Giuseppe Maurizio Piscopo
PIERO CARBONE è nato nel 1958 a Racalmuto in provincia di Agrigento, vive e opera a Palermo, con la fantasia e altri interessi dove capita. Scrive e pubblica in lingua e in dialetto siciliano. Diversi suoi testi sono stati musicati ed eseguiti. Ha curato mostre di artisti siciliani e di tradizioni popolari. Nel 1985 ha ideato e curato con un gruppo di studenti universitari Zmaragdos. Arti in coordinamento e ricerche etnografiche. Nel 1988 ha rappresentato Nivuretta. Storii di carrittera e lavanneri. Recentemente ha contribuito alla riscoperta del gesso in Sicilia nei suoi vari aspetti culturali. Cura il blog Archivio e Pensamenti.
Tra le pubblicazioni A lu Raffu e Saracinu (1988); Sicilia che brucia (1990); Il mio Sciascia (1990), Eretici a Regalpetra con Prefazione di Claude Ambroise(1997); Dialogo nel bosco, musicato e rappresentato alla Tikkun di Milano nel 2002; Il giardino della discordia(2006) con Prefazione di Rosario Lentini; Pensamenti(2008) con Prefazione di Salvatore Di Marco; Venti di sicilinconia(2009) che ha ricevuto Premio Martoglio di Grotte e Ignazio Buttitta di Favara; The Poet Sing For All / Lu Pueta canta pi tutti(2014) che ha ricevuto nel 2015 i premi Marineo e Kiwanis Club-Ciccio Carrà Tringali di Lentini.
Il racconto che sarà pubblicato nella fortunata collana Coup de foudre Aulino Editore diretta dal giornalista Accursio Soldano prende spunto da un fatto di cronaca trasformato dalle abili mani di un sarto in un racconto piacevole, divertente ma che allo stesso tempo ci fa riflettere. Un racconto che soltanto la sensibilità e la raffinatezza di uno scrittore come Piero Carbone poteva immaginare. Leggendo con attenzione questa bellissima storia di Piero Carbone pubblicata da Coup de Foudre collana diretta da Accursio Soldano per Aulino Editore mi sono venuti subito in mente due libri importanti per la mia formazione culturale: Le sorprese della scienza di Luigi Pirandello dedicato al paese di Milocca e La Pietra calcarea di Adalbert Stifter. Spesso le idee che ci facciamo delle persone in vita sono sbagliate, ci sono molte cose che ci sfuggono. Nei libri che ho citato nell’ultima pagina viene rovesciata la verità e i luoghi comuni, così come avverrà nel racconto breve di Piero Carbone. Don Ferdinando muore da solo e come tanti avvolto nel mistero. Era considerato tirchio e distaccato dal mondo, intento ai suoi soli interessi ed in vita non era stato amato che da pochi. Quante bugie si dicono in Sicilia dopo che uno muore? Tutti perfetti quelli che muoiono senza nessuna macchia, senza nessun difetto. Eppure anche la morte può cambiare tutto! Lo specchio per guardare chi muore è veramente uno specchio falso, deformato che vede solo i lati buoni della vita e le buone azioni anche quando non ci sono. Eppure tutti abbiamo dei difetti…Don Ferdinando con il suo testamento aveva sparigliato le carte, aveva lasciato tutti stupiti. Ma cosa è successo alla fine? Non posso svelarlo. Lo scoprirete leggendo il racconto. Può un tirchio, distaccato e disincantato agli occhi di questo mondo diventare un benefattore del paese da meritare una statua che nessuno vuole?
Allo scrittore Piero Carbone chiediamo:
Quando c’è di vero in questo racconto?
La fabula con i singoli avvenimenti è quasi tutta vera, l’intreccio, con l’evoluzione degli eventi, o con la loro involuzione, è quasi tutto falso, intriso com’è di anticipazioni e regressioni assurde o flashback, quasi trattandosi di una sceneggiatura surrealista alla Buñuel . In sintesi credo sia una terribile metafora sui comportamenti umani individuabili tra l’ignoranza e l’ingratitudine.
Racalò rappresenta Racalmuto, il paese della ragione?
Anche ma non solo, direi.
Da dove nasce l’ispirazione per questo racconto?
Dalla sorte, anzi, dalla malasorte dell’Ospedale Maria Santissima del Monte di Racalmuto. Tutto l’opposto dell’Ospedale monumentale di Venezia, adornato alle pareti da decine e decinedi lapidi che fanno riferimento alle donazioni elargite nel corso di svariati secoli e messe a frutto.
La chiesa quando riceve i denari cambia opinione sui peccatori?
Non so, ma nel medioevo i signori peccavano e i monaci scontavano le penitenze, dietro laute offerte al convento. Speriamo però che la chiesa non cambi idee sulla natura stessa dei peccati in base al peccatore, altrimenti sulla falsariga delle leggi ad personam avremmo la definizione dei peccati ad personam. Un bell’inghippo non solo teologico.
E’ vero che i siciliani hanno un carattere difficile e stanno tutta la vita a litigare?
Non tutti per tutta la vita ma tutti un po’ perché ci sono anche i litigi passivi e involontari o indiretti. Si racconta in paese che un tizio era così litigioso che non avendo più con chi attaccare briga un giorno intentò causa a se stesso. Se non è vero è succosamente significativo. Non è dato sapere l’esito della lite.
Perché nel libro è citata un’opera musicale straordinaria come la Norma, qual è il legame con il racconto?
A Racalò, in fantasia, ma realmente in tanti paesi della Sicilia, la cultura musicale, direi la civiltà musicale, era radicata e seguita da tutti, sia a teatro sia nelle feste popolari, laiche e religiose: classi egemoni e classi subalterne nella musica trovavano un democratico punto d’incontro. A Racalmuto, ad esempio, c’era una banda musicale comunale con un direttore assunto e pagato dal comune e la banda si esibiva per contratto ogni domenica in una sorta di belvedere. Uno zio di mio padre che non era andato a scuola, mi parlava con naturalezza delle opere liriche a cui aveva assistito nel Teatro Regina Margherita di Racalmuto.
Qual è il messaggio che intendi dare ai lettori con questo testo così particolare?
Nessun messaggio determinato. Soltanto un sommesso invito all’esame di coscienza pubblica e privata sul senso di gratitudine legata alla memoria, secondo me inscindibili. Che delitto a Racalmuto avere estirpato i basoli del corso principale del paese voluto dai Matrona! Chissà quanti altri delitti in altri paesi! Tutto l’opposto di quello che fanno a Treviso dove una lapide ricorda che il cosiddetto “pozzo storto”era stato spostato alcuni metri in avanti e poi “levato nel 1733”. Una data da memorare, per loro, legata al pozzo storto anche se il pozzo non c’era più. Una bella differenza tra il ricordare l’inesistente e ignorare l’esistente.