Mia madre mi chiamava crazy, folle, ma come può farlo solo una mamma, quando sommando ogni singola consonante e vocale il risultato è amore infinito. Ogni tanto, gioia mia, si lasciava andare con frasi americane, lingua che aveva imparato negli Stati Uniti dove ragazzina era emigrata per raggiungere i fratelli. Uno dei suoi fratelli emigrò nei primi anni del 1900, una nave non l’aveva mai vista come quasi tutti quelli che hanno vissuto l’avventura della ricerca di un mondo migliore, della fuga dalla disperazione e dalla miseria. Erano navi costruite esclusivamente per il trasporto degli emigranti, chiamati, pensate, passeggeri di stiva.
I passeggeri di stiva meridionali salpavano da Palermo e da Napoli per Genova e da questo porto le grandi navi portavano gli emigranti verso il nuovo mondo.
La maggior parte di loro erano uomini che partivano da soli, nella speranza di fare subito fortuna e di ritornare ricchi nel paese d’origine. Si imbarcavano anche donne, bambini ed anziani, che seguivano i capifamiglia.
La sofferenza che prendeva consistenza nelle lacrime che coprivano gli occhi nel momento della partenza delle persone a bordo e dei loro familiari rimasti a terra faceva toccare con mano le ragioni disperate della partenza. Strappati dalla loro terra e dai loro affetti più cari.
Non le trovo più, ma ricordo benissimo la raccolta di lettere spedite da mia nonno rimasto a Favara a sua figlia, mia madre. Le lettere, gioia mia, le ha conservate come un tesoro prezioso per tutta la vita, li teneva chiuse con un nastro di raso. Tutte iniziavano: “Amatissima figlia…”
Le navi li allontanavano, li portavano in America, mai, comunque, si spezzò il loro rapporto con il paese di origine.
Alcuni di loro non arrivarono mai nel nuovo mondo, caricati in vecchie navi che contenevano più passeggeri rispetto al consentito, morirono per i pesanti disagi del viaggio e per i naufragi, specie tra la fine dell’800 e l’inizio del ‘900.
I nostri emigranti sono stivati in terza classe, «accovacciati sulla coperta, presso le scale, col piatto tra le gambe e il pezzo di pane fra i piedi, mangiavano il loro pasto come i poverelli alle porte dei conventi. È un avvilimento dal lato morale e un pericolo da quello igienico, perché ognuno può immaginarsi che cosa sia una coperta di piroscafo sballottato dal mare, sulla quale si rovesciavano tutte le immondizie volontarie e involontarie di quelle popolazioni viaggianti» (Teodorico Rosati, ispettore sanitario sulle navi degli emigranti,1908).
Con il passare degli anni migliorarono le condizioni del viaggio, ma non fu mai una crociera.
L’arrivo degli emigranti italiani in USA non era di gran lunga migliore del viaggio. Scendevano subito i passeggeri di prima e seconda classe, quelli di terza classe, invece, dovevano salire, con i loro bagagli su di uno steamboat, un vaporetto, che li portava ad Ellis Island, dove erano sottoposti a controlli sanitari e di polizia. L’Ufficio Immigrazione tratteneva in stato di fermo numerose persone, oltre ai malati, ed erano coloro i quali non possedevano il denaro necessario per superare il primo mese, nel nuovo Paese e quindi rischiavano di diventare un onere a carico dello Stato. Ad essere trattenute erano anche le donne e i bambini che aspettavano mariti, fidanzati e padri e coloro i quali venivano ritenuti sospetti. Si poteva rimanere trattenuti per diverse settimane.
Oggi Giuseppe Maurizio Piscopo fa rivivere questa pagina della nostra storia, ché di questo si tratta, nel libro cd Merica.
“Ho composto . dice il maestro Piscopo – questo brano per il libro-cd Merica viaggio verso il nuovo mondo Sciascia Editore dopo aver fatto un indimenticabile viaggio in America nel 1986 alla ricerca delle nostre radici. Sono convinto che questo libro sulla Merica scritto con Salvatore Ferlita e con la collaborazione di Francesco Meli, Marcello Benfante, Toni Trupia, Silvana Polizzi, Roberto Tripodi, Alessandro Russo, Luigi Sferrazza, Gaetano Pennino, Claudio Paterna, con le musiche di Peppe Calabrese, con le canzoni di Nono’ Salamone, con le esecuzioni della compagnia popolare favarese di Domenico Pontillo, Nino Nobile. Con le foto di Giovanni Moroni e Angelo Pitrone sia uno dei più riusciti tra i cinque libri progettati sulla Sicilia clandestina. Un giorno ho realizzato un’intervista sul cinema per il giornale Sicilia On Press diretto da Franco Pullara al regista Salvo Cuccia dal titolo: “Quando in paese arrivava il cinematografo”. L’intervista ebbe un grande successo e venne pubblicata insieme ad altre 60 interviste nel libro Sogni e passioni edito da Medinova di Antonio Liotta. Non appena il regista sentì il brano Ellis Island rimase affascinato e incantato. Volle inserirlo nel docu-film su Tommaso Bordonaro tratto dal celebre libro la Spartenza edito da Navarra Editore. Lo Speciale Tg1 andato in onda ieri sera ha immortalato questa Sicilia autentica di emigranti che ha sofferto, ha fatto conoscere la voce ed il volto di Santo Lombino che si è impegnato per la pubblicazione di questi fogli. E’ la testimonianza dei viaggi della spartenza in un lungo percorso di stenti e di dolore. E’ la Merica di come eravamo quando a partire eravamo noi “…. Gli arrangiamenti dei brani sono di Graziano Mossuto.