Giuseppe Maurizio Piscopo
Francesco Pira, 52 anni, laurea in sociologia, è professore di comunicazione e giornalismo presso il Dipartimento di Civiltà Antiche e Moderne dell’Università degli Studi di Messina, dove è Coordinatore Didattico del Master in “Manager della Comunicazione Pubblica” e di comunicazione pubblica e d’impresa presso lo IUSVE l’Università Salesiana di Venezia e Verona. Svolge attività di ricerca nell’ambito della sociologia dei processi culturali e comunicativi. Saggista e giornalista è autore di numerosi articoli e pubblicazioni scientifiche. Opinionista del quotidiano on line Affari Italiani e del magazine Spot and Web, scrive per riviste specializzate. Ha svolto attività di formazione e consulenza per Pubbliche Amministrazioni. E’ stato Dirigente dell’Assessorato alla Comunicazione e Cultura nella legislatura 1995-2000 della Regione Toscana. E’ stato Consigliere Nazionale dell’Associazione Italiana della Comunicazione Pubblica e ha partecipato in Italia e all’Estero ad importanti convegni sulla comunicazione. Si è occupato anche di comunicazione sociale. E’ attualmente consulente di Avis regionale Calabria. E’ stato relatore in convegni internazionali e conferenze in India, Thailandia, Grecia, Danimarca, Francia, Croazia, Slovenia e Belgio, Spagna, Portogallo e Polonia. Nel 2010 e nel 2011 è stato coordinatore scientifico e moderatore dell’International Communication Summit che ha visto la presenza di Alastair Campbell, ex portavoce di Tony Blair e di Zygmunt Bauman, uno dei più noti sociologi e influenti pensatori contemporanei. Nel giugno 2008 per l’attività di ricerca e saggistica è stato insignito dal Capo dello Stato, on. Giorgio Napolitano, dell’onorificenza di Cavaliere dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana. Ha ricevuto numerosi Premi nazionali ed internazionali per la sua attività di ricerca, saggistica e giornalistica.
Quando inizia la tua avventura nel mondo della Cultura?
Se dovessi individuare un periodo farei un grande salto indietro nel tempo. Un giorno mio padre, avevo 11 anni, mi accompagnò in una libreria. Gli avevo chiesto due libri di Dumas. Me ne comprò tre e mi disse che me ne avrebbe regalati altri. Li divorai ed iniziò una vera passione per la lettura. Alle scuole medie poi e alle superiori ho avuto docenti di italiano che mi hanno stimolato alla lettura. Ho sempre letto e scritto tantissimo. Ho avuto il privilegio di incontrare Maestri, nel Giornalismo e in Accademia, che mi hanno trasmesso l’amore per la Cultura a 360 gradi. Ho anche una grande passione per la musica. Da bambino e ragazzo ho studiato pianoforte e chitarra. Poi ho iniziato a fare programmi nelle radio locali. Da giornalista ho scritto di cinema e pittura. Ho avuto il privilegio di incontrare grandi artisti, registi, musicisti. Dal 1995 al 2000 sono stato anche Dirigente della Segreteria del Vice Presidente e Assessore alla Cultura della Regione Toscana, Marialina Marcucci, ho incontrato persone straordinarie. Ne ricordo due in particolare Mario Luzi, il grande poeta e il regista Woody Allen. Ricordo una cena a Firenze dopo un suo concerto. Ricordo una sua battuta: “se i miei film fanno sentire infelice una persona in più, sento di aver fatto il mio lavoro”. Da due anni, grazie ad un consolidato rapporto di collaborazione con l’Università Popolare di Trieste, ho fatto due docenze a professori di scuole italiane slovene e croate, nella Scuola di Mogol. Ho avuto l’onore di conoscerlo ascoltare dal vivo le sue parole. Lui è una delle poche persone capace di spiegare l’amore e le emozioni. In questa era in cui si parla alla pancia delle persone e non all’anima o al cuore.“La società di massa non vuole cultura, ma svago”- ha detto Hannah Arendt. Il rischio che corriamo è vivere nella subcultura e nell’era della manipolazione delle notizie. Ma è un discorso lungo.
Come eri da bambino? Quali ricordi conservi della scuola elementare, del Maestro, dei tuoi compagni, dell’atmosfera della tua infanzia a Licata?
