comincia verso le 4 le 5 di mattina e arriva alle 11, 11 e 30 non so… Credo di dormire poco e la giornata è completamente assorbita dalla ricerca, dalla stesura di documenti, analisi di documenti musicali ritrovati nei campi, studio al pianoforte delle opere pianistiche che poi verranno registrate o eseguite Stesura del Thesaurus o “Musicae Concentazionariae” la mia enciclopedia sarà pronta nel 2022, viaggi di ricerca continui più o meno due grossi viaggi al mese: Francia, Germania, Stati Uniti, Israele, Gran Bretagna, tutte le nazioni che ho toccato. Alla fine è la ricerca che sceglie te e non viceversa. Le difficoltà sono sempre alla fine. Oggi posso dire che sono quelle economiche, perché ovviamente il database di cui dispongo è enorme, agguerrito, so di ogni autore dove posso reperire le fonti di ogni opera scritta nei campi dove posso reperirne le fonti, dove sono ancora allocati i documenti musicali e veramente sono pochissime le informazioni che ancora mi sfuggono più che altro materiali che si trovano negli antiquariati librari che ovviamente sono sfuggevoli e vanno verificati con una ricerca manuale. Le difficoltà sono quelle economiche. Con maggior disponibilità economica avrei potuto fare di più, oggi forse avrei fatto 6 7 8 volte tanto. Ora c’è un’organizzazione a Roma si chiama Last Musik che supporta, sostiene, paga i miei viaggi di ricerca. Ci si è proposti fare cento viaggi credo di averne fatti ormai un sette otto, adesso ne farò degli altri, diciamo che è stato già un grande sollievo ma essendo che le musiche non hanno piedi e non vengono a te bisogna ancora viaggiare molto. Internet si, aiuta un pochino quando si dispone delle giuste conoscenze e hai i giusti contatti non so anche con l’altra parte del mondo con l’Australia con il Canada allora i documenti se ben scansionati possono viaggiare via we transfer in pdf e quant’altro. Ma ancora il 96% di questa ricerca si deve svolgere ancora come dire in maniera come dire artigianale, stile archeologi a Pompei o a Troia e ricercare di mettere su tutto il patrimonio certe volte riunire i cocci di un’opera, che sarebbero i brandelli di un’opera fogli disidratati ormai, fogli certe volte illeggibili, cercare di farsi consegnare dai parenti dei sopravvissuti non le fotocopie o materiale fotografico, ma proprio gli originali, perché il lavoro sugli originali è centomila volte migliore che su riproduzione fedele dell’opera e quant’altro.
Che idea ti sei fatto del dolore in questo mondo, e soprattutto in Germania a causa dei campi di concentramento?
In verità, sinceramente quando ricerchi la vita anche dove c’era la morte pensi solo alla vita. I musicisti che sono morti nei campi ci hanno comandato la vita non ci hanno con il loro eroismo artistico oltre che di vita non ci hanno suggerito la morte ma la vita. Occorre recuperare tutto in fretta, prima che si perda, prima che le informazioni vadano perdute o le persone non siano più raggiungibili e tutto questo naturalmente assolve a livello quotidiano tutte le ore che hai a disposizione. Difficilmente mi fermo a riflettere su tutto quello che sta dietro, naturalmente mi è presente, ce l’ho presente e ogni partitura porta con te o con se il disagio, il dolore, la tragedia, sentimenti forti che si solidificano nella partitura e la partitura certe volte ti sembra una scultura più che musica e ogni nota intagliata con la calligrafia ottenuta certe volte con la matita, col pezzo di carbone, con la penna malferma con tutto quello che poteva significare scrivere in quegli anni e tutto questo ti riporta, ti fa vedere come una fotografia la situazione in quel momento di tragica, di drammatica di come il fenomeno artistico si sta sviluppando nei campi. Sono momenti ecco squarci che si aprono. Poi vieni riassorbito dalla ricerca musicale e a quella credo che dovrò pensare per il resto dei miei anni fino a quando avrò dato alla ricerca alla letteratura musicale concentrazionaria una sufficiente definitiva perimetrazione.
Quali sono i tuoi musicisti di riferimento?
