Riforma degli Ammortizzatori Sociali: dal 2013 sarà attiva la nuova ASPI
Chiara Monforte
E’ tempo di flexisecurity per il sistema di welfare italiano: tra meno di un mese debutterà l’ASPI, l’assicurazione sociale per l’impiego che – in linea con quanto previsto dalle direttive europee in materia di meccanismi di sostegno al reddito -,rappresenterà l’unica erede dei sussidi di disoccupazione e mobilità attualmente erogate dall’INPS.
L’importanza strategica del riordino degli ammortizzatori sociali – sottolineata a più riprese dal Ministro del lavoro in carica – si profila come un ulteriore tassello, o meglio un completamento degli iter legislativi già posti in essere dal governo su tre direttrici fondamentali: riassetto della previdenza, riordino del mercato del lavoro e razionalizzazione dei vari istituti contrattuali.
Posta in questi termini, infatti, lo shift sugli ammortizzatori sociali appare inevitabile, quasi fosse uno “stato di necessità” per la platea dei lavoratori italiani che -oggi più di ieri- affrontano la sfida di una precarietà selvaggia e senza sconti. Nulla di più vero: ma se da un lato il sistema attuale di tutele per chi perde il lavoro è indubbiamente elitario, e non abbraccia la quasi totalità delle forme contrattuali esistenti, dall’altro il varo della nuova ASPI non placa i timori emersi tra le diverse parti sociali in sede di contrattazione. I dubbi maggiori, infatti, si palesano sia sul piano delle risorse in dotazione e, quindi, sul finanziamento della stessa ASPI, sia sulla tipologia dei soggetti che beneficeranno del sussidio nel prossimo futuro.
Ma vediamo cosa cambierà gradualmente a partire dal nuovo anno: l’ASPI dovrà sostituire l’indennità non agricola ordinaria, l’indennità di disoccupazione speciale edile, l’indennità di mobilità, mentre non modificherà l’indennità di disoccupazione agricola. L’indennità di mobilità resterà ancora per quattro anni ma si ridurrà il periodo.
La nuova normativa interesserà tutti i lavoratori dipendenti, impiegati del settore agricolo, lavoratori a domicilio, pubblici dipendenti e soci di cooperative, i quali dovranno rispondere tuttavia ad alcuni requisiti. Inoltre, il nuovo meccanismo sarà esteso anche ad artisti ed apprendisti che guadagneranno un paracadute per 12 mesi in caso di perdita del posto di lavoro. I collaboratori a progetto e i co.co.co, invece, verranno esclusi dal novero dei destinatari, ma per la categoria le nuove disposizioni normative regolamentano il pagamento di un “indennità una tantum”, in presenza dei requisiti richiesti.
Per poter accedere al requisito si dovranno avere gli stessi requisiti dell’indennità di mobilità: due anni di anzianità e almeno 52 settimane nell’ultimo biennio. Per quanto riguarda la misura dell’indennizzo erogato dall’INPS, va tenuta in considerazione la retribuzione lorda percepita dal lavoratore disoccupato nel biennio. In termini pratici: l’assegno dovrà essere pari al 75% della retribuzione fino a 1.150 euro. Nel caso in cui la retribuzione dovesse superare tale importo l’indennità è pari al 75% del predetto importo incrementata di una somma pari al 25% che risulta dal differenziale tra la retribuzione mensile e l’importo in questione.
Sul fronte dei requisiti anagrafici, il quadro delineato dalla riforma fa emergere un conto più salato per i lavoratori senior: lo spartiacque sono proprio i 55 anni di età. L’assegno dell’assicurazione durerà 12 mesi per chi ha un’età fino a 54 anni e fino a 18 mesi dai 55 anni in su. Le storture, tuttavia, emergono sul fronte dell’indennità di mobilità: la sua scomparsa, appunto, rischia di penalizzare soprattutto i lavoratori over 50, cioè proprio chi ha più difficoltà a trovare un lavoro oggi. Allo stato attuale, in caso di licenziamenti collettivi, la mobilità è riuscita a coprire fino a 36 mesi, che si allungano a 48 mesi per gli ultra cinquantenni del sud. Ma quando si avrà diritto alla nuova polizza, i beneficiari tra i 50 e i 54 anni ne avranno beneficio solo per 12 mesi, mentre per gli over 55 il tagli sarà meno marcati, passando dai 36 mesi attuali (48 al sud) a un anno e mezzo.
Abbastanza chiare, inoltre, sembrano le disposizioni sulla contribuzione: questa sarà estesa a tutti i lavoratori che rientrino nell’ambito di applicazione dell’indennità. L’aliquota sarà gravata di un ulteriore 1,4% per i lavoratori a termine e la possibilità di restituzione fino a sei mesi di versamenti in caso di stabilizzazione del contratto. In aggiunta, è giusto sottolineare, che sarà possibile trasformare l’indennità ASPI in liquidazione per poter così avere un capitale e avviare un’impresa. Il lavoratore che però rifiuta un impiego con una retribuzione superiore almeno del 20% rispetto all’indennità che percepisce perderà subito il sussidio.
Per chiudere, anche il recente decreto sviluppo, che ha ritoccato la Legge 92/2012 ha previsto interessanti novità: per il 2013, infatti, i percettori di prestazioni integrative del salario o di sostegno al reddito saranno liberi di svolgere prestazioni di lavoro accessorio in tutti i settori produttivi, compresi gli enti locali nel limite massimo di 3.000 euro di corrispettivo per anno solare, con la messa in calendario entro il 31 ottobre 2014, della verifica delle disposizioni transitorie in materia di mobilità, al fine di assumere eventuali iniziative in materia.