Sicilia ON Press. Tutti i diritti riservati. Testata giornalistica registrata al Tribunale di Agrigento al n. 314 del 10/01/2013. Direttore: Franco Pullara. Società editrice: SE.CO.FORM. S.R.L. Sito creato da Salvo Vinciguerra Architetto.
Armando Rotoletti (Messina, 1958) ha studiato fotografia presso il St. Mary College e il London Polytechnic (ora University of Westimnster), a Londra. A Milano, negli anni Ottanta si è dedicato al fotogiornalismo e, tra il 1985 e il 1995, è
stato protagonista di numerose mostre personali e collettive. Nel 1990, su invito di Grazia Neri, è entrato a far parte della sua agenzia, divenendo fotografo-ritrattista di personaggi della cultura, dello spettacolo e dell’economia.
I suoi reportage sono stati pubblicati da molte riviste, tra cui i settimanali «Sette»e «Io donna» del «Corriere della Sera», «Vanity Fair», «The Sunday Times». Da una decina d’anni si dedica, inoltre, a lavori di ampio respiro e di approfondimento
sociale – come Casa della Carità. I volti le storie (2005), dedicato alla fondazione di don Colmegna, o Barbieri di Sicilia (2007), un viaggio tra le ultime botteghe di barbiere sull’isola – e a paesaggi e volti dei distretti agroalimentari (Langhe, Food Valley): Gente di Barbaresco (2013), è il primo risultato di questo impegno. Con Circoli di
conversazione a Biancavilla (2013), Rotoletti esplora la realtà antropologica di un paese alle pendici dell’Etna, dal destino incerto e in lotta perenne con la modernità. Un altro suo volume, Valelapena (2013), racconta storie di riscatto dal carcere di Alba, dove ai detenuti è consentito il lavoro nel vigneto del penitenziario. Scicli, città felice (2014), è il racconto fotografico di una delle più affascinanti città barocche della Sicilia sudorientale. Nel 2015 ha pubblicato Vino e gente dell’Etna, che documenta lo straordinario territorio del vulcano e il suo rinascimento enoico, Il volto dell’IO, che raccoglie cinquanta ritratti di filosofi italiani, realizzati nel corso dell’ultimo decennio e Noto. Le pietre i volti, frutto dell’amore per la cittadina siciliana da parte di Armando Rotoletti, che ha deciso di narrare per immagini la sua unicità e bellezza.
Trovate parte del suo lavoro sul sito: www.armandorotoletti.com
Come era Armando Rotoletti da bambino?
Ho avuto due infanzie molto diverse: nella prima, fino ai cinque anni, ero un bambino vivacissimo e felice. Poi mi toccò la peggiore esperienza che possa capitare ad un bambino: la morte della mamma.
Che ricordo hai della scuola elementare e del tuo Maestro?
Del posto dove venni mandato ho ricordi drammatici. Ricordo la mia prima maestra come una persona cinica e disumana.
Sarà per questo che per tutta la vita ho cercato Maestri.
Sono felici i bambini di oggi, tu sei stato un bambino felice nella tua infanzia?
I bambini oggi mi sembrano molto più curati e seguiti e, di conseguenza, più felici.
Io sono stato un bambino infelice.
Chi è un fotografo alle soglie del terzo millennio?
Colui che raccoglie la bellezza, documenta gli orrori, salva i momenti topici dall’oblio e dalla morte.
Ha la stessa funzione di sempre: raccontare storie, e così sarà finche il mondo esisterà.
Qual è stato il tuo rapporto con la Sicilia?
Per tutta la vita ho avuto con la Sicilia un rapporto di odio e amore. Per crescere e diventare adulto ho dovuto scappare, ma è il mio ombelico e non mi posso staccare da lei. Ancora oggi cerco di scandagliarne le ragioni.
Perché Scicli l’hai definita: “La città felice”…Qual è il fascino di questo paese?
Perché ha mantenuto l’armonia e il carattere di chi l’ha pensata e ricostruita subito dopo il terribile terremoto del 1693. Scicli “doveva” ritornare ad essere felice dopo lo strazio della sua distruzione. La potenza di quella volontà si respira ancora nel colore ricco, pieno e vivace delle sue mura, nei mascheroni che irridono il destino da sotto i balconi e sulla facciata delle chiese. Basta vederla per rendersene conto.
Vittorini l’ha pensata come te, Montalbano ha scelto i luoghi del romanzo di Camilleri, certamente Scicli deve avere qualcosa di magico. Che cosa ha di magico Scicli?
