Giuseppe Maurizio Piscopo
Aida nasce a Palermo il 21 settembre del 1960 da mamma catanese e padre messinese. Inizia a scrivere canzoni voci e chitarra all’età di nove anni. A 14 si trasferisce a Palermo. La sua è una splendida, lunghissima e invidiabile carriera. Nel 1985 ha vinto il concorso di Castrocaro. Ha partecipato più volte al Festival di Sanremo, ha ricevuto il prestigioso Premio della Critica del Festival con il brano: “Certi uomini” prodotto da Pino Longobardi e Gino Paoli. Ha pubblicato molti dischi e cd con canzoni che hanno accompagnato gli anni più belli della nostra vita: Il profumo dei limoni”,Voglio portarti musica…
Ha ricevuto molti Premi prestigiosi fra i quali: il Premio Mia Martini “Donna Live” a Bagnara Calabra. Ha partecipato al Festival Contro a Castagnole Lanze (Asti) con sue canzoni di impegno sociale. Noi siciliani dovremmo essere grati al grande lavoro che ha realizzato Aida in tutti questi anni facendo conoscere la musica italiana nel mondo. In questa intervista Aida racconta la sua esperienza, i suoi successi, i suoi sogni .A lei Aida auguro un grande successo nel 2018.
Quando è iniziata la tua avventura nella Musica e nel Canto?
Mi piace molto la tua idea di chiamare “avventura nella Musica e nel Canto” quanto fatto e realizzato sinora. Non ho mai impiegato neanche un briciolo di tempo per focalizzare la mia esistenza sulla cosiddetta “carriera artistica”, e si vede dai risultati: sono certa che alcune mie canzoni, molte delle quali inedite e mai pubblicate, avrebbero meritato un “mezzo” più organizzato di quanto non sia stata io!
Ho preferito Vivere a piene mani, tentando di realizzarmi come Persona, Donna, Madre … e tra tutte queste magnifiche “Avventure” della Vita, ogni tanto ho dato uno “spiraglio di celebrità” a qualche canzone … proprio come un’Avventura tra le Avventure dell’esistenza.
Scrissi la mia prima canzone a 9 anni, ai tempi in cui presi un anno e mezzo di lezione di solfeggio e chitarra classica, dal maestro Cammarata a Catania. Mia madre è Catanese; abitai lì fino al giorno del mio quattordicesimo compleanno … trasferta definitiva a Palermo, che mi aveva dato i natali, verso il liceo classico, l’Università ed il resto della vita.
Ricordo si intitolava: “Che colpa ho”: avevo preso ispirazione da due bimbi scalzi che avevo visto al mercato della Fiera di Catania. La seconda si chiamava “Arancia senza scorza gettata sulla terra” … dedicata a mio padre, morto precocemente.
L’avventura ufficiale inizia negli anni ’80, a Palermo: giravo nelle piazze Siciliane in concerto, con i miei inediti arrangiati e suonati dai Percussion, band di giovani musicisti Palermitani e Termitani: Sebastiano Alioto, Michele Di Giovanni, Giancarlo Aguglia, Beppe Vella. Con loro e con i Legenda Meligunis, musicisti Eoliani, realizzai in studio il demo di “Alkaid”: la presentai, nel 1985, prima al Cantamare, ove conobbi quello che sarebbe diventato il mio primo vero produttore artistico, Edoardo De Angelis, poi al Festival di Voci Nuove di Castrocaro, che vinsi! La vittoria di Castrocaro mi procurò la partecipazione, di diritto, al Festival di Sanremo 1986, ove cantai “Croce del Sud”. Non scorderò mai certi “disappunti” del buon De Angelis! Conosceva bene l’infernale “macchinetta dell’industria discografica” che, già allora, macinava e consumava certo tipo di artisti. Aveva iniziato a lavorare al mio primo album, “Aidaio”, che non venne mai alla luce. Edoardo non era d’accordo sulla mia partecipazione al Festival. Pensava che io non fossi artista da “singolo”. A distanza di tanti anni, penso avesse ragione. Ero giovane, avevo necessità di lavorare, un figlioletto di 2 anni: sfido chiunque, nei miei panni, a rinunciare a quel Festival!
Come eri da bambina, quando hai scoperto le tue qualità?