Ero timidissimo. Ho un ricordo bellissimo delle mie maestre. Ne ho cambiato tre. Frequentavo l’Istituto San Vincenzo De Paoli gestito dalle Suore. Ho avuto al primo anno una laica, la maestra Parroco. Per tre anni una giovanissima insegnante Suor Eufrasia, e al quinto anno Suor Letizia. La mia infanzia è stata straordinaria. Ho perso il padre a 13 anni, Gino. La mia vita dopo la sua morte è cambiata. Ero un ragazzo triste. Però da bambino con lui e con mia sorella Rita, con cui sono ancora legatissimo, ci siamo divertiti tantissimo. Anche con mio fratello più piccolo Claudio, ma è 7 anni più giovane di me. Ma adoravo giocare con i miei cugini, figli della sorella di mia madre Mara, che adoro, si chiamano Ugo e Roberto. Per me sono altri due fratelli. Anche loro hanno perso il papà giovanissimo, mio zio Attilio. Siamo rimasti in 5 orfani ma siamo cresciuti insieme grazie anche all’amore dei miei fantastici nonni materni Totò e Cettina. Mia madre Antonia e mia zia Mara sono state delle grandissime donne. Tirare su senza mariti cinque figli nel sud del sud non è poca cosa. A Licata c’era senso della comunità. I miei genitori avevano un negozio in centro in corso Vittorio Emanuele. Le persone erano vere. C’era tanta solidarietà. Ora tutto è cambiato: l’invidia mista all’ignoranza, il pettegolezzo a fin di male, l’ignoranza, distruggono il nostro tessuto sociale.
Sei stato un bambino felice?
Un bimbo, si, un ragazzo no. Quando è morto mio padre ho pensato al senso della vita più volte. Mi hanno aiutato tantissimo le mie amiche e i miei amici della Chiesa di Sant’Angelo e i quattro sacerdoti che la gestivano. Ma da bambino ero molto sorridente. Me ne sono accorto rivedendo tutte le mie foto da piccolo.
Per te sono felici i nativi digitali?
I digitali nativi non esistono più. I sociologi della comunicazione americani li chiamano Born Mobile, nati mobili. La definizione coniata da Marc Prensky nel 2001 è passata di moda. Oggi i bimbi di 1 anno usano il tablet meglio di noi. Sono felici quei bambini e quei ragazzi che hanno amore, attenzioni, dedizione. Oggi viviamo in un’era di solitudine ed egoismo. I nostri ragazzi vivono in simbiosi con il loro smartphone. Si è perso il concetto di adultità. Noi adulti non siamo più guida. Non abbiamo tempo.
Che cos’è la felicità alle soglie del 2018?
Domanda difficilissima. Il rischio che si corre è quella di una risposta scontata o banale. Per me la felicità è un bacio con la donna che ami, una carezza di mia madre, il legame forte con il proprio figlio, l’abbraccio di un amico vero, i miei studenti che fanno carriera e si ricordano dei miei insegnamenti, mio nipote Gianmarco che gioca nell’under 14 della Cestistica Licata, (figlio di mio fratello) che segna un canestro, mia nipote Rossella (figlia di mia sorella) che si fa strada nel lavoro, il ricordo del sorriso di mio padre. Felicità è un attimo. Oggi felicità è apparire, vetrinizzare la propria vita, aver il miglior fisico e un’anima nera. Felicità in una società edonistica è il nulla. Io non la inseguo quella felicità. Ma ognuno è libero di farlo.
Le case dei siciliani sono stracolme di Tv a 50 pollici, smartphone e tablet ma mancano i libri e i quotidiani. E’ così?
Se c’è una cosa che mi rende triste è entrare in una casa e vedere le librerie piene di portafotografie, piatti di ceramica e ancor peggio di libri finti dell’Ikea, quelli vuoti dentro, con solo la copertina. Ma è un problema dell’Italia non della Sicilia. Compriamo e leggiamo pochissimi libri e giornali. Non ci fa onore.
