Con una dettagliata nota, che roportimao integralmente, William Daniele Antonio Di Noto, Componente Commissione provinciale di garanzia del PD di Caltanissetta, rassegna le suo dimissioni.
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Facendo seguito alla recente comunicazione del 26 Aprile 2013 dell’Unione Comunale del Partito Democratico di Caltanissetta, che si sintetizza nel suo titolo “Faide laceranti di gruppi oligarchici, indebolita la nostra credibilità” e che si condivide totalmente
C O M U N I C O
le mie dimissioni irrevocabili da componente della Commissione provinciale di garanzia del Partito Democratico di Caltanissetta.
Avevo accettato l’incarico in occasione dell’ultimo Congresso provinciale del PD, seppur fra mille riserve e molteplici delusioni, nella speranza di poter fornire il mio modesto contributo “a garanzia” della vita democratica del Partito nel mio territorio, qualora fosse stato richiesto.
Purtroppo, il Partito Democratico continua a dare cattiva prova di se e delle proprie strategie politiche, ai diversi livelli della vita democratica del Paese, per cui desidero non ritenermi corresponsabile di scelte che mortificano sistematicamente la volontà degli elettori e degli iscritti e, dunque, della base democratica di un partito che, invece, sarei chiamato a “garantire”.
Ci si riferisce, in particolare, al triste spettacolo fornito in occasione della mancata elezione di Franco Marini e di Romano Prodi alla carica di Presidente della Repubblica, che ha fatto emergere tutte le contraddizioni, ormai croniche, di un partito incapace di autoregolarsi e di mostrare unità d’intenti.
Non mi soffermo sulle responsabilità dei singoli esponenti politici del PD, che sono evidenti e sotto gli occhi di tutta la Nazione, ma desidero fornire “dal basso” (ovvero da semplice iscritto), alcune indicazioni di merito e di metodo per il futuro, nell’amara convinzione che – molto probabilmente – rimarranno ancora una volta inascoltate.
Bisogna ripartire da zero: innanzitutto, dalla riforma della Legge elettorale che deve prevedere maggioranze certe alla Camera ed al Senato e l’indicazione dei voto di preferenza dei candidati, unico modo certo per ricostruire il rapporto di fiducia fra eletti ed elettori, al momento totalmente perduto.
È necessario non lasciarsi “tentare” dalla possibilità di salvare il Porcellum, utile solo alle oligarchie dei partiti, modificando esclusivamente la rappresentanza maggioritaria al Senato, perché ciò decreterebbe la fine certa delle aggregazioni politiche tradizionali, primo fra tutti il Partito Democratico.
Bisogna “ringiovanire” la classe dirigente del Partito (e non “rottamare” la vecchia), avendo cura di non valorizzare giovani dirigenti al servizio dei vecchi potentati, i quali rimarrebbero al loro posto con il ruolo di “pupari” (alias burattinai) con l’indebito vantaggio di deresponsabilizzarsi rispetto alle scelte dei propri “pupi” (alias sudditi, delfini), nel tentativo di dimostrare che quando c’erano loro tutto funzionava meglio, quando invece la storia ha dimostrato l’esatto contrario.
Bisogna individuare una modalità unica per la scelta delle proprie rappresentanze istituzionali: le “geometrie variabili” rispetto all’utilizzo delle primarie, le autocandidature forzose di autorevoli esponenti (sempre precedute da minacce di approdo ad altri lidi) e le continue deroghe allo Statuto, hanno fornito una pessima immagine del Partito Democratico, soprattutto in ordine alla sua coerenza ed alla sua credibilità.
Per questi motivi, è necessario “rinnovare” i documenti fondanti (Statuto e Patto etico) e la classe dirigente del partito: solo dimostrandosi coerenti (sempre) nelle scelte di vita democratica del nostro consesso politico, si potrà resistere all’ondata populista del Movimento 5 Stelle ed alla straordinaria capacità comunicativa del Berlusconismo, che non si è riusciti a contenere e che – anzi – si è contribuito a consolidare e rafforzare. A loro va il merito, comunque, di aver ricostruito il rapporto con i cittadini (virtuale o “di piazza”, non importa) e di essersi mostrati coerenti con le proprie decisioni e con la propria storia politica.
Nessuna “deroga” alle regole dello Statuto e del Patto etico del partito va concessa, senza sconti per nessun nome eccellente: è apparso grottesco, agli occhi dei cittadini e degli iscritti (o quantomeno contraddittorio), fissare regole e successive eccezioni rispetto alla reiterata candidatura dei soliti noti. I documenti fondanti del Partito Democratico li abbiamo scritti insieme, che senso ha non rispettarli? Piuttosto bisogna provare a riscrivere le regole, sforzandosi di rendere la “costituzione” del partito conforme a quella delle altre moderne aggregazioni politiche riformiste europee.
E ancora, la politica deve tornare a riappropriarsi del proprio ruolo e deve essere in grado di sostituirsi alla deriva esclusivamente comunicativa e propagandista alla quale abbiamo assistito nell’ultimo ventennio; non è più sostenibile che il governo delle scelte politiche sia affidato a tecnici, segretari o segretarie, personaggi del mondo dello spettacolo, dello sport e della cosiddetta società civile (o ancora ex consulenti, amici e parenti), senza nessuna competenza o merito politico, ai quali attribuire successivamente i fallimenti dell’azione politica ed amministrativa.
Bisogna saper “ascoltare” davvero le istanze e le esigenze della cittadinanza, delle comunità e dei territori, delle categorie professionali e delle imprese, delle rappresentanze dei lavoratori: quello che è successo nel settore della formazione professionale in Sicilia, in cui circa 8.000 operatori aspettano ancora risposte certe circa il loro destino lavorativo dopo la recente approvazione del bilancio dell’A.R.S., rappresenta certamente uno dei tanti esempi in cui la politica tutta, di qualunque area post-ideologica (di maggioranza o di opposizione) si mostra distante dalle aspettative dei cittadini.
Se tutto o una parte di ciò non si verificherà – e non si verificherà presto – il Partito Democratico scomparirà, con buona pace degli antagonisti politici (mai “avversari”, secondo la cultura politica che mi è stata trasmessa dalle radici democratiche e cristiane) che hanno saputo cogliere tutte le nostre contraddizioni e le nostre criticità per appropriarsi di un immeritato vantaggio.
In bocca al lupo a tutti, soprattutto al nuovo Presidente del Consiglio Enrico Letta al quale va riconosciuto il merito, in condizioni difficilissime, di aver saputo trovare la giusta sintesi di competenze e di equilibri politici che, ci si augura, possa essere replicata in tutti i territori nei quali il Partito Democratico ha assunto responsabilità di governo