Giuseppe Maurizio Piscopo
Ricorda con nostalgia i tantissimi spettacoli di piazza che ha presentato, in giro per tutta la Sicilia, ininterrottamente dalla prima metà degli anni Sessanta fino alla fine degli anni Ottanta. “Erano– dice Egidio Terrana- momenti di grande aggregazione popolare, particolarmente attesi nei paesi anche perché nella maggior parte dei casi si concludevano con l’esibizione dei grandi divi della musica leggera italiana di allora. Sono quasi trent’anni che non ne conduco più, salvo qualche rarissima eccezione, e non ti nascondo che ne ho grande nostalgia”.
E’ con questo ricordo che si apre l’intervista con Egidio Terrana, 66 anni, presentatore, da più di 50 anni, non solo di spettacoli di piazza, ma anche di grandi eventi culturali (ultimo in ordine di tempo il Festival delle Scienze al Tempio di Giunone di Agrigento, che ha avuto anche una collaterale di grande successo a Favara con la Scienza in piazza); giornalista di lungo corso e per ben 39 anni, come ama simpaticamente precisare “insegnante a sua insaputa“.
Come ha reagito il pubblico la prima volta che hai presentato uno spettacolo? Ti ricordi esattamente quando è successo e cosa stavi presentando?
Il mio primo spettacolo, lo ricordo benissimo, l’ho presentato il 16 maggio del 1965. Avevo 15 anni. Una iniziativa nata per caso tra amici a Grotte, paese dove sono nato e dove ho sempre abitato. Come ha reagito il pubblico? Sono tornato a casa incolume. Scherzi a parte, di quella esperienza conservo un bel ricordo. Il pubblico fu generoso nei confronti di tutti. E non poteva essere diversamente considerato che era formato prevalentemente da familiari ed amici.
Come eri da bambino?
Ero sicuramente un bambino tranquillo ed educato, che ha avuto il privilegio di vivere la sua infanzia, e parte dell’adolescenza, in una stazione ferroviaria, mio padre era un capostazione delle Ferrovie. Dico privilegio perché in quegli anni le stazioni, oggi ormai quasi tutte disabilitate e abbandonate, pulsavano veramente di vita, e ti consentivano di vivere in un luogo che, così è rimasto nei miei ricordi di bambino, sapeva di magico.
Come hai scoperto le tue qualità artistiche?
Più che di qualità artistiche parlerei di passione. Sin da piccolo ho sempre provato una grande attrazione per il mondo della televisione. Con la Tv sono praticamente cresciuto. Parlo, soprattutto, dei programmi televisivi degli anni Sessanta, quelli che hanno in qualche modo accompagnato la mia infanzia e la mia adolescenza. Una televisione elegante, pulita, con tanti programmi, nonostante trasmettesse solo due canali, che andavano nella direzione giusta rispetto alle aspettative della gente. Quella televisione, per intenderci, che di tanto in tanto ci ripropone Techetechete, recuperando volti storici della Tv di quel periodo, passato alla storia come “era Bernabei”, dal nome del direttore generale di allora. I titoli di programmi che potrei fare, e dei relativi protagonisti, sono tantissimi, ma rischierei di annoiare qualcuno. Meglio passare alla prossima domanda.
Spesso ho pensato che con la tua professionalità, la tua cultura e il tuo garbo potevi fare carriera nella Rai, ma lì ci vuole una forte dose di politica e spostarsi a Roma la città degli “intrallazzi”
Caro Maurizio, devo in parte contraddirti. Al di là delle raccomandazioni, che sicuramente svolgono un ruolo non indifferente, e a tutti i livelli, io credo che, posto che uno abbia le qualità necessarie, se vuole raggiungere un traguardo deve avere soprattutto coraggio e determinazione. Credo che sia questo il messaggio che deve passare e che abbiamo il dovere di lanciare alle nuove generazioni. Per quanto mi riguarda, va bene così, sono pienamente soddisfatto di quello che ho fatto e grato a quanti mi hanno sempre aiutato e collaborato.
Tu hai fatto molta televisione, bella televisione, rispettosa del pubblico, colma di contenuti e di qualità. Peccato che una trasmissione come Domenica è sempre domenica non sia stata realizzata da un canale Rai.
Domenica è sempre domenica era, dico era perché non credo di riprenderla più, una trasmissione che raccontava soprattutto fatti e protagonisti del nostro territorio, e, così com’era fatta, non penso che potesse aspirare ad una collocazione su un canale nazionale.
