Non ha tralasciato nulla: qualità e quantità. Una missiva ricca di contenuti e di significati quella che l’Arcivescovo di Agrigento, com’è sua abitudine, in occasione del Venerdì Santo elabora, scrive e poi destina direttamente al Signore.
Di fronte ad un folla di fedeli attenta, riunita in piazza Municipio subito la suggestiva processione serale, monsignor Montenegro, dal sagrato della Chiesa di San Domenico, ha lanciato messaggi chiari e moniti forti.
Rivolgendosi al suo “Interlocutore Privilegiato”, il pastore della Chiesa Agrigentina lo ha esortato affinché la città viva, con lo stesso coinvolgimento e la stessa intensità spirituale, anche la domenica della Pasqua. “Per gli agrigentini – ha detto il presule – è come se la settimana santa avesse il suo culmine nel Venerdì Santo. Il giorno della Resurrezione viene vissuto come una domenica normale”.
Poi ha toccato temi sociali ed emergenze: gli scippi alla vita. In primo piano il caso della prostituta colombiana che ha trovato la morte precipitando, per fuggire dal rapinatore, dal balcone di un’abitazione nel centro storico, l’uccisione, per avvelenamento, del piccolo Sebastian, avvenuto a Naro, e la morte dell’operaio di Bivona, rimasto sotto le macerie nella cava di Villafranca Sicula. Ed ancora gli immigrati che sbarcano nelle coste agrigentine. “Fingere di non vedere, di non sentire, girarsi gli occhi dall’altra parte sono atteggiamenti che non vanno bene” – ha sottolineato don Franco.
Nella lettera non ha mancato di bacchettare la mala politica e la burocrazia lenta. Ovviamente un pensiero è andato al centro storico di Agrigento e alla Cattedrale di San Gerlando, ancora chiusa. Ma ha evidenziato anche il dramma dei giovani, senza lavoro, degli anziani, lasciati soli, o di chi fa uso di droga e del gioco d'azzardo.
Infine monsignor Montenegro ha stretto l’obiettivo sull’importanza dell’amicizia. “Senza di essa – ha tuonato – si muore di solitudine e di egoismo”. Ha invocato maggiore comprensione e amore tra figli e gentori e tra moglie e marito.