L’armonia dell’impianto architettonico di tutta la città ispira un grande senso di serenità. Credo che questo cambi l’atteggiamento anche di chi la vive e la abita.
Noto, Scicli, Ragusa tu ami così tanto i luoghi del barocco siciliano?
Amo lo spirito del Barocco siciliano: rappresenta la sfida della vita sulla morte, la rivincita del destino, la ricostruzione e la bellezza dopo la distruzione e il dolore imposti dal terremoto.
Tre sono le città fondamentali della tua vita: Messina, Londra e Milano. E’ così?
È così: Messina è la mia patria, ma è a Londra che ho capito cosa volevo diventare e ho imparato il mestiere di fotografo, e Milano mi ha concesso la rara opportunità di vivere di ispirazione.
Chi è l’architetto divino?
Santiago Calatrava, genio di creatività infinità e inventore di un’architettura dalle forme aeree e leggere che non smette mai di incantarmi.
Qual è il potere di una foto?
Una buona foto può solo attivare una maggiore consapevolezza.
Quelli che ne sanno più di me sostengono, che i giornali stranieri fanno un uso migliore della fotografia rispetto agli italiani, che ne pensi?
La potenza e l’importanza dell’immagine sono ancora fattori sottovalutati nell’editoria italiana (a meno che non si tratti di gossip). Qui di solito ci si accontenta di foto di repertorio rubacchiate in rete. Eppure viviamo di Facebook, una piattaforma che ignora ogni commento che non sia corredato di immagini. La stampa straniera si è sempre comportata diversamente, soprattutto quella tedesca, giapponese e francese.
Ti ho conosciuto dal Reportage sui barbieri di Sicilia, il tuo splendido reportage realizzato in un vecchio salone della Piazza di Corleone. Pensa, che avevo chiesto una presentazione allo scrittore Vincenzo Consolo per il libro “Musica dai Saloni” curato da me e Gaetano Pennino per la parte letteraria e da Giuseppe Calabrese e Domenico Pontillo per quella musicale ebbene Consolo mi rispose, che non poteva poiché aveva scritto l’introduzione al tuo libro insieme a Igor Man.
Che cosa ti ha dato questa esperienza dei barbieri?
Negli anni ’90 ho realizzato che un intero mondo era destinato a scomparire: le barberie, da sempre teatro di comunicazione maschile, dove le amicizie si formavano o si separavano, dove si imparava a suonare e si tenevano piccoli concerti, dove si chiacchierava di donne e di affari, stavano chiudendo per anzianità dei proprietari che non lasciavano eredi. Non potevo fermare questo fenomeno, ma potevo documentarlo prima che si estinguesse. Per due anni ho dedicato al progetto tutto il tempo disponibile.
È stata una delle esperienze più intense della mia vita di reporter, sono riuscito a raccogliere le ultime gocce di una cultura popolare così intrisa di umanità che perderne la testimonianza, anche soltanto visiva, sarebbe stato un vero peccato.
Svolgendo una piccola ricerca ho scoperto che ti sei occupato dei ritratti della saggezza, me ne vuoi parlare?
Purtroppo non ho potuto frequentare le scuole che avrei scelto per formare la mia cultura, ma da quando ho padronanza della macchina fotografica, la utilizzo come strumento di conoscenza, un po’ anarchico, ma molto efficace: se voglio capire una cosa, la fotografo. È nato così il mio progetto sui filosofi, che è sfociato nel libro “Il volto dell’Io”. Non ho avuto tempo di leggere le opere dei filosofi italiani più importanti del nostro tempo, ma li ho conosciuti personalmente, che non è la stessa cosa, ma che ha allargato di molto lo spettro della mia conoscenza. Ho fotografato i loro volti e le loro mani (ho chiesto loro di produrre un gesto il più spontaneo possibile), e ho corredato i ritratti di una frase, un detto, una massima a loro scelta.
L’idea del gesto non era studiata, è uscita da sola, ma alla fine è servita ad accorciare le distanze, a rendere i grandi intellettuali più alla portata di tutti. Questa è stata sempre una mia piccola ossessione, e credo che il mio intento, in questo caso, sia riuscito.
Che cos’è la saggezza per un fotografo professionista?
Comprendere che l’impegno per contribuire a rendere più umano il nostro pianeta è l’unico possibile
E i volti della carità: quali sono i volti della carità nel mondo in cui viviamo?
Viviamo in un tempo di paradossi: molta ricchezza ma anche molta miseria, intellettuale, culturale e materiale. C’è molto bisogno di carità, per i migranti che vagano sulle nostre strade, nelle città e nelle campagne, con tutti i loro averi in un sacchetto di plastica, per i pensionati che rovistano nella spazzatura, per gli agricoltori che lavorano per pochi euro al giorno, per i giovani che non hanno ancora trovato il modo di costruirsi un futuro, per chi non legge, per chi non impara, per chi vive di pregiudizi.
