Giuseppe Maurizio Piscopo
Una notte ritornai in automobile da Milano durante le vacanze di Natale . Approfittai della cortesia di un collega che come me faceva il maestro a Milano e rientrava a Canicatti per le festività. Fui io stesso ad indicargli la strada, e quando arrivammo alle porte di Favara conosciuta nel mondo come il paese del film: “Il Cammino della speranza” girato in queste strade dal grande regista Pietro Germi, annunciai al mio amico che da lì a poco avremmo visto una delle sette meraviglie del mondo: la fontana di Giarritella che avevo visto e sognato durante tutta l’infanzia, affollata di donne, muli, carretti e carrettieri che andavano a lavorare in campagna e in miniera e partivano alle prime luci dell’alba. Ricordai la lunga fila delle donne che riuscivano a portare i “lanceddri” in testa, un bimbo in grembo ed uno stretto in mano. Partivano dalla collina di San Francesco, passavano dalla fontana di Canali, al lavatoio e strizzavano la biancheria che brillava sotto i forti raggi del sole. Lenzuoli bianchissimi e bimbi con il viso sporco di terra. I più piccoli allattavano al seno materno per strada. Sorrisi malandrini solcavano le gote…
Nel mio cuore pensavo: che la vita è allegra e spensierata solo quando si è bambini.
Nel mio cuore pensavo: che la vita è allegra e spensierata solo quando si è bambini.
Un vecchio, un giorno mi sussurrò:- che la Giateddra moriva quannu unn’havia cchiù acqua. Allora diventava come un vecchio che ha solo gli occhi aperti, vorrebbe parlare ma gli manca la forza e la parola… La parola la fontana della Giarritella l’ha avuta per tanto tempo finchè c’era l’acqua… Un giorno è finito tutto! Come si possono scordare le liti e le grida delle donne di questo quartiere che volevano riempire per prime i loro “bummuli” e le loro “lanceddri”. Sciarri niuri di fimmini, fatte di grida, muzzicuna, parole cattive di rabbia, finu a strazzarisi l’ultimo capello che avevano in testa e le persone che le dividevano si prendevano calci e pugni. “Cu sparti n’havi a megliu parti” si dice da noi. E poi filami contro tutta la famiglia fino alle sette generazioni.
Voci che arrivavano fino in cielo, con i Santi che si giravano dall’altra parte per non sentire, qualche santo sorrideva e magari pensava:- ci vuole il vento in chiesa ma no astutari i cannili! Quando si esagera, si esagera… Le lanceddri si rompevano, si smuddricavanu, pizzuddru pi pizzuddru come i sogni che si infrangono in una tempesta improvvisa. Quelle donne che vedevo in chiesa la Domenica e nelle feste comandate, alla Giarritella si trasformavano e diventano cattive, arrivavano a strapparsi le vesti, a buttarsi a terra a lu vaddruni e l’acqua si perdeva. I bambini piangevano, avevano gli occhi tristi pieni di malinconia. Ma gli anni passarono lo stesso, così presto diventarono uomini e le donne si sposarono e partirono per il mondo e dimenticarono la fontana e le liti.
A la Giarritella i contadini, gli zolfatari, i muli, i cavalli, i cani randagi trovavano un momento per rinfrescarsi, prima di attraversare campagne assolate con strade interminabili. Accanto alla fontana c’erano due palme bellissime e profumate che mandavano una frescura straordinaria e nascondevano la luna piena dell’estate, quella luna di uno strano colore, un colore forte e intenso tanto che le donne incinte avevano un ingiustificato timore. Quella notte non riconobbi più il mio paese natio. La palme erano state abbattute e la fontana era asciutta. Non c’era più. Chiesi al mio amico di farmi scendere dall’auto. Ero stordito. Prima rimasi in silenzio, poi dissi che ero arrivato a casa. Avevo bisogno di riflettere, di rimanere da solo con me stesso. Guardai la luna e piansi nel silenzio della notte…