L’assenza di una politica con la “P” maiuscola genera una tale confusione da rendere difficile definire i responsabili e le responsabilità del servizio inadeguato reso all’utenza.
Terminata l’era di Crocetta, si inizia quella di Musumeci e si riaprono nuove speranze per soddisfare le richieste degli agrigentini di una fornitura a basso costo e di qualità adeguata.
Strano a dirsi, ma se, davvero, si vuole cambiare in meglio dipende dalla stessa utenza. Lo dimostra il grande lavoro fatto fino adesso dai comitati in difesa dell’acqua pubblica e dalle associazioni di consumatori. Oggi sono loro i maggiori conoscitori della problematica e il faro acceso dell’attenzione sulla politica. Chi sono? Sono artigiani, professionisti, pensionati, disoccupati, padri e madri di famiglia che si sono stancati di sopportare il disagio e, invece, di semplicemente lamentarsi, hanno deciso di unirsi e lottare insieme per migliorare la condizione di tutti. Sono diventati i migliori esperti della problematica.
Una vera democrazia li inviterebbe a fare parte dei tavoli tecnici, ai quali porterebbero grandi vantaggi e vero cambiamento. La nostra strana democrazia li lascia fuori dalla porta. Danno fastidio ed è presto spiegato il motivo. La stragrande maggioranza degli eletti rappresentanti del popolo vive la carica politica dentro la “legittimità” degli atti senza curarsi molto dei sacrifici e dei disagi della gente. Di contro i comitati iniziano proprio dai disagi e dai sacrifici dei cittadini. Faccio un esempio per aiutarmi ad essere più chiaro. Per assicurare l’acqua nell’agrigentino, la politica somma i costi della fornitura idrica, dell’energia elettrica necessaria per pompare l’acqua, del personale tecnico e amministrativo, dell’Ati e di tutto il mondo che gira intorno al sistema, il totale è diviso e caricato all’utenza, senza se e senza ma. I comitati, dal canto loro, iniziano dalla capacità di reddito dell’utenza e spingono a fare rientrare la spesa all’interno di questa, cercando e trovando gli sprechi, le inadempienze, le cose che non vanno e proponendo soluzioni, a volte, “scomode”. In sintesi, rompono le palle ai politici e al sistema. Meglio non averli tra i piedi.
Un rappresentante presente nel tavolo tecnico inizierà a chiedere le grandezze della fornitura idrica alla città, del fatturato, delle perdite lungo la rete idrica, delle manutenzioni, praticamente affronterà la questione come l’affronta ognuno di noi utente, da buon padre di famiglia. Troppo scomodo e troppo ingombrante in una realtà politica che ama tirare avanti fino alla scadenza del mandato senza grandi emozioni.