Ero introversa ed estroversa, amavo l’arancione e dipinsi ed addobbai tutta la mia cameretta d’arancione, persino il primo mangia-dischi che mi regalò zio Nello era arancione … Ascoltavo Battisti e Dalla … giocavo a pallavolo con una squadra di pulcini di serie A/1, la “Torre Tabita” di Catania, e “costringevo” a giocare a pallavolo, sul terrazzo di casa mia, anche un’amica poliomielitica. Pinuccia era molto più grande di me, e Shibha, l’unica cagnetta mia, in tutta la vita! Cane che dovetti “abbandonare” a Catania, quando mi trasferii a Palermo, in un appartamento nuovo, “zona residenziale”…
A Catania avevo abitato nel centro storico, e sul retro di casa mia c’era un enorme terrazzo, un immensa “campagna”, ed un albero che arrivava al cielo … Mamma mi accontentava quasi in tutto, perché in quella casa di città c’era, effettivamente, un retro di campagna: criceti, uccellini, pulcini, galline … e Shibha.
Shibha fu affidata ad un nostro amico: non dimenticherò mai, quando io e mamma salimmo in macchina di papà, destinazione – Palermo forever! Shibha non distolse lo sguardo da me fino a quando la strada curvò e non poteva più vedermi. Sentii, a lungo, il suo pianto, il suo strano ululare da lupa … mi risuonò nelle orecchie anche in autostrada, accompagnata da strani corvi neri in fila sui guard-rail … Da allora non ho mai più avuto cani; anzi, spesso ho paura!
Per quanto riguarda, invece, quelle che chiami “le mie qualità”, devo dirti, sinceramente, d’esser convinta del fatto che uno dei più grandi “peccati” sia quello di trascurare i propri talenti. Un talento deve esser praticato, vissuto, sudato, pensato, voltato e rivoltato … bisognerebbe spegnere le frenesie dell’esistenza, e illuminare i propri talenti, aprire le finestre, fare arieggiare le stanze dell’estro. Sono una peccatrice: ho trascurato e trascuro i miei “talenti” che si sono presentati alla mia coscienza già da poco più che bimba. Ecco. Questo è il punto. Il “talento” pretende tempo, attenzione e cure che, personalmente, ho investito in altro.
La tua maniera di cantare è molto particolare, certe volte scorgo malinconia, sofferenza, ribellione, dolore. Da dove nascono questi sentimenti?
Se lo sapessi non canterei così! Probabilmente questi “sentimenti” nascono dal fatto che non ho mai scritto una sola canzone “per far cantare”, ma “per cantare”. Nel 2014 un professore Universitario di Palermo, Sergio Bonazinga, mi invitò a relazionare, dalla cattedra, ad un incontro con gli studenti della Facoltà di Lettere e Filosofia, “Scrivere per cantare – Incontro sulla canzone d’Autore nella Sicilia di questo tempo”. La differenza tra quelli che chiamo “cantautori” e la stragrande maggioranza delle canzoni che circolano sta tutta nell’approccio con l’universo “canzone”. Le televisioni, i talent, i media sono straripanti di voci, voci che interpretano, chi meglio chi peggio. Interpretano. Uno scrittore, che per caso canta pure, non interpreta. Ha già sudato, pensato, scritto e dato tutto, tra il pensiero e la penna, nell’atto magico della creatività, nell’impercettibile e irripetibile momento dell’estro, dell’ “intuizione ed espressione insieme” (come diceva Benedetto Croce). Il resto è live! Il resto è dimenticarsi e riscoprirsi mentre si canta. Altrimenti non ha più senso cantare ancora la stessa canzone.
Tu ad un certo momento, a causa di un incidente hai fermato la tua attività…Ne vuoi parlare?
Preferirei di no. So solo che, ironia della sorte, l’incidente devastante avvenne un mese dopo aver presentato, nei punti la Feltrinelli e all’Auditorium Rai di Palermo, il mio ultimo album “Bellandare”. E dire che da sempre sono assertrice del fatto che gli Artisti veri annusino sempre i tempi che verranno! Alla faccia dell’agognato “bellandare”! Frattura colonna vertebrale, una storia seria. Dovevo fermarmi. Il caso volle che mi “fermassi”. Ma ora riprendo i miei “viaggi”, più solida di prima.
Che cos’è stato per te il Festival di Sanremo?
