Giuseppe Maurizio Piscopo
Carmelo Antinoro è nato a Favara il 27 dicembre 1957. È architetto, dirigente dell’Amministrazione Regionale dei Beni Culturali e dell’Identità Siciliana, dipartimento Beni Culturali e dell’Identità Siciliana.
In età giovanile ha coltivato l’interesse per la pittura (di seguito si riportano alcuni dipinti ad olio su tela degli anni “80 dello scorso sec.).
Da un ventennio è impegnato nella ricerca, in campo storico, sullo sviluppo sociale e del tessuto urbano di Favara antica, sulle emergenze architettoniche, sulle famiglie e sulla loro genealogia.
Tra i suoi impegni professionali nel campo della tutela e restauro dei beni culturali, a Favara, sono da menzionare il recupero del castello medievale; delle chiese del SS. Rosario e del Purgatorio; della scaffalatura lignea del fondo antico della biblioteca comunale barone A. Mendola; la realizzazione della biblioteca del convento dei frati Minori francescani.
Ha pubblicato i seguenti libri:
– Favara: epidemie, ospedali, cimiteri, sepolture, … ediz. Medinova, a. 2002;
– La famiglia Mendola genealogia, nobiltà, possedimenti, attività, opere … dal XVII al XX sec, a. 2003;
– Il castello dei Chiaramonte di Favara, a. 2006;
– Giustizia e verità nella vita del barone Antonio Mendola, ediz. ProLoco Castello Favara, a. 2008.
Nella Pubblica Amministrazione ha lavorato al Genio Civile di Caltanissetta, alla Soprintendenza per i beni culturali di Agrigento, al Parco Archeologico e Paesaggistico della Valle dei Templi di Agrigento e al Polo Regionale di Agrigento per i siti culturali, dove oggi opera. Si è occupato principalmente di vincolistica e di restauro di monumenti. Attualmente al Polo Regionale di Agrigento è dirigente responsabile dello staff, affari generali e del personale, legale e contenzioso, bandi, gare e contratti, contabilità, ufficiale rogante, sicurezza, protezione civile per quanto concerne:
- gli uffici del Polo;
- il museo archeologico regionale “Pietro Griffo” di Agrigento;
- la biblioteca regionale “Luigi Pirandello” di Agrigento;
- la casa natale “Luigi Pirandello” di Agrigento;
- la zona archeologica e l’antiquarium di Eraclea Minoa;
- il museo archeologico nella badia di Licata;
- la zona archeologica di Monte Sant’Angelo e Castel Sant’Angelo di Licata;
- la zona archeologica (necropoli) di c.da Canale a Naro;
- la zona archeologica (necropoli) di c.da Tranchina a Sciacca;
- la zona archeologica di Vito Soldano a Canicattì;
- l’antiquarium di Monte Kronio a Sciacca;
- la zona archeologica di Monte Adranone e museo archeologico di Palazzo Panitteri a Sambuca di Sicilia.
Come e quando nasce la tua passione per l’Architettura e per la Scrittura?
La mia passione vera era per l’arte e soprattutto la pittura, ma nell’era moderna e contemporanea, purtroppo, non è facile vivere con la sola pittura, per cui ho ripiegato sull’Architettura che, per certi versi, è un segmento dell’arte. In questo segmento ho avuto modo di materializzare la mia passione nello studio degli stili architettonici, nella ricerca storica, nel restauro e nella conservazione dei beni culturali. La scrittura non è mai stata la mia passione, ma essendo uno degli strumenti per trasferire agli altri le proprie conoscenze ed esperienze, l’ho, quindi, dovuta utilizzare.
Come eri da bambino, ricordi il tuo primo giorno di scuola, il Maestro, i tuoi compagni, l’atmosfera di quel tempo a Favara?
Da bambino ero molto timido e i ricordi delle elementari sono molto sbiaditi. Ricordo pochissimi episodi. L’atmosfera di quel tempo era molto diversa da oggi: c’era un rapporto distaccato fra alunni e maestri, un rispetto timoroso nei confronti di questi che, in certi casi, non disdegnavano l’uso della bacchetta e delle mani.
Che cosa ti lega a Favara e alla Sicilia in generale, hai mai pensato di trasferirti al nord o all’estero?
Dopo la laurea e la leva sarei andato a lavorare in qualsiasi posto, ma iniziai a Favara come libero professionista e poi nella Pubblica Amministrazione, dapprima a Caltanissetta e poi ad Agrigento dove tutt’ora lavoro come dirigente della Regione Siciliana nell’ambito dei beni culturali. Durante questo periodo lavorativo ho avuto modo, nel tempo libero, di approfondire la ricerca storica sulla mia città che mi ha aperto un modo sconosciuto e che ha molto rafforzato il legame con la mia terra e la Sicilia. Pensare oggi, ad un trasferimento al nord e all’estero mi pare fuori luogo.