A parte la musica di Joan Sebastian Bach, come ho detto prima questa ricerca mi ha fatto conoscere musicisti geniali, giganteschi che la guerra ha spazzato via, anche per chi è sopravvissuto la sfortuna si è abbattuta e persone che avrebbero dato delle sterzate enormi al linguaggio musicale sono morte una due anni dopo la guerra. Sto pensando alla musica di Emil Gouè, un grande, veramente un grande allievo di Kochlin, Albert Russel era ufficiale dell’esercito francese, fu imprigionato presso un campo tedesco presso Oflang xa Niemburg am Weser, scrisse delle opere geniali per pianoforte, per pianoforte e orchestra e morì un anno dopo la liberazione per una malattia contratta nel campo. Io di Gouè ho studiato tutto. Sono amico dei familiari, e se fosse sopravvissuto sarebbe oggi uno dei punti di riferimento della letteratura musicale mondiale. Ma c’è la musica di Jean Martinon, Maurice Thiriet, soprattutto dei francesi, Marcelle D’Autremer, c’è il capolavoro italiano scritto da Arturo Coppola e il giornalista scrittore Giovannino Guareschi cioè la favola di Natale un’opera immensa. Io vorrei tanto che, farò di tutto perché entri nel repertorio di tutte le orchestre italiane perché è un capolavoro assoluto veramente paragonabile a opere come Pierino e il lupo, di Prokofiev e altre opere basate su favole e con ovviamente un’inventiva diversa, non c’è genialità ma c’è ricchezza e tanta vena melodica nell’opera nella favola di Natale. Ci sono i musicisti dei Gulag, che adoro hanno scritto delle opere pianistiche meravigliose penso ad Alexander Mosolov, alla sonatina dei 24 preludi e fughe e poi ci sono i giganti di Terezin Hanz Kràsa e altri minori.
Qual è la città nella quale vorresti ritornare a suonare e perché?
Vorrei suonare a Praga. Tutto è cominciato a Praga a 60 chilometri da Praga. I primi amici della ricerca sono tutti di Praga. Non è rimasto più nessuno l’amico Petr Pokorny compositore, Blanka Cerivinkova una donna che ho adorato era la direttrice musicale della biblioteca comunale di Praga e la direttrice della casa editrice Tempo. Quanto mi ha aiutato! Praga è una città nella quale quando arrivi senti che è tua. Ti è familiare come se tu fossi vissuto un’altra vita in quella città, come un deja vu. Tutti i posti di quella città ti suonano come se fosse casa tua, mi piacerebbe suonare in un posto che ti è familiare questo è Praga.
Quali Musiche hai composto che ti hanno reso un personaggio celebre nel mondo?
E’ una domanda non esatta. Io non sono un compositore eseguo, anche se poi ho scritto un’opera: “Misha e i Lupi” opere pianistiche, una cantata per orchestra da camera e sto finendo di scrivere un Requiem e delle variazioni degli studi su un tema di Paganini. Non sono un compositore, sono un pianista e se mai un ricercatore ed è questa la mia attività quello che faccio ogni giorno.
E’ una domanda non esatta. Io non sono un compositore eseguo, anche se poi ho scritto un’opera: “Misha e i Lupi” opere pianistiche, una cantata per orchestra da camera e sto finendo di scrivere un Requiem e delle variazioni degli studi su un tema di Paganini. Non sono un compositore, sono un pianista e se mai un ricercatore ed è questa la mia attività quello che faccio ogni giorno.
Mi puoi commentare questa frase: “La Musica è pericolosa”! Cosa intendeva dire secondo te il Compositore Nicola Piovani?
La frase appartiene al regista Federico Fellini, ma Piovani ne ha ricavato un libro…
Si, la musica è capace di devastare ma positivamente ogni aspetto della tua vita e di assorbirla di rendere la tua vita monotematica nella ricchezza infinita della musica. Fai solo musica, pensi solo alla musica. Non so se questo è un pericolo. Alla fine se fosse così, tanti musicisti hanno affrontato la sfida e si sono messi in gioco ed hanno reso questo pericolo una presenza quotidiana. Nella vita rischi di leggere altri aspetti con le lenti della musica.