E’ stata, tutt’e tre le volte cui vi ho partecipato, una full-immersion nella frenesia dell’apparire, nel turbinìo di case discografiche, giornalisti, piumini e starlettes, addetti ai lavori, truccatori, registi … e tutto l’universo musicale indipendente a gravitare intorno, e telecamerine e d-j, e “comparse” e clown, un circo di convinti! Rischi di perdere la concentrazione; evapora la musica; si aprono nuovi orizzonti e si chiudono le finestre dell’arte serena e libera.
Sanremo mi ha sempre procurato scompensi “idrici”, nel senso reale del termine: secchezza delle fauci, saliva azzerata, etc … Sensazioni sgradevoli mai provate ai concerti. Ricordo che anche Ornella Vanoni viveva tale disagio Comunque per me è stata sempre una buona vetrina per qualche canzone, e per quei contatti che mi hanno portato, ogni volta, un po’ di “terrazze”, piazze e teatri, altri luoghi, ove portare la mia musica, in concerto. Quindi Sanremo serve. Serve per poter girare un po’ di più tra la gente, nei live futuri che ne derivano. E visto che di solito si svolge nel mese di febbraio, dopo ogni partecipazione ai Festival di Sanremo, ho vissuto di un mare di concerti estivi. Meraviglioso.
Come vivi dall’esterno il Festival di Sanremo e il mondo della canzone?
Da quando ho partecipato ai diversi Festival di Sanremo, non perdo un’edizione!
Mi spiaccico sul divano, vino rosso e camino acceso, e ascolto con attenzione ogni attimo del “programma” … perché sempre più si è trasformato, nel tempo, in un “programma televisivo”. Il mondo della canzone? Me ne distacco, ogni anno, sempre un chilometro di più! Non sopporto più il cosiddetto “pop”! E dire che “pop” starebbe ad indicare “popolare”. Ma è qui che “casca l’asino”. L’avvento dei talent ha omologato tutto e tutti, uccidendo le identità, e quel che dovrebbe essere “bellezza”, il “popolare” appunto, è diventato caricatura d’un mondo che riflette se stesso, che si ripete all’infinito, imbruttito e schiavo di mode e bisogni di cui l’uomo non avrebbe bisogno … Se oggi si presentassero alle selezioni dei talent, da illustri sconosciuti, giovani artisti come Fabrizio De Andrè, Luigi Tenco, Lucio Battisti, Ivano Fossati, ma anche Fabi e Capossela, li eliminerebbero immediatamente. Il gioco delle major punta in “alto”, anche con le voci, e soprattutto cerca giovane “carne da macello” che venda, che faccia proseliti, e duri poco… Nuove edizioni e nuove “carni”, cucinate con alcune varianti, ma sempre nello stesso sugo!
Un “usa e getta” che non mi fa ben sperare per le generazioni future.
Forse bisognerebbe tornare ai tempi delle “cantine”, come quando iniziai io, con i Percussion. C’era più passione, avevamo “tempo”, e si stava insieme, intorno ad una canzone, per giorni e giorni, senza un preciso obiettivo, discografico o da “selezioni”, ma per il solo piacere di fare musica! Il mio è certamente un discorso da “Amarcord”, tra il nostalgico e l’ironico: me ne sono accorta in questi giorni in cui mi hanno chiesto racconti ed emozioni della mia vittoria a Castrocaro 1985. Ma è così, è un dato di fatto! Anche il “mio Castrocaro” dell’epoca, pur essendo antesignano dei nuovi talent, era diverso, più genuino. E forse un po’ è colpa anche della tecnologia e della rete: come ogni “novità”, l’avvento di internet ha provocato passi in avanti e passi indietro. Il progresso tecnologico ha messo in contatto il mondo, ma ha creato anche dei “mostri”, degli illusi che … ”datemi un sequencer e divento musicista”, “datemi uno schermo ed Esisto”! Difficilmente l’uomo avrebbe potuto creare un “mostro” più anti-sociale dei Social! Tutti sono protagonisti, con un click, e nessuno più cresce nell’Essenza del sé!
Tu scrivi i testi e le musiche delle tue canzoni, da dove trai ispirazione?
Da tutto e da niente. Credo che ogni cantautore, all’inizio, scriva solo se, a livello privato, accade qualcosa che lo “agita”. Un po’ come le prime poesie d’ognuno. Col tempo è accaduto qualcosa, alla mia creatività, che non saprei spiegare a parole. Se mi scappa l’idea di una canzone, ad esempio, non mi “servo” più, come feci per tanti anni, della mia chitarra. Posso scriverla anche mentre guido in mezzo al traffico, registrandola sul cellulare. E l’effetto finale si sente: meno chitarristiche, più lontane dalle ballad in quattro quarti. Più “teatrali” forse. Perché prendo appunti, anche musicali, dai “rumori” della vita che mi scorre intorno…Vita che è già Teatro!