Che riflessione puoi fare sul fatto che gli uomini che dicono di amare le donne ne ammazzino tre la settimana?Anche questa è una domanda pericolosa. Ma la mia posizione su questo tema è pubblica. Quell’amore è un amore malato. L’amore è dedizione, corresponsione, sacrificio. Dobbiamo educare i nostri figli da piccoli alle emozioni, al rispetto dell’altro, a non considerare il corpo prima dell’anima. C’è un problema serio anche nella percezione del fenomeno. Ormai le morte sono numeri, le gesta degli assassini vengono raccontate nei minimi particolari. Questo incide. Ma vorrei parlassimo anche degli uomini che subiscono violenza fisica e psicologica dalla donne. Sono tanti. Ci sono storie terribili di cui nessuno parla perché gli uomini denunciano di meno. Anche se i numeri parlano chiaro. Dobbiamo dire no a tutte le violenze. Amarci e non odiarci.
Che cosa non hanno capito gli uomini delle donne di oggi?
La domanda è ambiziosa. Parto da quello che non capisco io: perché c’è tanta cattiveria? Perché le persone scrivono di tutto contro tutti senza pensare il male che fanno? Perché è morto il corteggiamento, l’amore, la seduzione? Perché si vive soltanto inseguendo il guadagno? A queste domande non so rispondere. Ci rifugiamo nella crisi economica e nella globalizzazione ma spesso siamo aridi dentro.
Da dove nasce la violenza nelle grandi città e come si può spiegare?
La violenza è ormai nelle grandi e nelle piccole città. E’ ovunque. Nasce per le ragioni che ho detto prima.
Cosa si può fare per cambiare la Sicilia, oltre a cambiare i governanti che fino a questo momento sono stati inadeguati?
La Sicilia cambia se noi siciliani cambiamo. I rappresentanti sono quelli che scegliamo noi o che non scegliamo non andando a votare. Noi amiamo lamentarci e piangerci addosso. Ci piace annacarci (massimo spostamento con il minimo movimento) più che fare. La Sicilia è una terra straordinaria, piena di contraddizioni ma stupenda. Il resto è noto. La Sicilia non sarà, è bellissima. Lavoriamo su noi siciliani.
La mafia un giorno finirà, ma quando arriverà questo giorno?
Ho scritto di recente un articolo scientifico su come è cambiata la comunicazione della mafia dai pizzini ai social network. Ho scritto tanto di mafia da giovane. Ho scritto tantissime cronaca nera. Ho raccontato delitti d’onore e di vendetta. Guerre tra clan. La mafia esiste. In maniera diversa. Spero che arrivi quel giorno. Il giorno in cui tutte le mafie spariscono. Ma anche il giorno in cui sparirà quella che Gesualdo Bufalino chiama mafiosità. La voglia di prevaricare l’altro, di passare davanti, di sgomitare per arrivare. Anche quella mi fa paura. Ieri ho litigato in un autogrill. Aspettavo il mio turno e tre persone mi sono passate davanti, alla quarta ho fatto presente che c’ero io.
Quali sono i tuoi scrittori di riferimento?
Luigi Pirandello, Leonardo Sciascia, Salvatore Quasimodo, Gesualdo Bufalino, Vitaliano Brancati, Zygmunt Bauman, Manuel Castells,. Solo per citarne alcuni. Ma l’elenco è lungo. Adoro anche Alessandro Baricco, Roberto Alajmo, Simonetta Agnello Hornby. Hai visto quanti siciliani ci sono?
Messina la consideravano la provincia “babba”? Come la vedi questa città di passaggio tu che la conosci bene?
Non la conosco bene. Ci lavoro dal 2013. Non mi sento di dare un giudizio. Una cosa posso dirla: è bellissima è la nostra Miami. Ma chi ci abita non la valorizza. E’ un sogno quella città: mare ovunque, albe e tramonti incantevoli, luoghi sublimi, una storia straordinaria. Insegnare nell’università dove ha insegnato Giovanni Pascoli letteratura latina mi riempie d’orgoglio. Spero che qualcosa accada perché Messina merita.
Che cosa vuol dire oggi comunicare?
Così in una battuta? Farsi capire. E’ la cosa più difficile. Poi lasciare che il messaggio rimanga dentro. Bauman ha detto che siamo in un momento in cui abbiamo tutti i mezzi di comunicazione possibili e ci sentiamo terribilmente soli.
Noi siciliani soffriamo per tante cose: una fra tutte è l’informazione. Noi non veniamo informati ci raccontano la mezza messa.