Perché sono scomparsi gli studi fotografici di paese con la loro memoria storica?
L’avvento del digitale ha cambiato le carte in tavola nel mondo della fotografia. I cambiamenti sono arrivati troppo in fretta e non ci hanno dato il tempo di orientarci. Avremmo dovuto cercare di salvare le parti più importanti di questi archivi sconfinati, digitalizzarli per renderli disponibili anche alle generazioni future e consentire ai posteri un “bis”, come diceva già in tempi non sospetti Gesualdo Bufalino.
Che cos’è veramente la libertà per un fotografo, una persona che ha vissuto in giro per il mondo come te?
Libertà è seguire la propria strada, che porti alla folla o alla solitudine, alla gloria o all’indifferenza. Si conquista solo lavorando duramente tutti i giorni.
In Sicilia c’è un particolare modo di raccontare la vita: “Vedendo senza vedere”, “Dicendo senza dire”… Qual è il vero mistero della Sicilia?
Il vero mistero della Sicilia è la Sicilia stessa: una terra che ha ricevuto in dono tutte le ricchezze che si possono immaginare, un mare caldo che bagna spiagge tra le più belle al mondo, un clima invidiabile e un terreno fertilissimo che insieme la fanno esplodere di frutti meravigliosi. Le culture che l’hanno assoggettata nel corso dei secoli l’hanno arricchita di tesori di cui possiamo ancora godere, eppure i siciliani hanno paura. Paura di vedere, e paura di parlare. Difficile capire perché.
La bellezza salverà il mondo, ha scritto uno scrittore russo: Fedor Dostoweskj. Ed anche una bella foto può salvare il mondo?
Forse non basta una bella foto per salvare il mondo, ma le immagini ci arrivano più forti delle parole e ce le ricordiamo meglio. Una foto che racconta una storia con intelligenza e sensibilità vale più di mille parole, soprattutto se si riesce a evocare anche quello che è fuori dall’inquadratura. Per di più le fotografie sono il nostro diario, il nostro magazzino dei ricordi, potenti stimolatori di serotonina o di malinconia. Poche cose ci possono dare così tanta felicità.
Nelle librerie si trovano sempre meno libri fotografici, qual è secondo te la causa?
In realtà ho la sensazione opposta, forse perché conosco tanti editori minori che si occupano di fotografia e fotografi che auto-producono i loro libri.
Hai mai fotografato scene di mafia o di guerra per il tuo lavoro?
No.
Le città di oggi sono caotiche e rendono le persone nervosissime. E’ come se perdessero il controllo, non amano più i tramonti, i fiori, i colori della luna, i colori del cielo, l’azzurro del mare. Forse bisogna lasciare la città per ritrovare la pace con se stessi e per apprezzare il silenzio… Che ne pensi?
Ho vissuto fino all’adolescenza rinchiuso in un maniero, rimpiangendo il tempo in cui, da bambino, mi potevo arrampicare sugli alberi. Vivo le città come luoghi di reclusione e generatori di paranoie, e non vedo l’ora di ritornare a vivere in campagna. Chissà che non possa prima o poi ricontattare il bambino felice che sono stato.
Qual è la foto più curiosa che hai scattato?
Alberto Alessi ( proprietario di Alessi, utensili di design per la cucina e la casa) fotografato per l’inserto del Sunday Times nel gesto di fare pipì con una gomma da giardino, sul suo spazzolino da WC “merdolino”.
Quello scatto lo sorprese al punto da chiamarmi per realizzare una foto pubblicitaria per la sua azienda.
Quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Sto completando un libro che uscirà prima di Natale: “Sicilia in Piazza”. Più cerco di emanciparmi dalla Sicilia, più lei mi aggancia con qualche malia. Preparare questo libro è stato il pretesto per conoscerla ancora più a fondo, per attraversarla da Nord a Sud e da Est a Ovest passando per il suo centro. Quasi un viaggio di formazione. La Sicilia nasconde piazze di bellezza inimmaginabile e nascosta. Nascosta quasi sempre dalle auto che le usano come parcheggi. Per le mie foto ho deciso di farle sgomberare completamente, con l’aiuto dei sindaci o dei vigili urbani. Le mie piazze quasi non esistono, ma sono il monito di quello che potrebbero essere, se la gente che le abita decidesse di rispettare l’intento di chi le ha costruite: spazi in cui la città respira.