Dal Vangelo secondo Luca In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Vi saranno segni nel sole, nella luna e nelle stelle, e sulla terra angoscia di popoli in ansia per il fragore del mare e dei flutti, mentre gli uomini moriranno per la paura e per l’attesa di ciò che dovrà accadere sulla terra. Le potenze dei cieli infatti saranno sconvolte. Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire su una nube con grande potenza e gloria. Quando cominceranno ad accadere queste cose, risollevatevi e alzate il capo, perché la vostra liberazione è vicina. State attenti a voi stessi, che i vostri cuori non si appesantiscano in dissipazioni, ubriachezze e affanni della vita e che quel giorno non vi piombi addosso all’improvviso; come un laccio infatti esso si abbatterà sopra tutti coloro che abitano sulla faccia di tutta la terra. Vegliate in ogni momento pregando, perché abbiate la forza di sfuggire a tutto ciò che sta per accadere, e di comparire davanti al Figlio dell’uomo».
Leggendo questo brano del Vangelo che al primo impatto ci fa paura, ho riflettuto e invito anche voi a fare lo stesso su ciò che ci fa paura davvero.
Sicuramente il maremoto, il terremoto, le varie frane, gli uragani e altri eventi naturali ci fanno paura, ma la vera paura è perdere tutto ciò che abbiamo costruito negli anni.
Mi chiedevo da chi ha visto cadere a pezzi il proprio paese natale, mi fa più paura la frana o la situazione economica? Mi fanno paura di più i terremoti o gli immigrati, i ladri, i gay… il diverso che viene a interrompere la mia quiete (apparente)?
Non sono le stelle o la Luna a sconvolgere il nostro tempo, l’uomo ha dimostrato di non avere paura di nulla, ha conquistato la Luna poi sarà, anche, la volta di Marte, e ci faremo i selfie sul suolo marziano.
Eppure abbiamo paura dell’uomo, di tutto ciò che crea insicurezza.
La paura ci tiene allertati ma quando diventa panico ci rende irrazionali, ci mette in fuga nella ricerca del rifugio sicuro, un posto nascosto in cui rannicchiarsi e chiudersi: la paura ci fa morire alla vita e a noi stessi.
Il Signore con questo tempo di grazia che è l’Avvento, ci invita ad alzare il capo, a non omologarci alla mentalità odierna.
Siamo presi da mille preoccupazioni e abbiamo perso di vista Lui anche se si continuano a fare le crociate per i crocifissi e i presepi e poi non siamo capaci di riconoscere i crocifissi che ci stanno attorno e che muoiono di freddo nelle grandi città e ancora una volta lasciamo fuori al proprio destino Giuseppe e Maria che non trovano posto nella nostra società.
Ci hanno sempre insegnato che l’Avvento è un tempo di attesa. Ma noi chi attendiamo? Forse Babbo Natale? Siamo presi da mille cose: regali, cene, serate con gli amici a giocare a tombola o a carte. In tutto questo c’è spazio anche per qualche piccola lacrimuccia per qualche immagine che ci ricorda che da qualche parte nel mondo ci bambini denutriti che cercano cibo fra la spazzatura e per metterci la coscienza a posto distribuiamo qualche monetina all’uscita della chiesa o al semaforo… l’importante però è fare il presepe ignari che Gesù in quella mangiatoia non c’è perché è in strada su una panchina o sotto un ponte o una stazione ferroviaria, o su un barcone che sta per annegare
Non è lui che attendiamo ma il nostro star bene. Anche se lo sappiamo, la nostra attesa di Lui è costantemente deviata dalle attese del nostro «cuore appesantito di dissipazioni, ubriachezze e affanni della vita» ubriacati di luci, di annunci pubblicitari estenuanti, finalizzati ad eccitare la molteplicità dei desideri di tutti, piccoli e grandi. Pensiamo e ci illudiamo di essere liberi di fare quello che vogliamo e di comprare conforme i nostri gusti e possibilità, ma in realtà siamo incurvati e sottomessi al sistema finanziario che omologa ciascuno di noi ad agire a servizio della legge del consumismo e dell’usa e getta di tanti beni di questo mondo.
Andiamo dietro a proclami “politici” che non hanno nulla a che fare con Gesù e il suo messaggio di pace e di amore. Il Vangelo ci racconta di Maria e Giuseppe che vengono respinti e noi continuiamo a respingerli non ospitando chi è in difficoltà. Ci commuoviamo quando ascoltiamo il brano della strage degli innocenti operata da Erode e poi esultiamo o peggio rimaniamo indifferenti quando a causa delle nostre paure e del nostro egoismo il mare inghiotte i piccoli che vengono da noi. Gesù ci parla di porgere l’altra guancia e noi vogliamo armarci per difendere anche un copertone. A me sembra una contradizione imporre il crocifisso e il presepe nelle scuole e poi armarsi fino ai denti per difendersi. Mi pare che Gesù è il nostro Dio che si fa bambino, nudo in una mangiatoia e nudo su una croce, non si è difeso e non ha cercato privilegi… siamo sicuri che stiamo attendendo Lui?
Come sarebbe bello ascoltare le parole di Gesù che ci dice: «State in piedi, alzate il capo, perché la vostra liberazione è vicina».
Eppure nelle nostre assemblee cantiamo per tutto il tempo di Avvento «Maranathà, Vieni Signore Gesù!» Ci passa accanto e non lo riconosciamo.
Usciamo dunque dal nostro guscio, abbandoniamo tutto ciò che ci incatena ad uno stile antievangelico e rimaniamo sobri per attendere il Signore che vuol nascere ancora una volta nella nostra vita. Gustiamo la libertà di essere figli di Dio e fratelli di Cristo. Diciamogli con fede: “Vieni Signore Gesù”.
Il vero presepe bisogna farlo nel proprio cuore accogliendo la famiglia di Nazareth che ancora una volta cerca posto dove alloggiare. Tutto pasa sola il vero Amore rimane.
Se si ama come Dio che si fa bambino sarà Natale se no tutto è vano. Al Signore poco importa i nostri presepi se poi non seguiamo le orme di Cristo.
Io direi di non fare nessun gesto buono a Natale, niente pranzi per i poveri, niente regali, niente offerte, proprio nulla, dopo le feste iniziamo per 365 giorni con perseveranza e amore fare tutto ciò che solitamente facciamo solo a Natale dicendo Vieni Signore Gesù.