Una chitarra, uno strumento, volente o nolente, ti porta su certe strade musicali, quasi ti obbliga, involontariamente, ad una certa struttura. Se vai a ruota libera, senza l’ausilio del tuo “povero” strumento, senti e intravedi nuovi percorsi, e ti lasci trasportare in luoghi, sonori, ma anche letterari, inattesi e imprevisti. Un giorno di tantissimi anni fa me lo disse Pino Daniele: “Aida, tu riesci a scrivere melodie incredibili che un chitarrista bravo non saprebbe fare! Il tuo andare a ricercare accordi, cui non penserebbe un musicista professionista, ti portano a cose assurde, meravigliose, inimmaginabili!”
Comunque, in generale, traggo ispirazione dall’inutile rumore intorno, o dall’eccesso di silenzio. Se invece nuoto nell’esistenza, a piene mani, e gioiosa, non sento l’urgenza di scrivere. E torniamo ad un passo precedente di questa intervista: bisognerebbe trovare tempo e voglia di non trascurare i propri talenti, ascoltare se stessi, ed aprire quotidianamente le finestre del proprio estro. Anche quando la Vita ci distrae su altri lidi.
E’ vero che il mondo dello spettacolo è molto crudele?
“Un artista è madre e figli che si staccano dal mondo, mentre il mondo li divora richiedendo un altro bis” (dalla mia “A cuore nudo”, ouverture di “Bellandare” – mio personale manifesto sul ruolo dell’artista nella società).
Se il mondo contemporaneo appare sempre meno umano, come potrebbe essere diversamente per il mondo dello spettacolo, che è la rappresentazione, la trasposizione, l’esaltazione, la trasfigurazione, l’iperbole del mondo in cui viviamo?
Qual è il tuo rapporto con le altre cantanti?
Non ho rapporti con le altre cantanti. Ho conosciuto quasi tutte le cantanti e cantautrici mie coetanee e più grandi d’età. Non amo le cantanti. Sembrerà una provocazione, ma sinceramente, da vicino, nei rapporti umani, preferisco gli uomini. Le femmine, soprattutto nel campo dello spettacolo (teatro, musica, “carriere” …) mi risultano insopportabili!
Qual è la canzone alla quale ti senti più legata e perchè?
Mia o altrui? Tra le mie, quasi tutti gli ending dei miei album. Nell’ultima traccia di un album, di solito, mi svelo, quasi nascondendomi. In questo momento, tra le mie preferite, “La solitudine magnifica” e “Tacco e stacco”, contenute nell’ultimo album “Bellandare”, dedicate a due uomini della mia vita: mio figlio e mio marito. Ma anche “La canzone che non sai”, dall’album “Voglio portarti musica”, dedicata all’altro mio figlio Gianluca. E “Il giardiniere”, che non ho mai né cantato né pubblicato. Una precoce visione intima.
Delle altrui, la lista sarebbe lunghissima. Molte sono strettamente legate a particolari momenti della mia vita. Tutto un album di Renè Aubry “Plaisir d’amour”, un regalo di mio figlio Joshua.
“Io ti cercherò” e “Chissà se lo sai” di Dalla/Ron, “E ti vengo a cercare” di Franco Battiato, che mi ricordano la passione nascente con Giovanni.
Molti titoli di Ivano Fossati, perché vi trovavo una rara perfezione tra la parola la musica e l’ emissione della voce.
I concept-album come “Anime salve” di Fabrizio De Andrè, e quello di Vinicio Capossela ove c’era “Polpo d’amor” perché, ancor più che in Fossati, si respirava un’ unica ispirata canzone, nell’humus letterario e sonoro delle tracce.
Musica, TV… Hai una bella faccia e potresti fare Cinema. A proposito ha mai
fatto del Cinema? Ti piacerebbe farlo? Con quale regista e con quale parte?
Non ho mai fatto cinema. C’è stato un tempo in cui l’avrei fatto, o potrebbe venire un tempo in cui lo farei Ma l’avrei fatto come regista: seguii anche un corso Universitario, da ragazza, e ricordo che mi iscrivevo a tutti i migliori Cineforum dell’epoca!