Cosa pensi dei programmi tv di oggi
Ce ne sono sicuramente di buoni, e distribuiti nelle varie reti. Bisogna solo saperli cercare. Molto poi dipende dai singoli gusti. Non faccio titoli, né nomi di conduttori, sicuramente mi infastidiscono tutti quei programmi, a prescindere dalla rete in cui vanno in onda, che cedono molto alla banalità, al gossip, alla volgarità, e mi dispiace pure scoprire che questi programmi spesso sono soprattutto seguiti dai giovani.
E dei giornali cosa pensi. Si sono adeguati alla velocità dei cambiamenti di internet, delle notizie in tempo reale, o presto spariranno?
Con l’avvento del web, che “brucia” le notizie in tempo reale, molti quotidiani hanno perduto terreno, a cominciare dalle due principali testate della nostra regione, che denunciano una forte sofferenza. Spariranno? Non sono in grado di prevederlo. Mi auguro proprio di no.
Giancarlo Macaluso, Gaetano Savatteri, Egidio Terrana. Siete stati voi a creare il giornale Malgrado tutto.
I fondatori di Malgrado tutto sono stati Giancarlo Macaluso e Gaetano Savatteri , oggi affermati giornalisti. Savatteri, come ben sappiamo, anche noto e apprezzato scrittore. Tra i fondatori anche Carmelo Arrostuto, che dopo qualche anno seguì altra strada. Correva il 1980 e i tre, allora studenti liceali, erano alla disperata ricerca di un giornalista a cui affidare, così come la legge prevede, la direzione del giornale. Non trovandolo a Racalmuto furono costretti a spostarsi nella vicina Grotte, dove incontrarono subito la mia disponibilità. Incredibile! Il giornale di Racalmuto diretto da un grottese, alla faccia della storica rivalità che negli anni aveva simpaticamente, in più occasioni, visto in competizione i due comuni.
Ho letto che Sciascia seguiva Malgrado tutto. Ha anche scritto per questo prestigioso giornale. E’ così?
E’ esattamente così. Nel primo numero di Malgrado tutto, pensa un po’ in formato ciclostile, campeggia un articolo
di Sciascia dal titolo “L’uomo del Sud”, dove lo scrittore di Racalmuto parlava della staticità e passività dei meridionali. Ma la sua disponibilità non si fermò solo a quel primo numero del giornale, continuò anche dopo. In verità bisogna dire che lui aveva qualche riserva verso i giornali locali, sosteneva che spesso prestavano attenzione ad episodi di sottocultura, trascurando i veri problemi della comunità. Ecco perché ci raccomandava sempre di restare fedeli alla nostra matrice di giornale del territorio, osservando criticamente e onestamente la realtà locale. Mi piace poi ricordare di Sciascia che lo affascinava molto il titolo del giornale. “Contiene-diceva-una visione delle cose illuministica, diderotiana”.
Che cosa ricordi con piacere della tua lunga esperienza di maestro elementare?
Intanto i colleghi che, andandomene in pensione, ho lasciato tra i banchi di scuola. Pensando al loro appassionato e meraviglioso lavoro sento proprio di dire che la “buona scuola”, al di là degli slogan della politica, esiste, è sempre esistita. Quelle che invece mancano oggi nel nostro Paese sono le politiche scolastiche concrete, in grado di mettere chi opera all’interno della scuola nelle condizioni di lavorare più serenamente. E poi naturalmente le centinaia di alunni che ho avuto in 39 anni di insegnamento. Per tutti mi piace ricordare un bambino veramente speciale, del quale però ometto il nome. Era dislessico, ma parlava in maniera divina. Un giorno, all’inizio dell’anno scolastico, eravamo in quarta, concordammo che lui due volte la settimana, nelle mie ore, avrebbe avuto a disposizione uno spazio di 10 minuti dove poteva affrontare un argomento a libera scelta. Sentire la sua versione di come si è formato il sistema solare, di come si sono estinti i dinosauri, perché le donne etrusche amavano truccarsi sono capitoletti di vita scolastica che mai e poi mai avrei pensato di vivere. Compreso il giorno in cui quando gli chiesi quale argomento aveva scelto mi rispose, con naturalezza disarmante, che avrebbe parlato delle amanti di Napoleone. Lo convinsi che sarebbe stato decisamente più interessante parlare solo di Napoleone. E cosi fu.
Quali sono i tuoi progetti per il futuro
Non ho progetti particolari. Sicuramente continuerò a fare le cose che mi piacciono. In primavera conto di tornare in Tv, se non ci sono imprevisti, con la seconda edizione de “La donna della domenica”, otto puntate in tutto. E poi mi piacerebbe tantissimo tornare nelle piazze. Con uno spettacolo che tra musica, immagini e coreografie possa raccontare la storia della canzone italiana. Che ne pensi, caro Maurizio?