Giuseppe Maurizio Piscopo
Melo Minnella è nato a Mussomeli nel 1937. A Palermo studia e si laurea in Economia e Commercio. Sono, questi gli anni del lancio nel campo dell’editoria giornalistica e delle prime collaborazioni con i più importanti periodici del tempo, soprattutto con il settimanale culturale-politico “Il Mondo” di Pannunzio. Dagli anni Cinquanta si interessa all’arte popolare e all’antropologia, avvicinandosi anche agli artisti siciliani dell’Art Brut tra i quali Sabo e Filippo Bentivegna.
A quest’ultimo dedicherà un libro e diversi servizi giornalistici.
Fotografa con grande passione i siti archeologici, non solo siciliani, interessandosi in particolare di quelli preistorici.
Comincia una minuziosa ricognizione fotografica delle feste religiose, patronali e della Pasqua, e in genere del folklore siciliano.
Prende pure in considerazione le cosiddette arti minori con pubblicazioni sulle argenterie, maioliche, madreperle e coralli, e altre manifestazioni dell’antico artigianato siciliano.
Dagli anni Sessanta comincia il suo vagabondare verso mete esotiche, soprattutto verso l’Oriente; il suo grande amore è l’India.
Questo luogo diventa il termine di paragone per tutte le altre destinazioni e un motivo in più per ritornarvi.
Ha fotografato molto anche le regioni italiane, soprattutto quelle meridionali.
Gli ultimi suoi interessi sono indirizzati alla Calabria e all’Abruzzo, e alle feste tradizionali di queste terre ancora poco esplorate.
Fra gli ultimi libri pubblicati:
Cattedrali di Sicilia
Il Barocco in Sicilia
Bambini… l’altra faccia del mondo
Isole di Sicilia
Catania e i suoi paesi
Pittura popolare su vetro in Sicilia
Libro siciliano
Piazze di Sicilia
Come era Melo Minnella da bambino?
Docile e scatenato allo stesso tempo.
Che ricordo ha della scuola elementare, del suo Maestro, dei suoi compagni dell’atmosfera che si viveva in quei tempi a Mussomeli?
Dalla scuola elementare alla scuola media, che ho frequentato a Mussomeli, mio paese natio, i miei maestri erano gli amici della porta accanto. I compagni erano la mia famiglia allargata.
Lei è stato un bambino felice nella sua infanzia?
Abbastanza felice e creativo. I giuochi di quel tempo erano di nostra invenzione. Recentemente ho pubblicato un libro: “A ruota libera” in cui riverso i miei ricordi sul mito dell’automobile che, esaurito il suo fascino ha lasciato spazio all’elettronica e continua ad essere amato nei paesi del cosiddetto “Terzo mondo”.
I bambini sono l’altra faccia del mondo?
I bambini sono gli altri mondi, quelli in cui tutti potremmo vivere meglio. Nel 2009 ho pubblicato il libro: “Bambini l’altra faccia del mondo”Ogni tanto, per tenermi su, vado a sbirciarlo.
Chi è un fotografo alle soglie del terzo millennio?
Direi che è un povero Cristo. Non mi sento più di dare un consiglio positivo ad un giovane che volesse intraprendere questa professione.
Qual è il suo rapporto con la Sicilia?
Ottimo e abbondante. E’ un luogo magico per la fotografia. Dopo l’India forse è il posto dove puoi fotografare ad occhi chiusi.
Noto, Scicli, Ragusa lei ama così tanto i luoghi del barocco siciliano da averli fotografati attentamente?
Le mie frequentazioni in quei luoghi risalgono a tempi non sospetti, almeno a trent’anni prima del commissario Montalbano. Con mia moglie, Maria Giuffrè , storica dell’architettura nel 2006 ho pubblicato, con Arsenale Editrice, un ponderoso volume, “Barocco in Sicilia” dove quei luoghi e quelle architetture sono molto presenti.
Lei ha fotografato i barbieri di tutto il mondo, che cosa ha provato nei suoi lunghi viaggi?
Nei miei percorsi fotografici ho avuto occasione di imbattermi molto spesso con barbieri che lavoravano all’aria aperta. Ho in mente, quanto prima, di realizzare una mostra fotografica sull’argomento.
Mi può parlare dei suoi viaggi in India?
Un grande fotografo siciliano, il primo fotoreporter e forse il più bravo Calogero Cascio, originario di Sciacca, recentemente scomparso, mi disse all’inizio della mia carriera, che l’india e la Sicilia erano i paesi più intriganti. Sono andato in quel paese-continente varie volte a cominciare dal 1977. Se dovessi fare una classifica fra le varie regioni visitate, metterei al primo posto l’Orissa, quindi il Rajastan e il Kerala.
Qual è il potere di una foto?
Se ti resta sempre in mente significa che l’autore è un grande fotografo.
Quelli che ne sanno più di me sostengono, che i giornali stranieri fanno un uso migliore della fotografia rispetto agli italiani. Le sue foto sono state pubblicate dalle più importanti riviste del mondo: Life, Stern, Scweizer Illustrierte. Che tipo di foto le chiedevano i giornali stranieri sulla Sicilia?
Le fotografie che richiedono i giornali stranieri della Sicilia molto spesso riguardano i beni culturali, il mare, le feste particolari e naturalmente la mafia. Da qualche anno tira anche il food.