Ho avuto qualche esperienza come attrice teatrale, nel 2000, con la compagnia del Teatro Biondo di Palermo.
Ma perché avrei un faccia che potrebbe fare Cinema? Tutti possono fare Cinema!
Puoi commentare questa frase di un celebre scrittore russo: “La bellezza salverà il mondo”?
Basta ascoltare “Bellandare” e, nello specifico il testo della canzone d’apertura, “A cuore nudo”. L’intera canzone rappresenta, per me, il mio personale manifesto sul ruolo dell’artista nella società!
Un piccolo aneddoto: l’amico Francesco Giunta, autore sopraffino, si trovava a casa mia, con Mario Incudine, quando feci ascoltare loro la prima stesura di “A cuore nudo”.
In punta di piedi, con grande pudore, convinto come me che un Autore non vada “corretto”, mi suggerì la sostituzione di una parola. Al posto del mio dire, che “un artista è una svista del Creatore”, mi consigliò la parola “Autore”…laici o credenti, la sua parola sostitutiva mi illuminò, mi spalancò orizzonti meravigliosi, e ora canto che “un artista è una svista dell’Autore”. Mi chiedete di commentare se la bellezza salverà il mondo? Il mondo ha un suo Autore, che l’ha creato bellissimo, mondo “Bellissimo”! E noi lo stiamo distruggendo.
Si. La Bellezza salverà il mondo. Ma nutro seri dubbi sul nuovo Uomo di oggi.
Se non ritroviamo, a fondo, il concetto vero di Umanità, che è naturalmente connesso alla Bellezza, si salvi chi può! 😉
Testo integrale di “A cuore nudo” (Aida Satta Flores)
Giorni arroventati di poesia
Non ne trovo più in mia compagnia
Necessariamente devo andare
Ho una festa in corso da cantare
Tutte quelle melodie represse
Per non disturbare il quieto vivere
Faccio appello al mio talento incerto
DU BI DU DU DU DU
Sono un bevitore di pensieri
Sopra un altalena di emozioni
Belle brutte allegre o spudorate
rabbia travestita di risate
C’è un’assenza in giro di Bellezza
Qui ci vuole un viaggio all’incontrario
Faccio appello al mio talento incerto
Con l’unica certezza dell’andare
Un artista a cuore nudo
È l’Eterno in un minuto
È un Altrove incatenato
Nella gabbia dei leoni
un volteggio senza rete tra le fiamme
Con quel vento di scirocco tra le gambe
Un artista è madre e figli
Che si staccano dal mondo
Mentre il mondo li divora
Richiedendo ancora un bis
Nell’andare c’è un andare che spalanca gli occhi al blu
Dentro al circo della Vita DU BI DU
Un artista è voce senza tempo
sopra la vergogna dei cretini
È Mimì che brucia la coscienza
Degli idioti dietro ai burattini
Se ho lanciato le mie perle ai porci
Ricevendo spine senz’abbracci
Faccio appello al mio talento incerto
Con l’ultimo granello di poesia
Me ne vado a cuore nudo
Troppe stelle in un saluto
Ho un inchino prigioniero
D’un amore in bianco e nero
Sono nocciolina in mano a mille scimmie
un birillo vacillante tra le biglie
Un artista è un viaggio a vuoto
Verso l’isola dei pazzi
È un gabbiano che ha sbandato
Sopra ai tetti dei palazzi
Nell’andare c’è un andare che spalanca gli occhi al blu
Dentro al cerchio della Vita DU BI DU
Rumpunu li sbarri i liuna
A genti scappa tutta ppi lu scantu
Nto circu semu tutti picciriddi
Sgranamu l’ occhi e u cori ppi l’incantu
Vogghiu truvari paci nta stu munnu
Lu Patri Nostru chianci nsem’a mia
Mi vogghiu abbivirari comu un lampu
Ca ri sti tempi mori a puisia
Un artista è un uomo nudo
Una svista dell’Autore
Che l’ha messo in questo mondo
Per confondere l’Amore
Nell’andare c’è un andare che spalanca gli occhi al blu
Dentro al circo della vita DU BI DU
(sale)
La mia vita dietro ai santi
Come banda siciliana
Come il popolo del circo
Come una benedizione
C’è una carovana che mi sta aspettando per partire
Nell’andare c’è un andare DU BI DU
Per te che cos’è la bellezza, c’è la bellezza nella musica?