Oggi abbiamo tutti i mezzi per capire quale è la verità. O almeno farci un’idea. L’informazione è figlia della nostra società liquida, come la chiamava Bauman. Ricordo quando incontrai a Racalmuto a 16 anni Leonardo Sciascia. Mi disse: “una volta compravo il Corriere della Sera, e capivo cosa stava accadendo in Italia. Oggi compro 5 giornali e non ci capisco nulla”.
Sei d’accordo?
Sono d’accordo. Ma se abbiamo voglia di saperne di più…..
Puoi commentare la frase di un celebre scrittore russo: La bellezza salverà il mondo…
Beh oggi il concetto di bellezza è cambiato…potrei rispondere che non è bello ciò che è bello…
Qual è il tu pensiero sul sociologo Danilo Dolci?
Uomo carismatico e di grande passione. Speciale. Quello che lui ha fatto fondando una radio è straordinario. Ha scritto un libro molto bello su questo tema un sociologo mio amico professore all’Università di Enna, Sergio Severino.
Tu hai ricevuto molti premi e riconoscimenti: sei stato nominato nel 2008 Cavaliere all’Ordine al merito della Repubblica della Repubblica. Cosa provi quando ricevi un premio?
Ricevere un Premio o un riconoscimento è sempre bello. Quando è successo, per fortuna tante volte, ho pensato che qualcosa di importante forse l’ho fatto e che qualcosa rimarrà: i libri, le ricerche, gli articoli, le opinioni…Qualcosa ho edificato ed ha avuto un senso. Questo mi piace dei Premi. Sul cavalierato ti racconto una cosa che pochi sanno. Mio nonno Totò era maresciallo di Polizia. Un uomo rigoroso con se stesso prima che con gli altri, con me suo primo nipotino maschio, tenerissimo. Lui mi ha insegnato l’onestà, il rispetto per gli altri e le istituzioni. Era Cavaliere dell’Ordine al Merito della Repubblica, nominato dal Presidente Saragat. Nel soggiorno di casa sua c’era appeso il quadro con la pergamena. Una volta gli chiesi di spiegarmi cosa era e lo fece. Poi aggiunse una frase sibillina. “E’ una cosa importante, tu non ci diventerai mai…” Poi ha sorriso. Il giorno che mia madre e mia sorella hanno ritirato la pergamena dal Prefetto di Agrigento, io purtroppo non sono potuto andare per impegni accademici, ho pensato a lui, a quella frase. E’ stato la mia piccola rivincita, il suo augurio andato a buon fine. Ecco io sono questo. Uno che si emoziona.
La Sicilia è irredimibile?
La Sicilia è la terra dove sono nato e dove sono ritornato a vivere dopo tanto nord. Torniamo al discorso di prima. Il problema non è la Sicilia, lavoriamo sui siciliani.
Qual è la città nella quale vorresti vivere ?
Ho un unico sogno non realizzato prima di morire. Vivere in America. Mio nonno paterno, Francesco Pira, era emigrato lì per mantenere i 7 figli tra cui mio padre, che era il più piccolo. Con mio papà dovevano fare il coast to coast avevamo già pensato questo viaggio, io e lui, ma poi mi ha lasciato solo. Mi piacerebbe insegnare lì. Ho 52 anni magari…Ma preferivo gli Stati Uniti di Obama che quelli di Trump. Sono un kennedyano vero. Ho avuto l’onore di conoscere la moglie e la figlia di Bob, Courtney ed anche il grande senatore Ted Kennedy. Ma amo anche la Spagna. Madrid e Barcellona, mi piacciono tanto. Sono stato più volte anche quest’anno per motivi congressi in Spagna, anche il Portogallo è molto bello. Los Angeles, Lisbona o Madrid. Ma mi sento profondamente un cittadino del mondo. Non amo i confini. Il mio rapporto con lo spazio e con il tempo è…relativo.
Quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Sto lavorando ad un saggio su nuove generazioni e tecnologie e insieme ad un amico e collega Andrea Altinier ad un libro sul giornalismo. Ho un progetto per l’immediato. Riposare un po’ durante le vacanze di Natale. Spero mi riesca. Grazie per lo spazio che mi avete concesso. Grazie al Direttore di Sicilia on Press, Franco Pullara, ma anche a te Giuseppe Maurizio Piscopo per le tante cose belle che fai. Ci ha fatto incontrare la grande Rosa Balistreri. La sua anima è sempre presente.