Come hai vissuto i cambiamenti di questo Paese?
I cambiamenti che il paese ha subito nell’ultimo quarto di secolo, a mio modesto parere, sono, nella maggior parte dei casi, negativi. In Italia, nella maggior parte dei casi, si è perso il valore dell’identità, c’è disorientamento, decadenza di valori, depauperamento economico e culturale. Non credo sia solo una mia percezione, ma si ha difficoltà a programmare, a pensare al domani, a fare progetti.
Qual è la tua opinione sulla Farm che richiama turisti, studiosi, architetti da ogni parte del mondo?
Per la verità ho difficoltà a comprendere, probabilmente avrò dei limiti. Nessuno, tra quelli a cui ho chiesto, è stato in grado di darmi una risposta.
Il tuo nome è legato ai grandi personaggi favaresi, uno fra tutti il barone Antonio Mendola di cui sei il massimo conoscitore?
Se è vero che il mio nome è ormai legato al nostro Barone, questo non può che farmi onore. Nel 2003, dopo anni di ricerche, decisi di pubblicare un libro sulla famiglia Mendola. Dopo il ritrovamento dei suoi diari, tra il 2006 e 2008 ebbi l’onere e il privilegio di trascriverli (parliamo di 5-6 mila pagine manoscritte), e non nascondo l’emozione che provavo nell’apprendere fatti intimi della sua persona e della sua famiglia, di personaggi e fatti del suo tempo riferiti a Favara e non solo. Nel 2008 il Comune di Favara organizzò un convegno su Barone Mendola, per il centenario della morte (18.2.1908) ed in quella occasione io partecipai con una mia relazione e con un filmato desunti dai diari. Nel 180.mo della nascita (16.12.1828), nel dicembre 2008, a seguito della trascrizione dei diari, presentai un grande volume che titolai “Giustizia e verità nella vita del barone Antonio Mendola” dai suoi diari intimi; la pubblicazione di questo libro per me è stata una occasione preziosa per far conoscere questo grande personaggio.
Che cosa non conoscono i favaresi, i siciliani di questo grande personaggio?
Il Barone Mendola è più conosciuto in Italia e all’estero per i suoi studi ampelografici, sulla viticoltura e per le sue sperimentazioni sui vitigni, ma purtroppo nemo propheta in patria. Il Barone non è conosciuto a Favara per come merita e per quello che ha fatto, soprattutto per la sua città, anzi, durante vita veniva bistrattato e, spesso, le sue azioni, il suo operato erano, ad arte, interpretati in modo distorto e di questo lui ne era pienamente consapevole e si amareggiava fortemente. Il Barone ha affidato ai diari il giudizio dei posteri, e questo non lo dico io, ma Lui nei suoi diari. Non è, quindi un caso il titolo del libro “Giustizia e verità nella vita del barone Antonio Mendola – dai suoi diari intimi”.
La vita del barone è stata molto travagliata e discussa. Ne vuoi parlare… Eppure ha fatto tanto bene, ha organizzato una importante biblioteca con moltissimi volumi, ha organizzato tante iniziative ed ha mantenuto i contatti con i maggiori scienziati del tempo…
La vita del Barone è stata molto travagliata dopo la morte dell’unico figlio maschio nel 1880, a 19 anni in un freddissimo inverno a Stoccarda. Che non fosse uno stinco di santo potrebbe anche passare, ma quello che non poteva passare, e che il Barone si portò dietro come un macigno negli ultimi anni della sua vita fino alla tomba, furono alcuni fatti legati all’orfanotrofio che lui aveva fatto costruire per dare riparo a tante orfanelle, che in parte sosteneva con proventi propri. Negli ultimi anni di vita le superiore dell’Opera Pia impedirono alle orfanelle di far visita al Barone e, come scritto nei suoi diari, probabilmente in queste si era insinuato il tarlo della diffidenza, al punto da interpretare in maniera subdola il contatto del Barone con le orfanelle. Eppure il Barone ha speso ingenti somme per migliorare Favara e i Favaresi.
Il barone Mendola si dice che coltivasse una quantità incredibile di pere molto diverse che molti venivano appositamente per studiarle e ammirarle è così?
Questa delle pere mi è nuova; non ho riscontrato nulla in tal senso nei suoi diari. Probabilmente quanto detto ha a che fare col toponimo “Piana dei Peri” dove fece costruire la propria villa estiva e dove sperimentava e teneva la grande quantità di vitigni provenienti da tutto il mondo.