La bellezza è la Vita. La Bellezza è l’identità, sono le differenze che fanno la ricchezza dell’umanità. E’ ogni nuovo giorno che sorge e ogni notte che ci accompagna. Sono i miei figli. E’ mia madre. E’ il “miracolo” di stare con la stessa persona da più di trent’anni.
E’ il mio scrivere e rispondere, a questa intervista, con tenerezza per me stessa, per quel che fui, per quel che avrei potuto diventare, per quel che ancora respiro, e so gustare.
La Bellezza è in ogni forma vivente: quindi anche nella musica, quando essa è e rappresenta qualcosa di vivo, in qualsiasi “genere”, senza pregiudizio.
Qual è la canzone più bella che sia stata scritta in Italia?
Ce ne sono tante. Da “Nel blu dipinto di blu” di Domenico Modugno, a “Una notte in Italia” di Ivano Fossati; da “La cura” di Franco Battiato, a “Vita spericolata” di Vasco Rossi, da “La costruzione di un amore” sempre del mio amato Fossati, a “Creuza de ma” di Fabrizio De Andrè; da “Tutto bene” di Mimmo Locasciulli e Greg Cohen alla meno conosciuta “Quello che non voglio” di Fausto Mesolella/Stefano Benni; da “Costruire” di Nicolò Fabi alla mia “La solitudine magnifica” che ho scritto per mio figlio… Si, cito anche me, perché chissà quante meravigliosi capolavori, mai editi, saranno conservati, in giro, in Italia e nel mondo, da autori che mai pubblicarono e mai pubblicheranno!
Per te che cos’è l’amore? L’hai mai incontrato?
Se non avessi incontrato l’Amore definitivo, probabilmente, avrei dato altre “autostrade” alle mie canzoni! Perché bisogna trovare e dare tempo ai propri “talenti”. Ed il “talento” dell’Amore duraturo toglie necessariamente tempo ad altri “talenti”.
E’ vero, che gli artisti sono i più grandi benefattori dell’Umanità?
Pessoa scrisse che “il poeta è fingitore”. Pur tuttavia sostengo, nei versi delle mie canzoni, e nel parlato dei miei concerti, che vorrei gli Artisti al Potere! Ma è tutta un’altra storia. Un vero Artista difficilmente potrebbe conciliare il senso di Bellezza con la struttura organizzata delle umane cose. Peccato. Vorrei gli Artisti al Potere!
Quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Nel 2018 la nostra Palermo è Capitale Italiana della Cultura. Sono Palermitana. Ho un paio di idee in mente, musicali, e che sarebbe auspicabile partissero da qui, dalla nostra città. Vedremo. Comunque posso anticipare che, coinvolgendo un po’ di vere Eccellenze Musicali Palermitane, vorrei realizzare “Risonanze”, di cui al momento non svelo nulla.
Accanto a me, la disponibilità di alcune “meraviglie”: amici straordinari come Giovanni Sollima, che ha già ampiamente collaborato all’album “Bellandare”, Marco Betta, Ruggiero Mascellino, Leonardo Bruno, Teodolindo Edmondo Negri, ed altri musicisti che negli ultimi 20 anni sono stati al fianco delle mie canzoni. Ah, ci fossero gli Artisti al Potere, il progetto sarebbe già stato “finanziato” 😉
Comunque, nel mio futuro, vedo almeno due album uno più intimo, uno più “orchestrato”. Vorrei pubblicare tante canzoni mai andate alla gente, che annusavano i tempi che sarebbero arrivati, e che, secondo me, meritano di venire alla “luce”.
E poi vorrei fare tanti concerti: una canzone, senza la gente che l’ascolti, muore muta.
Ed io, personalmente, non sono Persona “muta” solo in tre momenti: nell’atto della creazione, in studio di registrazione e, soprattutto, sul palco.
Per il resto, pur rappresentando, per i più, una quasi logorroica interlocutrice, sono e resto “muta al mondo”. Ed io, per il mio innato talento, “muta non voglio morire”.
Un “progetto futuro” da realizzare, per me stessa e per ognuno di noi, è quanto già scritto e cantato nell’ending del mio ultimo album, in quella che si chiama, comunemente, la ghost fantasma, la traccia finale e conclusiva di tutto il lavoro: “…e che sia per tutti un Bellandare”.