Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Non temere, piccolo gregge, perché al Padre vostro è piaciuto dare a voi il Regno.
Vendete ciò che possedete e datelo in elemosina; fatevi borse che non invecchiano, un tesoro sicuro nei cieli, dove ladro non arriva e tarlo non consuma. Perché, dov’è il vostro tesoro, là sarà anche il vostro cuore.
Siate pronti, con le vesti strette ai fianchi e le lampade accese; siate simili a quelli che aspettano il loro padrone quando torna dalle nozze, in modo che, quando arriva e bussa, gli aprano subito.
Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli; in verità io vi dico, si stringerà le vesti ai fianchi, li farà mettere a tavola e passerà a servirli. E se, giungendo nel mezzo della notte o prima dell’alba, li troverà così, beati loro!
Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora viene il ladro, non si lascerebbe scassinare la casa. Anche voi tenetevi pronti perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo».
Allora Pietro disse: «Signore, questa parabola la dici per noi o anche per tutti?».
Il Signore rispose: «Chi è dunque l’amministratore fidato e prudente, che il padrone metterà a capo della sua servitù per dare la razione di cibo a tempo debito? Beato quel servo che il padrone, arrivando, troverà ad agire così. Davvero io vi dico che lo metterà a capo di tutti i suoi averi.
Ma se quel servo dicesse in cuor suo: “Il mio padrone tarda a venire”, e cominciasse a percuotere i servi e le serve, a mangiare, a bere e a ubriacarsi, il padrone di quel servo arriverà un giorno in cui non se l’aspetta e a un’ora che non sa, lo punirà severamente e gli infliggerà la sorte che meritano gli infedeli.
Il servo che, conoscendo la volontà del padrone, non avrà disposto o agito secondo la sua volontà, riceverà molte percosse; quello invece che, non conoscendola, avrà fatto cose meritevoli di percosse, ne riceverà poche.
A chiunque fu dato molto, molto sarà chiesto; a chi fu affidato molto, sarà richiesto molto di più».
Anni fa, mi trovai nel convento ebbi la grazia di conoscere un anziano frate, barba bianca e lunga, abito rattoppato, esile e agile nonostante l’età avanzata. Ricordo ancora i suoi occhi azzurri e luminosi che aumentavano di luminosità quando mi parlava con semplicità di Gesù e di un viaggio che avrebbe fatto, portandomi nella sua celletta rimasi sbalordito quando vidi solo un letto un comodino e una sedia dove posava una vecchia valigia di cartone contenente i suoi pochi vestiti. Con un bel sorriso mi disse: “dobbiamo essere sempre pronti perché non sappiamo quando viene il Signore, pronti come sentinelle che aspettano un nuovo giorno. Saremo felici e beati se sappiamo vivere con Lui e per Lui”.
Rimanere svegli, preparati al ritorno del padrone è l’atteggiamento di fede e non di paura che deve avere il cristiano. È la fede che ci aiuta ad vivere l’attesa e la vita è proprio un’attesa: l’attesa di una vita nuova che vive nel grembo di una donna, l’attesa di una persona da amare, l’attesa di un dolore da superare, l’attesa di un posto di lavoro, l’attesa della serenità, della pace, l’attesa di un mondo migliore che ci renda più umani…
L’immagine della vita terrena come una veglia notturna in attesa del giorno era già stata accennata dal profeta Isaia, che parla del soldato trepidante nei rischi dell’oscurità, e anelando alla luce chiede: “Shomèr ma mi llailah, Sentinella, quanto resta della notte”
Siamo chiamati a rimanere in attesa vigile, come sentinelle che assistono al momento in cui le oscurità lasciano spazio alla flebile luce dell’aurora, che illuminerà quei piccoli germogli di speranza che facciamo fatica a intravedere nel tempo presente, ma che sicuramente ci sono. A partire dalle tante persone che nei diversi ambiti e situazioni personali e comunitarie, di volontariato e di responsabilità professionali e istituzionali, si dedicano e si impegnano ogni giorno con onestà, rettitudine e coerenza, anche al di là del compito strettamente inteso con umanità e credibilità ammirevoli, resistendo ad attacchi disumani, a nuove leggi raziali travestite da decreti, ad attacchi alla Chiesa e al Papa…
Sentinelle che sanno osare, gridare dai tetti la verità senza paura, aspettando il “padrone” che come un ladro verrà quando meno se lo aspettano. È l’amore verso il Signore che sostiene l’attesa. È l’amore alimentato con il dialogo che è preghiera che ci fa crescere nella fede vera nei confronti di un Signore che non è padrone ma servo. È commovente vedere il Signore che si cinge i fianchi con l’asciugatoio per servirci nonostante le nostre infedeltà capovolgendo l’idea di un dio tiranno che se non osservi certi precetti ti spedisce all’inferno.
“La fortuna dei servi della parabola, la loro beatitudine – ribadita due volte – non deriva dall’aver resistito tutta la notte, non è frutto della loro fedeltà o bravura. La fortuna nostra, di noi servi inaffidabili, consiste nel fatto di avere un padrone così, pieno di fiducia verso di noi, che non nutre sospetti, cuore luminoso, che ci affida la casa, le chiavi, le persone.”
Indirizziamo dunque il nostro cuore all’accoglienza del Signore che viene in ogni momento con il volto di un bambino, dell’anziano, dell’amico o del nemico, dell’immigrato o del connazionale… che viene con il volto di ogni uomo, perché, dov’è il nostro tesoro, là sarà anche il nostro cuore e il nostro cuore deve essere in Dio.