Decreto Gui-Mancini sì, decreto Gui-Mancini no. La disputa va avanti. Da una parte i consiglieri comunali di Agrigento, Gerlando Gibilaro e Michele Mallia, dall’altra Legambiente che è tornata alla carica per ribadire che quel provvedimento legislativo, che ha perimetrato la zona A del parco archeologico della valle dei templi, non è andato in soffitta.
“Il decreto è vivo e vegeto – hanno spiegato gli esponenti dell’associazione ambientalista con in testa il presidente regionale, Mimmo Fontana – basta sapere leggere bene le carte, gli atti per rendersi conto che stiamo parlando di nulla. Sarebbe opportuno invece cominciare a parlare di qualcosa – ha evidenziato Fontana – e noi siamo pronti a confrontarci su proposte serie e concrete che certamente non sono quelle che ipotizzano un impossibile e illusorio restringimento del perimetro. Anche perché ormai, per fortuna, è maturata nel Paese una cultura contro l’abusivismo edilizio. Pensare di tornare indietro, di ridurre la zona A o sanare le case realizzate illegalmente è una strada non più praticabile”.
In qualche momento i toni si sono alzati: alla conferenza stampa presenti infatti alcuni abitanti della zona A e il consigliere Gibilaro, il quale nel suo intervento, anche lui carte alla mano, ha cercato di indirizzare il ragionamento su orizzonti diversi.
Furiosa Claudia Casa: “E’ come se dicessero che nel cielo di Agrigento è passato in volo un asino con le ali. Se continuano a ripeterlo, è probabile che alla lunga qualcuno possa anche crederci. Non è più tempo di raccontare le favole. Ecco perché noi siamo voluti intervenire. Lo abbiamo fatto per riportare le cose sul giusto binario”.
Poi Claudia Casa, Daniele Gucciardo e Mimmo Fontana si sono spinti oltre. Come dire hanno provato a tendere la mano agli abitanti della zona A.
“Fermo restando che salvare le abitazioni, leggi alla mano, non è possibile – hanno sottolineato i tre – vogliamo essere propositivi. Una delle soluzioni percorribili, qualora l’amministrazione comunale di Agrigento condividesse il progetto, sarebbe quella di concedere agli abitanti della zona A, in cambio della rinuncia alla loro attuale struttura, un’area edificabile in una zona diversa del territorio. Cosa già accaduta, ad esempio, a Selinunte, nel trapanese”.
“Questo non vuole essere considerato un premio – si sono affrettati a spiegare Casa, Gucciardo e Fontana – ma una sorta di dazio che le istituzioni locali sono chiamate a pagare per non avere, nel tempo, fronteggiato adeguatamente e opportunamente il fenomeno dell’abusivismo”.