La prima volta che ho sentito parlare di Lei è stato alla Cittadella di Assisi, dove campeggiano alcune sue straordinarie foto in bianco e nero. Uno scrittore del luogo mi ha chiesto se ci conoscevamo, ho risposto che sarei stato felice di incontrarlo. Poi la vita ha fatto il resto. Un giorno le ho chiesto delle foto sui barbieri, Angelo Pitrone mi aveva messo in contatto, e le sue foto sono state pubblicate con grande successo nel libro che ha fatto il giro del mondo:”Musica dai saloni” curato da me e Gaetano Pennino per la parte letteraria e da Peppe Calabrese e Domenico Pontillo per la parte musicale. In questi giorni le ho chiesto le foto sulle solfatare e lei sempre con la stessa gentilezza ed eleganza me le ha concesse. E’ stato faticoso scattare queste foto con le tecniche di cinquant’anni fa?
Le fotografie scattate all’interno delle miniere sono di qualità tecnica non molto elevata. Ciò si spiega per le condizioni di luce pessima. Le pellicole fotografiche erano di sensibilità non molto elevata e l’uso del flash era interdetto per problemi legati al grisou. Stiamo parlando di fotografie realizzate più di cinquant’anni fa.
Che cos’è la saggezza per un fotografo professionista?
Non invischiarsi con leggerezza con incarichi di reportages su guerre e simili.
Che cosa rappresentano le feste in Sicilia per lei?
Sono stato sempre attratto da dall’etnoantropologia e da tutto quello che gira attorno ad essa. Le feste siciliane hanno sempre un minimo di pazzia che le differenzia spesso dal resto del mondo.
Perché sono scomparsi gli studi fotografici di paese con la loro memoria storica?
Come in tutti i mestieri è un problema economico legato alla domanda e all’offerta. L’offerta da qualche tempo è coperta dall’uso e abuso dei telefonini che danno spesso materiale di pessima qualità ma a costo zero. Inevitabile quindi che il mestiere del fotografo abbia tirato le cuoia sia nei paesi che nelle città. Sarebbe auspicabile che qualche Ente cominciasse almeno a censire e salvare gli archivi.
Che cos’è veramente la libertà per un fotografo, una persona che ha vissuto in giro per il mondo come lei?
Non essere condizionato da molti fattori: il tempo atmosferico, la distanza, gli affetti.
Com’è il suo rapporto con gli altri fotografi siciliani, Scianna, Leone, Pitrone…
Sembra che la nostra categoria sia fra le più instabili e rissosa fra le tante. Per conto mio penso di essere tra i più pacifici dei belligeranti.
In Sicilia c’è un particolare modo di raccontare la vita: “Vedendo senza vedere”, “Dicendo senza dire”… Qual è il vero mistero della Sicilia?
Il mistero della Sicilia è il rebus che nessuno ha mai saputo decifrare. Il detto: “Vedendo senza vedere” si può attribuire al bravo fotografo che ha il grande dono di prevedere cosa scaturirà da certe situazioni.
La bellezza salverà il mondo, ha scritto uno scrittore russo: Fedor Dostoweskj.
Ed anche una bella foto può salvare il mondo?
Certamente no, ma ti può strappare un sorriso, commuovere ed anche convincere a perorare le cose belle.
Nelle librerie si trovano sempre meno libri fotografici, qual è secondo lei la causa?
Il costo delle selezioni fotografiche incide economicamente molto di più, nella stampa di un libro, che non una semplice pagina scritta. Per conseguenza i libri fotografici costano molto di più.
Qual è il maggiore pregio dei siciliani, e il peggiore difetto?
Spesso siamo il “cuore d’oro”. Altrettanto spesso siamo maleducati.
Ha mai fotografato scene di mafia o di guerra per il suo lavoro?
Né l’uno né l’altro.
Le città di oggi sono caotiche e rendono le persone nervosissime. E’ come se perdessero il controllo, non amano più i tramonti, i fiori, i colori della luna, i colori del cielo, l’azzurro del mare, gli occhi di un bambino, il sorriso di una donna, i profumi… Forse bisogna lasciare la città per ritrovare la pace con se stessi e per apprezzare il silenzio… Che ne pensa?
Certamente si vive meglio nei piccoli centri. Ormai siamo quasi tutti più o meno stressati da quello che molti definiscono civiltà. Per contro e nello stesso tempo molto spesso si fugge dai paesini per raggiungere la città. E’ già diventato problematico l’abbandono di case che nessuno oramai vuole a costo zero.
Qual è la foto più curiosa che ha scattato nella sua vita?
Non so decidermi. Tra milioni di fotografie mi viene in mente quella realizzata a Trapani, credo nel 1988, ad una bambina vestita da Addolorata, nell’istante in cui sta per fare scoppiare un palloncino creato con la gomma da masticare.
E’ soddisfatto per come ha vissuto la sua vita?
Abbastanza, ma poteva andare meglio.
Che cosa non fotograferebbe più?
Non ho pentimenti. Rifarei di nuovo tutto quello che ho fatto.
Quanti premi ha ricevuto nel corso della sua lunga carriera?
Molti, ma non amo partecipare a concorsi. Mi ricordo che, secoli fa, in un concorso diedero un premio ad un giovane che aveva fotografato delle architetture con le linee cadenti completamente stravolte. Il presidente della giuria era un noto professore della Facoltà di Architettura.
Quali sono i suoi progetti per il futuro?
Dare un assetto più scientifico all’archivio.