Il 10 luglio di 76 anni fa scattò l’operazione Husky con le truppe anglo-americane che sbarcano in Sicilia.
Questo momento storico che decretò la caduta del fascismo, l’armistizio e che cambiò le caratteristiche socio-politiche dell’Isola e dell’Italia, viene ricordato dallo storico favarese Pasquale Cucchiara del quale vi proponiamo questa riflessione.
“Da qualche anno, scrivo note di carattere storico per ricordare quei fatti, cercando di sviluppare il lato militare, sociale o antropologico. Dall’anno scorso, esaurite le fonti, pensai che la mia “serie” di riflessioni fosse finita. Con il mio trasferimento in Toscana, invece, ho accumulato del materiale nuovo, largamente inedito, grazie alla rete bibliotecaria di Pisa, che mette in connessione tutte le biblioteche della regione Toscana e non solo.
Via via, ho raccolto decine di pagine di appunti sulla Sicilia e sulla nostra Favara che meritano di essere riportate alla luce. I retroscena politici dello sbarco, i contatti fra americani e mafia, separatisti e antifascisti, le precarie condizioni dei Bersaglieri Italiani di stanza a Favara, le operazioni militari e il facile sodalizio fra occupati e occupanti.
Oltre tutto, è stata una vera e propria novità, individuare il cosiddetto movimento dei “non si parte” in seguito alla coscrizione obbligatoria dopo l’occupazione americana e la lotta antifascista.
In poche parole, dopo che il Sud fu interamente occupato dagli alleati, l’agonizzante Italia monarchica provò a ricostruire un esercito regolare per liberare i territori del centro-nord Italia sotto il tallone tedesco. Tuttavia, il nostro popolo, stanco della guerra e delle privazioni di ogni genere e sorta, non concepì quella necessità storica della lotta al nazifascismo e reagì boicottando la coscrizione. Anche nel nostro Paese ci furono delle manifestazioni, ma ne parlerò quando avrò un quadro più esaustivo possibile.
Una seconda questione su cui lavoro è la presenza di profughi a Favara dopo l’occupazione americana. I profughi giunsero sia dalla provincia di Latina (Anzio e Nettuno) sia dal Veneto. Nel primo caso, fu proprio il Comando alleato, allo scopo di preservare l’incolumità dei civili che spesso intralciarono le operazioni militari o peggio ancora si trovarono fra il fuoco dei due schieramenti avversi, ad organizzare, a partire dal febbraio del ’44, una sistematica evacuazione della popolazione verso le zone liberate dalle forze atlantiche come la Campania, la Calabria e la Sicilia. Un centinaio di profughi vennero ospitati anche a Favara nei locali del seminario Minore.
Nella smania di ricercare, sono riuscito ad intervistare un testimone oculare, un profugo di Nettuno, che ancora oggi ricorda quei giorni difficili: il signor Fernando Rocchetti. In realtà, anche qualche anziano favarese mi ha aiutato a scrivere qualche appunto utile per ricostruire compiutamente questa sconosciuta pagina di storia locale. Nel secondo caso, i veneti scapparono in totale autonomia da un territorio minacciato sia dagli slavi che dai nazifascisti.
Un altro tema poco approfondito è quello dell’epurazione fascista. Sono in possesso di alcuni dati e tabelle che dimostrano come l’apparato politico/amministrativo/burocratico fu marginalmente defascistizzato. Anche in questo caso, ne parlerò meglio a tempo debito.
Dopo aver sistemato e catalogato tutto questo materiale, ho deciso di interrogare le fonti orali, quei pochi ultraottantenni che vissero in prima persona quei fatti. Tutte le persone da me consultate, dico tutte, mi hanno dato ampia disponibilità a raccontare questi fatti forse perché nell’immaginario collettivo, questo spaccato di storia locale, rappresentò il punto di svolta del nuovo corso del nostro paese e della nostra nazione. In molti mi hanno detto orgogliosamente “j c’era” come a rimarcare l’importanza di aver presenziato ad un appuntamento imperdibile con la storia e che la mia penna potesse essere l’ultima occasione per raccontare quella povera e disperata Favara che soprattutto noi giovani non riusciamo lontanamente ad immaginare.
Donne e uomini del ’43 hanno aperto il cassetto della loro memoria. Marianna Di Stefano, Vincenza Trupia, Lillo Francolino, Calogero Tragna, Giovanni Castronovo, Salvatore Sciortino, Giorgio Sorce, Antonio Crapanzano, Alfredo Lo Porto, Giuseppe Palumbo e Giovanni Moscato ed altri si aggiungeranno a breve. Anzi, per chi volesse rilasciarmi un’intervista resto a completa disposizione.
Dato che i testimoni oculari non abbondano, ho deciso di includere i cosiddetti “testimoni indiretti” che mi hanno fornito i ricordi dei padri/madri, nonni/nonne. Fra questi, mi sono risultati preziosi mio padre e mio zio Salvatore e Domenico Cucchiara, Giovanni Sorce e Carmelo Costa. Ripeto, la ricerca non è completa e devo ancora comparare le varie testimonianze per certificarne l’attendibilità e, senza utilizzare alcun grado di approssimazione, restituire una storia che, altrimenti, andrebbe persa per sempre”.
Pasquale Cucchiara