La musica ha il potere di sollevare quindi potresti perdere di vista la pesantezza materiale di tante situazioni. Però, chi legge le cose con gli occhiali della musica ha una capacità di approfondimento, di perforazione, di carotaggio delle realtà umanitarie che altri non hanno e questa è una delle qualità per cui valga la pena affrontare il pericolo della musica.
Si, la musica è capace di devastare ma positivamente ogni aspetto della tua vita e di assorbirla di rendere la tua vita monotematica nella ricchezza infinita della musica. Fai solo musica, pensi solo alla musica. Non so se questo è un pericolo. Alla fine se fosse così, tanti musicisti hanno affrontato la sfida e si sono messi in gioco ed hanno reso questo pericolo una presenza quotidiana. Nella vita rischi di leggere altri aspetti con le lenti della musica.
La musica ha il potere di sollevare quindi potresti perdere di vista la pesantezza materiale di tante situazioni. Però, chi legge le cose con gli occhiali della musica ha una capacità di approfondimento, di perforazione, di carotaggio delle realtà umanitarie che altri non hanno e questa è una delle qualità per cui valga la pena affrontare il pericolo della musica.
E’ vero che gli Artisti sono “benefattori dell’umanità”?
Mi piacerebbe che tutti gli artisti siano tali e anche il mondo artistico come tutti i micromondi e i microcosmi del pianeta hanno le loro divisioni e le loro come dire quelli che sono riusciti, quelli che non sono riusciti, ci sono tutte le stratificazioni anche nel mondo dell’arte. Forse l’artista ha una marcia in più, ecco ha la possibilità subito di arrivare ad una comunicazione diretta con chi beneficia dell’arte e sicuramente gli artisti muovono il pensiero, il linguaggio e pongono in essere, oggi seminano germogli che magari daranno i loro frutti fra 50 60 anni. Mi piacerebbe pensare che fra 50 anni per esempio, che tutte le opere che ho ritrovato scritte nei campi di concentramento sono migliaia. Oggi sono 8000 ma quando finirò di analizzare i documenti potrebbero diventare 10.000, 12.000 ecco musica praticamente sconosciuta, penso che sia tutta sconosciuta. Ecco mi piacerebbe pensare: che fra 50 anni questa musica divenga familiare come si suona Schubert, Mozart e anche Autori contemporanei, Stockhausen ma faccia parte del patrimonio del bene artistico comune. Se raggiungerò anche la millesima parte di questo scopo mi sentirei anch’io un benefattore.
Quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Io al futuro sono già arrivato perché con i miei 52 anni sono approdato in quella che sia l’era più bella dell’esistenza umana, quella che da 50 anni ti porta alla vita degli ultimi giorni, alla senilità e quindi sono i progetti del presente di un presente che è fatto non di proiezioni di cosa farò, si ci sono delle cose che farò ma si non sono chiare nella mente, il futuro ad un certo momento diventa non una proiezione della mente, del cuore verso giorni lontani nei quali dare corpo ai tuoi desideri, diventa solo una questione di calendarizzazione quasi ci arriverai come adesso, dove sono io a Beer Sheva, domani tornerò a Roma mi sposterò come tappe di un primo viaggio già disegnato e questo è il mio progetto.
Quando sarà possibile visitare il museo di Barletta?
Barletta è un progetto che mi assorbirà completamente. Spero di non farmi assorbire appunto da rallentare le mie ricerche, ma è il terminale di queste ricerche, volevo aspettare qualche anno, aspettare di arrivare ad una fase più avanzata delle mie ricerche, volevo pubblicare il testo: Thesaurus Musicae Concentrazionarie. L’anno scorso fu emanato un bando dal consiglio dei ministri e l’occasione era troppo importante perché potessi procrastinare questo progetto grazie all’architetto barlettano Nicolangelo DiBitonto. Abbiamo creato questa cittadella di 9000 metri quadri e che è adesso alla fase di progetto definitivo, arriverà a progetto esecutivo e speriamo di porre la prima pietra nell’aprile-maggio dell’anno prossimo. Da quel momento, i tempi di costruzione dovrebbero essere di circa 3 4 anni. Spero nel 2022 di condividere questo sogno con tutti coloro che avranno la bontà di aspettare.