La Rai sta realizzando fiction su tutti i personaggi della Sicilia, ma ha trascurato il nostro paese, che è stato il set di quattro film molto importanti: “Il Cammino della Speranza; “I nuovi Angeli”, ed altre produzioni… Della storia del barone Mendola ne ho parlato con il regista Toni Trupia ma forse i tempi non sono ancora maturi per un film sul barone. Tu che ne pensi?
Penso che quanto scritto nei suoi diari può essere spunto per un bellissimo film per la sicilianità che in essi traspare. A tal proposito devo dire che per la presentazione del libro, nel 2008, cercai di coinvolgere Giuseppe Tornatore, ma è stato impossibile perché in quel periodo stava in Tunisia per la produzione del film Baarìa
Ti sei mai occupato del filantropo Calogero Marrone che ha salvato moltissimi italiani dai campi di concentramento tedeschi?
Della vicenda non me ne sono mai occupato perché ciò è avvenuto a Varese e sui reali fatti non ho riscontro documentale.
Ti senti più uno scrittore, uno storico o un architetto?
Scrittore sicuramente no. Nel mio lavoro di architetto, le volte che ho avuto possibilità di farlo nella Pubblica amministrazione, soprattutto per la mia città, fondamentali si sono rivelate le mie ricerche storiche. Sono estremamente convinto che nel restauro di un monumento, non ci può essere un buon approccio se non lo si conosce nelle varie sfaccettature storiche. A Favara ho avuto modo di vivere questa esperienza principalmente nel restauro del castello, della chiesa del SS. Rosario e della scaffalatura lignea del fondo antico della biblioteca del Barone Mendola. L’esperienza mi ha insegnato che il nostro tessuto edilizio storico, i nostri monumenti li possiamo apprezzare solo se ne conosciamo la storia e chi conosce la storia si guarda bene dall’apportare profonde trasformazioni.
C’è stato un momento nella tua vita che realizzavi magnifici pitture, disegni ad olio, a matita, come mai hai smesso questa attività?
Il disegno è stato un dono della natura. Nel periodo dell’Università alternavo studio e pittura, poi ho dovuto smettere perché il lavoro non me lo permetteva più. La tecnica dell’olio su tela richiede spazi e tempi adeguati che la famiglia e i figli, allora piccoli da accudire, mi impedirono di trovare. Nel frattempo sopraggiunse la passione per la ricerca storica sulla mia città che mi travolse, facendomi conoscere un passato ormai caduto nell’oblio.
Che cosa bisogna fare per recuperare il centro storico di Favara e dei piccoli centri che cade a pezzi?
Questo è un argomento molto complesso. L’Amministrazione dovrebbe fare delle scelte politiche, adottare provvedimenti tendenti a favorire ciò e formare, all’interno dell’UTC un gruppo di lavoro idoneo e specifico per il centro storico. Le scelte politiche dovrebbero rendere appetibile il riuso dell’edilizia del centro storico attraverso acquisti a basso costo e, come già sperimentato altrove, a costo zero, mediante contratti, con patti e condizioni; dovrebbe effettuare quanto già previsto con la legge regionale n. 13/2015 dotando il centro storico dello strumento necessario a cui fare riferimento per gli interventi da eseguire; alleviare tassazioni, soprattutto per piccole attività artigianali e commerciali.
Che cosa bisogna fare per salvare il nostro territorio dall’inquinamento, dagli incendi, dalla prepotenza?
L’inquinamento, gli incendi, la prepotenza trovano riscontro nel binomio cultura-politica. Bisogna, innanzitutto, partire dalla scuola e dalla famiglia, vero crogiolo di formazione, per agire sullo sviluppo psicologico-emozionale del bambino e dell’adolescente. Fondamentale, ritengo, sia la conoscenza e lo studio del proprio territorio del proprio patrimonio paesaggistico e culturale. Anche la politica dovrebbe fare la propria parte e molte volte ha fatto scelte sbagliate: gli incendi perpetrati da pseudo forestali perché pagati a tempo, solo se impegnati nello spegnimento degli incendi, ne sono un esempio.
Riusciremo anche da noi a realizzare una seria raccolta differenziata?
Probabilmente col tempo si. Sono convinto che la scelta operata dalle Amministrazioni da qualche anno a questa parte non trova riscontro, sul metodo, con la realtà della nostra città, molto espansa e con grandi condomini.
Quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Parlare di futuro mi sembra anacronistico, tuttavia, spero, andando in pensione, di dedicarmi con maggiore intensità alla ricerca storica e completare lavori iniziati e non finiti. Tra i vari obiettivi: il completamento della digitalizzazione dell’anagrafe favarese dal 1565 agli anni 40-50 del secolo scorso e tra le pubblicazioni una in particolare, da lasciare ai posteri, sull’evoluzione e trasformazione del nostro centro storico, sulle famiglie che l’hanno abitato, sulla toponomastica, sul tessuto edilizio, sui monumenti, etc.