Dal Vangelo secondo Giovanni In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: «Io sono la vite vera e il Padre mio è l’agricoltore. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. Voi siete già puri, a causa della parola che vi ho annunciato. Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e secca; poi lo raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano. Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che volete e vi sarà fatto. In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli». Parola del Signore
L’immagine della vite siamo abituati ad ascoltarla nei racconti parabolici dei vangeli sinottici. In questi racconti Gesù la utilizza come parabola del Regno dei cieli. Il rischio sarebbe di applicare lo stesso procedimento adottato nei confronti delle parabole sinottiche a queste parole di Gesù nel vangelo di Giovanni. È un rischio, e non è un rischio da poco. Giovanni, a differenza di Matteo, Marco e Luca non solo non utilizza il termine parabole, ma non utilizza neppure questa figura retorica, preferisce piuttosto la similitudine. In particolare poi a partire dalla sezione dell’ora (dal capitolo 13) Gesù, nel vangelo di Giovanni, non utilizzerà più nemmeno le similitudini perché preferisce parlare un linguaggio aperto (Gv 16, 25). La parabola è un racconto che va preso nel suo insieme, il significato non viene dalla decodificazione dei singoli elementi presenti. Essa è l’effetto finale, il giudizio che viene espresso su di una realtà e che come un balzo viene applicato ad una realtà altra, diversa da quella raccontata. Nel racconto parabolico della vigna di Mt 20, 1-8 va compresa la logica e trasferita al Regno dei cieli. Usando una immagine matematica: la parabola è come una proporzione. Troppe volte invece noi tendiamo ad allegorizzare le parabole, ad attribuire ad ogni elemento un significato. Ascoltare Gesù che in Giovanni ci parla della vigna ci può portare per abitudine ad attivare lo stesso meccanismo o allegorizzante o giustamente parabolico utilizzato con i sinottici. La differenza è sostanziale. Gesù qui non ci rivela il Regno dei cieli, non c’è nessuna logica da comprendere e trasportare altrove. Qui Gesù sta rivelando se stesso e il particolare rapporto con il Padre. Non solo. Sta rivelando anche il particolare rapporto che il Figlio e il Padre hanno con i discepoli. E nell’ora della rivelazione piena della gloria del Padre nella morte e resurrezione del Figlio, rivela che Egli è glorificato nella sequela dei discepoli e nel loro portare frutto, nel rendere la vigna rigogliosa. (laparola.it)
Pace e bene
Fra Giuseppe Maggiore